[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano e avv. Amedeo Caracciolo – Commento a: Tribunale di Napoli, Sez. XII – sentenza n. 9464 del 24/10/2019 ] La sentenza in esame che ha ad oggetto la richiesta di un amministratore il quale, essendo cessato dal mandato, chiede la restituzione delle anticipazioni effettuate per conto del condominio ed il pagamento dei compensi ancora dovuti per alcuni anni addietro, è particolarmente utile per la precisione con cui affronta gli argomenti fornendo una disamina dei vari ostacoli che si frappongono alla legittimità delle richieste operate. Esse sono tante e tali che, non avendo la domanda fornito apposita giustificazione, è stata ritenuta non solo illegittima ma anche non provata. Questo per il fatto.
Veniamo adesso invece al diritto. In primo luogo vi è da dire che il condominio nel costituirsi aveva formulato eccezione sulla prescrizione della domanda relativa al compenso. Sul punto si è pronunciato il giudice adito ritenendola infondata. Infatti, a suo dire, “Riguardo al credito vantato dall’attore occorre far riferimento alla durata annuale dell’incarico secondo quanto previsto dall’art. 1129 c.c. II comma, che pone un limite inderogabile a prescindere dalla possibilità di rinnovo dell’incarico o dalla proroga dei poteri dell’amministratore fino alla nomina di altro soggetto in sua sostituzione. Sulla base di tali premesse è pienamente condivisibile l’assunto secondo cui la durata annuale dell’incarico spiega l’obbligo dell’amministratore di rendiconto alla fine di ciascun anno (art. 1130 u.c. c.c.) allorchè il rapporto cessa ex lege e soprattutto sull’obbligo di corrispondere la retribuzione, difettando il requisito necessario della periodicità per l’applicazione dell’art. 2948 n. 4 c.c.; a tale ultimo riguardo è infatti evidente che la cessazione legale dell’incarico di amministratore determina la necessità di corrispondere a quest’ultimo la retribuzione, cosicché il relativo obbligo deve essere adempiuto non già periodicamente ma al compimento della prestazione posta a carico dell’amministratore, ovvero al decorso annuale dell’incarico (Cass. n. 19348/2005). Ne consegue che la prescrizione da applicare al caso de quo è quella ordinaria decennale.”
Nulla chiaramente vi è da dire per le anticipazioni, che come tutti sanno non possono rientrare nel disposto di cui all’art. 2948 n. 4 c.c. proprio perché sono da considerarsi una tantum, come fatto occasionale.
Veniamo ora alla necessità di una delibera che riconosca esplicitamente la debenza della somma vantata quale anticipazione.
Parte attrice aveva, nel caso de quo, depositato la delibera di approvazione del rendiconto condizionata alla riduzione del debito, ma non anche il rendiconto stesso.
Il Giudice motiva il rigetto perché appunto non prodotto detto rendiconto, testualmente: “L’approvazione di un rendiconto di cassa che presenti un disavanzo tra entrate ed uscite, non implica per via deduttiva che possa ritenersi che la differenza sia stata versata dall’amministratore, utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l’importo corrispondente, atteso che la ricognizione del debito, sebbene possa essere manifestata anche in forma non espressa, richiede pur sempre un atto di volizione su di un oggetto specificatamente sottoposto all’esame dell’organo collettivo, chiamato a pronunciarsi su di esso (Cass.n. 8489 del 28.05.2012 e Cass. n. 10153 del 09.05.2011).”.
Quindi il Giudice adito ha concluso per il ritenere che in mancanza di una volizione espressa e specifica la delibera assembleare non poteva assurgere a valore di prova. Ad abundantiam, in motivazione si è anche fatto riferimento al verbale di passaggio di consegne tra amministratore uscente e subentrante, finendo con il ritenerlo privo di assoluta validità al fine di riconoscere la legittimità delle spese sostenute (per l’urgenza). Ed infatti solo un verbale di assemblea poteva riconoscerle come tali essendo l’amministratore subentrante privo di qualsiasi potere al riguardo.
Per tali motivi il Tribunale dichiarava che la sottoscrizione dell’amministratore in calce al passaggio di consegne ha un mero valore di ricevuta della documentazione, ma non certo di riconoscimento del debito ex art. 1988 c.c..
Se non bastasse, il giudice adito si è anche riferito al contenuto del rapporto di mandato con rappresentanza che si instaura tra l’amministratore e ciascuno dei condòmini, e quindi alla conseguente applicazione delle regole sul mandato (Cass. n. 10815 del 16 agosto 2000; Cass. n. 7891 del 9 giugno 2000; Cass. n. 1286 del 12 febbraio 1997). Al riguardo, il Tribunale, alla luce del principio di cui all’art. 1711 c.c. relativo all’obbligo della puntuale informazione del mandante su ogni attività del mandatario ha dedotto che: “Se dell’anticipazione di somme non viene reso puntualmente edotto il mandante (l’assemblea dei condoòmini) tali somme non sono ripetibili dal mandatario.”.
La decisione in rassegna si presta quindi a diventare un vademecum su cosa deve fare il buon amministratore se intende ottenere la restituzione di quanto anticipato in vece dei condòmini:
Su quanto riguarda il compenso, invece, essendo obbligo del mandante il corrisponderlo sarà sufficiente che lo stesso venga indicato con chiarezza e precisione nel rendiconto sempre nello stato passivo quale debito del condominio nei confronti dell’amministratore. Ed a sommesso avviso dello scrivente, esso costituisce un credito dell’amministratore anche nel caso (ad esempio di cessazione durante e non alla fine della gestione annuale) per cui si potrà procedere a quanto spettante anche in mancanza di approvazione espressa del rendiconto essendo sufficiente l’approvazione del bilancio preventivo.