[A cura di: Fna] Il conduttore che firma un contratto di locazione per un immobile pur sapendo che lo stesso presenta dei vizi, non può rivalersi sul locatore. È quanto deciso dal Tribunale di Roma, con la sentenza 27 settembre 2018, n. 18397.
Il giudice capitolino ha osservato che vale il disposto dell’articolo 1578 del Codice civile per il quale «se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo». L’articolo aggiunge però «salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere, senza colpa, ignorato i vizi stessi al momento della consegna».
In particolare, la conoscibilità dei vizi si presume ove l’inquilino abbia avuto la disponibilità dei locali prima della stipula del contratto e li abbia fatti ispezione dai propri tecnici di fiducia al fine di valutare le opere necessarie per la ristrutturazione.
Il tribunale ha applicato il principio di autoresponsabilità rigettando la domanda avanzata da una società commerciale che aveva stipulato un contratto d’affitto per un immobile su due livelli con l’intento di allestire un negozio di calzature. Negli anni successivi, in entrambi i locali, a causa di un alto tasso di umidità, si sono formate condense e soprattutto muffe, che hanno reso inagibile il locale seminterrato. Problemi dovuti alla mancanza di aperture idonee a consentire un sufficiente scambio d’aria con l’esterno. Nella fattispecie, una bocca di lupo posta al piano seminterrato, chiusa da una pavimentazione in vetrocemento. Il proprietario dell’immobile aveva quindi installato un impianto di ventilazione forzata, che a causa dell’usura e dell’età è andato definitivamente in blocco. Di conseguenza, il commerciante è stato costretto a cambiare categoria merceologica, vendendo al posto delle calzature borse e piccoli accessori, che potendo essere acquistati in piccole quantità risultavano meno esposti al rischio di deterioramento. Lo stesso negoziante ha lamentato un danno alla merce pari a 30 mila euro e ha chiesto un risarcimento al locatore in quanto – a suo modo di vedere – non avrebbe rispettato gli obblighi previsti dagli articoli 1575, comma 2, e 1576 del Codice civile, in particolare non avere eseguito le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile locato in stato da servire all’uso convenuto.
Il proprietario dell’immobile, a sua volta, ha chiesto il risarcimento dei danni causati dalla mancata realizzazione a regola d’arte dei lavori di ristrutturazione, dei quali la conduttrice si era fatta carico all’atto della stipula del contratto, e dal mancato ripristino nei tempi dovuti dei locali.
Come ha osservato il giudice «la prospettazione, che fa discendere l’inconveniente da una deficienza strutturale dell’immobile, induce a ritenere che si verte in tema di vizi della cosa locata che, a differenza dei guasti, non discendono da inadempimento alle obbligazioni insorte in capo al locatore con la stipula del contratto e, di conseguenza, non gli impongono l’esecuzione di una qualche prestazione, ma lo assoggettano a rimedi destinati, se possibile, a ripristinare l’equilibrio contrattuale o, altrimenti, a sciogliere il contratto (…). Va segnalato, al riguardo, che l’art 1576, cod civ, se impone al locatore di eseguire durante la locazione tutte le riparazioni necessarie, non gli fa però obbligo di compiere ogni possibile opera idonea ad eliminare vizi della cosa locata preesistenti o sopravvenuti».
Secondo il parere del Tribunale va escluso «che possa accedersi ad una condanna all’esecuzione di opere volte all’eliminazione dei vizi connessi alla conformazione dei luoghi, conformazione peraltro ben nota alla conduttrice che (…) ha avuto in consegna le chiavi dell’immobile in epoca precedente alla stipula del contratto, onde poter far ispezionare i locali a propri tecnici di fiducia al fine di far valutare le opere ritenute necessarie per la ristrutturazione».
E quindi «va fatta applicazione del principio di autoresponsabilità, implicito nell’art 1578, comma 1, ultimo inciso, cod. civ., secondo il quale se il conduttore ha accettato di prendere in locazione una cosa che sapeva essere affetta da vizi o non ha usato quel minimo di diligenza sufficiente a scoprirli deve patirne le conseguenze (cfr. Cass 3341/2001)».