[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.studioandreamarostica.it]
L’art. 1123 c.c. detta i criteri legali generali per la ripartizione delle spese condominiali: legali perché dettati dalla legge (derogabili soltanto con una “diversa convenzione”, ovvero all’unanimità dei partecipanti al condominio), generali perché valevoli per qualsiasi tipologia di spesa.
Si afferma al comma 1 che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. Al comma 2 che se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Al comma 3 che qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità.
Il comma 1 si basa sul valore della quota (“valore della proprietà di ciascuno”), il comma 2 sull’uso potenziale (“uso che ciascuno può farne”), il comma 3 sull’utilità (“a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”).
L’art. 1124 c.c. (in tema di scale ed ascensori) e l’art. 1126 c.c. (in tema di lastrici solari di uso esclusivo) contengono criteri legali particolari di ripartizione, ovvero criteri speciali rispetto a quelli legali generali di cui all’art. 1123 c.c., in quanto disciplinano la ripartizione di determinate tipologie di spese. Discorso a parte deve essere fatto per l’art. 1125 c.c., in tema di soffitti, volte e solai, in quanto il criterio lì esposto, più che essere speciale rispetto ai criteri generali dell’art. 1123 c.c., appare disciplinare spese che riguardano proprietà esclusive (rectius, in comunione tra alcuni proprietari esclusivi soltanto).
In base all’art. 1124 c.c., rubricato “Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori”, le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.
L’articolo in commento è stato lievemente modificato dalla legge di riforma del condominio: la rubrica precedente recitava “Manutenzione e ricostruzione delle scale”; nel comma 1 è stato aggiunto il riferimento all’ascensore, è stata espunta la fattispecie della ricostruzione ed introdotta quella della sostituzione. Certamente esigenze compilative e logiche, conseguenti all’aggiunta nell’articolo del riferimento agli ascensori, imponevano una modifica del testo, poiché la fattispecie della ricostruzione non può riferirsi all’ascensore; pertanto dalla rubrica è stata correttamente eliminata la parola “ricostruzione”, ma è stata aggiunta la parola “sostituzione”, la quale, se ben può riferirsi dal punto di vista del senso logico all’ascensore, stride quando la si connetta alle scale.
Riepilogando, il criterio di ripartizione è il seguente:
Già prima del 2013 si affermava che la regola posta dall’art. 1124 c.c. relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale (per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzione di piano, per l’altra metà in misura proporzionale alla altezza di ciascun piano dal suolo) fosse applicabile per analogia, ricorrendo l’identica ratio, alle spese relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore già esistente.
Nell’ipotesi, invece, d’installazione ex novo dell’impianto dell’ascensore trova applicazione la disciplina dell’art. 1123 c.c. relativa alla ripartizione delle spese per le innovazioni deliberate dalla maggioranza (proporzionalità al valore della proprietà di ciascun condomino, cfr. Cass. civ., 25 marzo 2004, n. 5975).
Gli interventi di adeguamento dell’ascensore alla normativa, essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana ed incolumità delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti ed i terzi, attengono al profilo della proprietà del bene e riguardano l’ascensore nella sua unità strutturale; le relative spese, quindi, devono essere sopportate da tutti i condòmini, in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà (Trib. civ. Taranto, 23 maggio 1996).
L’installazione di un ascensore in un edificio in condominio (o parte autonoma di esso), che ne sia sprovvisto, può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condòmini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell’impianto ed in quelle di manutenzione dell’opera.
Sono innovazioni vietate, che, quindi, debbono essere approvate dalla unanimità dei condòmini, soltanto quelle che, pur essendo volute dalla maggioranza nell’interesse del condominio, compromettono la facoltà di godimento di uno o di alcuni condòmini in confronto degli altri, mentre non lo sono quelle che compromettono qualche facoltà di godimento per tutti i condòmini. A meno che il danno che subiscono alcuni condòmini non sia compensato dal vantaggio. Pertanto, qualora, al posto della tromba delle scale e dell’andito corrispondente a pianterreno, si immetta un impianto di ascensore, a cura e spese di alcuni condòmini soltanto, il venir meno dell’utilizzazione di dette parti comuni dell’edificio nell’identico modo originario non contrasta con la norma del comma 2 dell’art. 1120 c.c. perché, se pur resta eliminata la possibilità di un certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso, ma di contenuto migliore, onde la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di entrare a far parte della comunione del nuovo impianto (Cass. civ., 9 luglio 1975, n. 2696).
È frequente il caso di unità immobiliari, solitamente situate al piano terreno, che hanno accesso diretto dalla strada, senza la necessità (talvolta senza nemmeno la possibilità) di utilizzare le scale o l’ascensore. Per queste unità si pone la questione se i relativi proprietari debbano o meno partecipare alle spese relative alle scale ed all’ascensore. Occorre precisare che le scale e l’ascensore non svolgono soltanto la funzione di consentire l’accesso alla propria unità immobiliare. Certamente questa è l’utilità diretta fornita, ma esistono anche utilità indirette. Grazie alle scale ed all’ascensore, infatti, è possibile per i condòmini raggiungere altre parti comuni, quali ad esempio il sottotetto, il lastrico solare; inoltre, scale ed ascensore vengono utilizzati per gli interventi manutentivi delle cose e degli impianti presenti nell’edificio. Ne discende che anche i locali con accesso autonomo direttamente dalla strada sono tenuti alla partecipazione alle spese relative a scale ed ascensore; soltanto nell’ipotesi nella quale queste proprietà esclusive non intrattengano relazioni con alcuna parte comune dell’edificio potrebbero essere escluse dall’obbligo contributivo.