[A cura di: avv. Emanuele Bruno] Argomento sempre attuale è quello che ricerca la sanzione che il codice assegna ai vizi delle delibere assembleari: nullità o annullabilità? La nullità è rilevabile senza limiti temporali mentre l’annullabilità può essere rilevata nel termine di giorni 30 decorrenti dalla conoscenza del verbale.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 4806/2005 SS.UU., di seguito riportata in estratto davvero sintetico, resta, a distanza di anni, lettura istruttiva. I giudici di legittimità hanno affrontato e risolto molteplici situazioni concrete; tuttavia, per una volta, rivolgeremo l’attenzione ai principi posti a fondamento della distinzione tra vizi che originano la nullità e vizi che, invece, originano l’annullabilità delle delibere.
1. L’orientamento prevalente ritiene nulle:
2. Sono da ritenersi annullabili:
L’art. 1137 c.c., al comma 2, espressamente stabilisce che, contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria: al comma 3 aggiunge che il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data di deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Il breve termine di decadenza e la individuazione delle persone legittimate (ben poche) alla impugnazione dimostrano essere contemplata una ipotesi di annullabilità, posto che sia in tema di negozio (artt. 1441 e 1442 c.c.), sia in tema di delibere societarie (art. 2377, comma 2, c.c.), il termine per la impugnazione e le persone legittimate a proporre azione contrassegnano le ipotesi di annullabilità.
Al contrario, per le ipotesi di nullità, tanto in tema di negozio (art. 1421 e 1422 c.c.) quanto in tema di delibere societarie (art. 2379 c.c.) l’azione di nullità non è soggetta a termine e, allo stesso tempo, è legittimato ad esercitarla chiunque vi ha interesse, inoltre la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Dottrina e giurisprudenza ravvisano l’essenza della nullità nella mancanza o nella grave anomalia di qualche elemento intrinseco dell’atto, tale da non consentire la rispondenza alla figura tipica individuata dall’ordinamento.
La nullità è considerata lo strumento con cui la legge nega fondamento a quelle manifestazioni di volontà attraverso le quali si realizza un contrasto con lo schema legale e con gli interessi generali dell’ordinamento. Di conseguenza, attraverso la sanzione della nullità, l’ordinamento, esprimendo un giudizio di meritevolezza, nega la propria tutela a programmazioni che non rispondono a valori fondamentali.
La nullità in materia di condominio è una creazione della dottrina e della giurisprudenza per impedire l’efficacia definitiva delle delibere mancanti degli elementi costitutivi (o lesive dei diritti individuali).
In conclusione, stando ai principi appena richiamati è nulla la delibera che non risponde ai valori fondamentali o che realizza un contrasto con gli interessi generali dell’ordinamento. Orbene se il principio costitutivo del condominio è la partecipazione pro quota ovvero il diritto di partecipare all’assemblea ed esprimere il proprio pensiero all’interno di essa, perché è considerata annullabile l’omessa convocazione di uno o più condòmini? Perché è annullabile la delibera assunta non rispettando le maggioranze previste dall’ordinamento?
Perché, afferma Cass. n. 4806/2005 SS.UU. trattasi di vizi formali, violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea che possono trovare giustizia attraverso il ricorso del soggetto interessato all’A.G.
L’orientamento è maggioritario e di concreta applicazione. Inoltre, tra le righe, pare di leggere una applicazione pratica al principio del silenzio assenso.