Erio Iurdana, presidente Confappi Torino.
Nel novero degli effetti negativi dovuti alla diffusione della pandemia da Covid-19, figura anche il sensibile aumento delle persone che, a causa della crisi economica, non riescono a pagare il canone mensile d’affitto. Il problema coinvolge un numero considerevole di italiani, anche perché prima del Coronavirus il mercato delle locazioni era in costante crescita. I lockdown e le restrizioni imposte per limitare i contagi dal governo Conte prima e dall’esecutivo guidato da Mario Draghi adesso, hanno intaccato le tasche di milioni di persone e i contributi stanziati hanno solo mitigato la crisi.
Il problema è di difficile soluzione: da un lato ci sono i proprietari degli immobili che, in forza di un contratto regolarmente firmato dalle parti, pretendono il pagamento del canone, dall’altro i conduttori che non hanno liquidità sufficienti per onorare l’impegno.
Per tamponare la situazione, l’ultima legge di Bilancio ha previsto che per tutto il 2021 è riconosciuto al locatore di un immobile adibito a uso abitativo, che scelga di ridurre l’importo del canone, un contributo a fondo perduto fino al 50% della riduzione dello stesso canone, entro il limite massimo di 1.200 euro all’anno. Per accedere all’agevolazione è necessario che l’immobile sia ubicato in un Comune ad alta tensione abitativa (le città che vi rientrano sono elencate nella delibera 87 del Cipe del 13 novembre 2003) e venga utilizzato dal conduttore come abitazione principale.
Inoltre, è necessario che il proprietario dell’immobile comunichi in via telematica all’Agenzia delle Entrate la rinegoziazione del canone (in modalità online, utilizzando il modello RLI), compresa ogni altra informazione utile ai fini dell’erogazione del contributo.
Se lo sconto sul canone di locazione è una misura che, seppure in modo differente, soddisfa entrambi le parti, il blocco degli sfratti, di recente confermato fino al 30 giugno 2021, fa storcere il naso alle associazioni che rappresentano i proprietari. Il provvedimento, che era già stato introdotto nel 2020 dal decreto Cura Italia, sospende l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, derivanti dal mancato pagamento del canone alle scadenze e quelli conseguenti all’adozione di decreto di trasferimento reso in sede di espropriazione immobiliare e abitati dal debitore e dai suoi familiari. Fra le altre cose, il blocco degli sfratti agisce in modo automatico, con il conduttore moroso che non è obbligato a presentare una documentazione che attesti l’impossibilità a pagare il canone.
Oltre allo sconto sul canone di locazione e al blocco degli sfratti, esistono poi una serie di misure approntate dalle singole amministrazioni comunali, che hanno messo a disposizione dei fondi pubblici destinati al proprietario dell’alloggio che ha a che fare con l’inquilino moroso.
Nel 2020, ad esempio, il Comune di Roma ha messo a disposizione un contributo straordinario per il pagamento in misura non superiore al 40% di tre mensilità dei canoni di locazione di alloggi, sia di proprietà pubblica che di proprietà privata.
A Milano il “superaffitto” prevede invece un contributo a fondo perduto fino a 2 mila euro per la stipula di contratti a canone concordato alle coppie di inquilini entro i 35 anni di età.
Il Comune di Torino offre alle famiglie con Isee non superiore a 26 mila euro di rinegoziare il contratto e abbassare l’importo del canone, mentre al proprietario è concesso un contributo a fondo perduto sulla morosità pregressa, fino a un importo massimo di 12 mila euro.
In definitiva, il conduttore non può in nessun caso ridurre in modo autonomo il canone d’affitto e resta valido l’impegno ratificato nel contratto di locazione. La via preferibile, ma non sempre realizzabile, è che le parti si accordino per una riduzione del canone, che tornerà “a prezzo intero” una volta terminata l’emergenza epidemiologica.
A rendere il quadro più complesso è la situazione che stanno vivendo molti studenti universitari. A seguito della chiusura degli atenei, con le lezioni che si svolgono al 100% in Dad (didattica a distanza), molti degli studenti fuori sede, che affittano una stanza nelle città sedi di università, sono rientrati a casa dalle loro famiglie. E il contratto d’affitto? Il canone mensile andrebbe comunque pagato, ma anche in questo caso la pandemia da Covid-19 ha sottoposto i contratti di locazione per studenti universitari al rischio di risoluzione-recesso dell’inquilino. Sia l’emergenza sanitaria che l’interruzione delle lezioni in presenza possono, infatti, configurare una modifica delle condizioni stipulate nell’accordo, che influiscono sull’equilibrio del rapporto, come previsto dagli articoli 1464 e 1467 del Codice civile, producendo quindi la risoluzione del rapporto o la rinegoziazione del canone, con riduzione a equità. Nello specifico, l’articolo 1464 del Codice dispone che «quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale». L’articolo 1467 prevede, invece, che «nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto». È, inoltre, specificato che «la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto» e che «la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto».
Consapevole del problema, nell’ultima legge di bilancio il governo ha previsto, per l’intero 2021, un fondo a sostegno degli studenti fuori sede iscritti in università pubbliche e residenti in un Comune diverso da quello in cui si trova l’ateneo, appartenenti a nuclei familiari con Isee non superiori a 20 mila euro e che non usufruiscono di altri contributi pubblici per l’alloggio. Per loro è previsto un bonus affitto al quale è possibile accedere attraverso i bandi messi a disposizione dagli enti regionali per il diritto allo studio.
Ad ogni modo, l’articolo 5 della legge 9 dicembre 1998, n.431 “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo” dispone che i Comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d’intesa con Comuni limitrofi, possono promuovere specifici accordi locali per la definizione di contratti-tipo relativi alla locazione di immobili a uso abitativo per studenti universitari. A ciò si aggiunga quanto previsto dall’articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 2017 “Criteri generali per la realizzazione degli accordi da definire in sede locale per la stipula dei contratti di locazione per studenti universitari”, secondo cui l’accordo locale potrà individuare misure di aumento o diminuzione dei valori dei canoni in relazione alla durata contrattuale. Per quanto concerne il recesso anticipato, si applicano le regole del contratto a uso transitorio, con l’inquilino che può recedere alla prima scadenza in caso di “gravi motivi”, avendo cura di avvisare il proprietario dell’immobile, tramite posta raccomandata, con un preavviso di almeno 3 mesi.
Infine è utile ricordare che nell’aprile 2020 Cgil, Udu (Unione degli Universitari) e Sunia hanno redatto una guida dedicata agli studenti universitari fuori sede, che fornisce chiarimenti pratici, dal punto di vista giuridico-legale, agli studenti in difficoltà.