[A cura di: avv. Lorenzo Cottignoli, presidente LAIC – legaamministratori.it] Con Ordinanza n. 6760 del 8.3.2019, la seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, all’esito di una vertenza apertasi tra l’amministratore uscente di un condominio napoletano ed il condominio medesimo, svolge alcune rilevanti valutazioni riguardanti l’obbligo dell’amministratore, in relazione al delicato momento del “passaggio di consegne”.
Come ben sappiamo, il tema del turn over nel property management è attuale e quotidiano: per ragioni, non solo di ordine giuridico, la cui analisi tuttavia ci devierebbe dal tema di questo approfondimento, la nomina di un nuovo amministratore – oltre che codicisticamente prevista – è all’ordine del giorno nell’esperienza professionale di chi gestisce immobili in condominio.
In tale frangente, il codice civile, all’art. 1129 co. 8, prevede che “alla cessazione dell’incarico, l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso, afferente al condominio e ai singoli condòmini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.”.
La collocazione di tale obbligo nella disposizione che elenca i compiti dell’amministratore, lo rende pacifico ed ordinario, al punto che il testo normativo si premura di specificare che tale attività non comporta il maturare di ulteriori compensi (seppure, il medesimo testo, all’art. 1135, nell’elencare le attribuzioni dell’assemblea, e tra esse la nomina dell’amministratore, ancora definisca al punto 1 la sua “retribuzione” come “eventuale”, ma anche questo tema ci porterebbe lontano dal focus della presente riflessione).
Nella prospettiva di una ricostruzione sistematica della norma, la Suprema Corte chiarisce, già con pronuncia del 16.8.2000, n. 10815, come – ritenendo l’amministratore di condominio un “ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza” – in applicazione delle norme sul mandato, e specialmente dell’art. 1713 c.c., alla scadenza del mandato, oltre a rendere il conto della sua gestione, lo stesso è tenuto a restituire al mandante, e dunque al condominio e ai singoli condòmini, “ciò che ha ricevuto nell’esercizio del mandato per conto del condominio”.
Contrasterebbe, dunque, con il disposto normativo da applicarsi nel caso in questione, l’esercizio di un diritto di ritenzione, ovvero del diritto di ritenere e non consegnare i beni altrui, il quale è previsto quale principio eccezionale, a favore del creditore insoddisfatto, da norme codicistiche speciali e – come tali – non suscettibile di applicazione analogica ad altro istituto, a favore del creditore di spese di conservazioni e miglioramento di beni mobili (art. 2756 c.c.), o del possessore di buona fede (art. 1152 c.c.) e per alcune altre ipotesi specifiche.
Il rifiuto di consegnare al condominio, e per esso al nuovo legale rappresentante, la documentazione che ad esso afferisce, peraltro, può configurare il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p., in alcuni casi anche in forma aggravata e dunque con procedibilità d’ufficio.
Trattandosi di un reato contro il patrimonio, la sua condanna in via definitiva impedirebbe il verificarsi di uno dei requisiti per l’esercizio della professione, previsti ex art. 71 bis lett. b) disp. att. c.c..
Peraltro, è pacifico in dottrina ed in giurisprudenza, il diritto di azionare in via cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per la riconsegna della documentazione ingiustamente trattenuta dall’amministratore revocato. In ragione della indiscussa applicabilità del rimedio residuale d’urgenza, non altrettanto facilmente percorribile, e verosimilmente meno diffusa nella pratica, appare a chi scrive l’ipotesi suggerita da pur autorevole dottrina in merito al sequestro giudiziario della documentazione, ex art. 670 co. 1 n. 2 c.p.c. (cfr. Terzago G., il Condomino, Milano, p. 424).
D’altronde, laddove vi fosse una lite da dirimere in relazione ad un residuo credito tra condominio ed amministratore uscente, insegna il Supremo Collegio come, nel caso auspicato di pacifica restituzione, “la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata”, spettando sempre all’assemblea di approvare il consuntivo ed il preventivo di gestione (Cass. Civ. n. 8498 del 28.5.2012).
Nel caso rappresentato con l’ordinanza qui in commento, l’amministratore uscente aveva contenuto in una mera “messa a disposizione” presso il suo studio l’attività di riconsegna della documentazione, con una condotta presumibilmente ostruzionistica, al punto da obbligare il condominio ad adire il Tribunale per far ordinare da questo il deposito della stessa presso il nuovo amministratore. La “messa a disposizione” viene infatti giudicata dal Giudice delle Leggi come differente e non equivalente alla “materiale consegna”, la quale risulta più coerente con l’obbligo di rendiconto ex art. 1130 bis co. 1 c.c. che non con l’obbligo di restituzione al mandante.
Tale obbligo, secondo l’insegnamento del Giudice della nomofilachia, “anche prima della riforma, sebbene non previsto espressamente dalla legge, veniva desunto dalla giurisprudenza dai principi generali, costituendo uno dei momenti più delicati quello del passaggio di consegne fra vecchio e nuovo amministratore, dato che all’interesse di chi subentra nell’incarico di prendere il prima possibile possesso di tutta la documentazione inerente al condominio acquisito, può corrispondere il disinteresse dell’amministratore uscente a occuparsi di un condominio con il quale si è interrotto definitivamente il rapporto professionale.”. Aggiunge, non senza indurre ad ulteriori riflessioni, la Suprema Corte, che “d’altro canto, il ritardo nel passaggio di consegne può essere fonte per il condominio di rilevanti danni.”.
L’amministratore che vede cessare il proprio incarico, pertanto, dovrà dirsi tenuto, con tempi e modalità tali da non cagionare danni al condominio, alla piena ed integrale restituzione della documentazione afferente sia al condominio sia ai singoli condòmini, riservando ad una diversa sede, anche giudiziale, la tutela del proprio buon diritto quale un’eventuale pretesa creditoria nei confronti del suo precedente mandante.