[A cura di: avv. Michele Orefice – Foro di Catanzaro] L’art 63 Disp. Att. Cod. Civ. prevede che in condominio i creditori insoddisfatti chiedano all’amministratore i dati dei condòmini morosi, per agire nei loro confronti, non essendo consentito agli stessi creditori di procedere nei confronti degli altri condòmini in regola con i pagamenti, se non dopo aver escusso gli insolventi. Ciò sta a significare che, relativamente al credito vantato nei confronti del condominio, i terzi creditori hanno il diritto di assumere informazioni sulla morosità dei condòmini, per il tramite dell’amministratore.
Pertanto, a prescindere dal consenso dei morosi, l’amministratore è tenuto a collaborare con i creditori del condominio, nel rispetto del dettato normativo, che lo svincola dal rapporto di mandato con i condòmini. Tant’è che l’amministratore rischia di incorrere in responsabilità personale, per inosservanza delle regole di buona fede e correttezza nei confronti del creditore, avendo l’obbligo di non ostacolare l’attività di recupero del credito posta in essere dal terzo. Tale vincolo collaborativo, in pratica, obbliga l’amministratore a comunicare al creditore insoddisfatto, che ne faccia richiesta, l’elenco dei condòmini morosi, con tanto di generalità complete e pro quota dovuti in relazione al credito vantato dal terzo.
L’attività dell’amministratore, però, seppure svolta con onestà e diligenza, non è detto che sia, da sola, sufficiente a favorire il recupero del credito da parte del terzo creditore.
Infatti, dopo la consegna dell’elenco morosi, per i terzi creditori si pongono ulteriori e più onerosi problemi da affrontare, per recuperare il credito vantato. Il terzo creditore sarà costretto dapprima a verificare lo stato di solvibilità del condomino moroso e poi dovrà valutare i costi da anticipare, per intraprendere l’azione legale.
Peraltro non è semplice definire a priori il costo complessivo della procedura di recupero del credito e poi la norma non specifica neanche le modalità a cui deve attenersi il creditore procedente. Difatti, la norma stabilisce soltanto che il creditore è tenuto ad agire preliminarmente nei confronti dei debitori principali, prima di pretendere il pagamento del residuo dagli altri condòmini. Tale beneficio di preventiva escussione genera confusione e perplessità nei creditori, che sono chiamati a valutare l’opportunità di proseguire con l’azione legale, e scoraggia i terzi dall’accettare, a cuor leggero, di effettuare prestazioni in condominio, a causa della nota insolvenza dei condòmini.
Per ovvie ragioni alcuni fornitori hanno deciso di tutelarsi indagando preventivamente sullo stato di solvibilità dei propri clienti, realizzando attività ispettive di dubbia legittimità, che propongono alcuni importanti interrogativi:
Il fornitore di servizi può indagare tramite l’amministratore di condominio, una banca o una finanziaria, rifiutandosi di stipulare un contratto con chi dovesse rivelarsi moroso?
L’interrogativo scaturisce dalla tendenza dei fornitori di servizi di indagare per sapere se i potenziali clienti siano o meno morosi seriali e per conoscere le loro attuali condizioni finanziarie. Tale prassi interessa anche il condominio, per il fatto che la gestione di determinati beni ed impianti comuni implica obbligatoriamente la stipula di contratti con fornitori, che assumono informazioni sulla solvibilità dei clienti. Si pensi, per esempio, ai fornitori di energia elettrica e gas che, prima di erogare il servizio, indagano sulle condizioni economiche dei possibili utenti, per evitare di imbattersi in clienti potenzialmente insolventi. Alcuni gestori del mercato libero, infatti, per ridurre il rischio creditizio sull’attività di vendita, si rifiutano di allacciare forniture di luce e gas a chi non beneficia di una condizione finanziaria affidabile, sul presupposto che i morosi nel pagamento di altri debiti non possano fruire dei loro servizi energetici. Ebbene, se è vero che negli ultimi anni sono aumentati a dismisura i morosi, anche a causa della crisi economica, è altrettanto vero che la morosità nei pagamenti può essere causata da difficoltà economiche temporanee o da ritardi occasionali, che non possono far presumere un’insolvenza cronica dell’utente e comunque non giustificano un’attività sistematica di indagine sulle condizioni finanziarie dei potenziali clienti. Va detto, comunque, che le società di servizi di energia elettrica e gas, così come le compagnie telefoniche, in generale sono autorizzate ad utilizzare determinati strumenti informatici, per assumere informazioni creditizie sugli utenti. In proposito occorre evidenziare che già nel 2007, per arginare il fenomeno del turismo energetico (non pago le bollette e cambio fornitore), l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la deliberazione n. 156 stabiliva che i “cattivi pagatori” dovessero corrispondere gli arretrati al momento del rientro dal mercato libero nel servizio di maggior tutela.
Ora, sebbene sia riconosciuto al gestore, anche di maggior tutela, il diritto di rifiutare l’attivazione di un’utenza ad un cliente con debiti pendenti nei suoi confronti, lascia piuttosto perplessi il fatto che lo stesso gestore possa essere legittimato a rifiutare una fornitura a seguito di verifica dell’affidabilità creditizia dell’utente. La perplessità sulla legittimità del comportamento del gestore nasce dal fatto che non si tratta di un utente moroso nel pagamento di quella fornitura, ma bensì di un utente impossibilitato di accedere al credito. Trattasi, dunque, di una motivazione del tutto estranea rispetto alla fornitura del servizio richiesto. Il rischio è che i gestori del mercato di luce e gas si possano mettere d’accordo, per far sottoscrivere ai clienti, e quindi anche agli amministratori di condominio, dei contratti che prescrivano l’accesso alle banche dati, ai fini della valutazione del rischio, facendosi autorizzare, per iscritto, a rifiutare la fornitura a coloro che dovessero risultare potenzialmente insolventi.
Sotto tale profilo occorre evidenziare che l’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio, non ha la facoltà di autorizzare il gestore a rintracciare informazioni sullo stato di solvenza dei condòmini, in quanto tale attività esula dal suo mandato e non potrebbe in alcun modo essere coniugata all’obbligo informativo di cui all’art. 63 Disp. Att. Cod. Civ..
In ogni caso i gestori di servizi continuano ad assumere informazioni finanziarie sui clienti, anche attraverso gli istituti di credito e le società finanziarie, avvalendosi prevalentemente del processo di “credit check”, cioè di un’analisi di più fattori effettuata con un software dedicato, che elabora i punteggi, cosiddetti “credit score”, in base alle condizioni finanziarie dei clienti. Una prima valutazione, per esempio, potrebbe riguardare la presenza o meno di uno stipendio, cioè il reddito del cliente, e la stabilità delle entrate.
Una banca o una società finanziaria come e presso chi possono indagare per verificare lo stato di morosità dei richiedenti un prestito o un finanziamento?
Gli istituti di credito e le finanziarie ragionano sempre nello stesso modo e cioè vogliono avere garanzie sulla restituzione del prestito o del finanziamento che concedono; però, mentre la loro decisione in passato era fondata sulla presenza o meno di garanzie reali, tipo pegno e ipoteca, o garanzie personali, come l’avallo dei terzi, oggi si basa, invece, sulle informazioni creditizie relative al cliente, che vengono assunte tramite software dedicati.
Trattasi di informazioni rintracciate prevalentemente da Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) collegati alla Centrale Rischi Finanziari (CRIF). In parole povere si tratta di archivi telematici gestiti a livello centralizzato da un organismo, che raccoglie ed aggiorna le informazioni sui finanziamenti richiesti ed erogati ai privati ed alle imprese e dalle quali dipende la “referenza creditizia”, che il cliente ha presso le banche e gli intermediari finanziari. Le informazioni riferite al livello di debito di un soggetto ed al suo comportamento di pagamento sono consultabili soltanto dalle società aderenti al SIC, che gestisce i dati, e solo per fini collegati alla tutela del credito ed alla limitazione dei rischi connessi. In pratica la consultazione può avvenire soltanto quando la banca o la società finanziaria debbano valutare una richiesta di finanziamento o durante il periodo di rimborso dello stesso finanziamento. L’attività di CRIF, infatti, è regolamentata da un codice di condotta che regolamenta mutui, prestiti, anche tra privati, leasing e noleggi a lungo termine. In ogni caso “la banca è tenuta ad osservare un grado di diligenza commisurato alla natura dell’attività esercitata e può incorrere in responsabilità extracontrattuale laddove il funzionario incaricato non abbia usato la dovuta diligenza” (Cass. n. 11123/2015).
Il proprietario di un immobile può effettuare verifiche preliminari sulla morosità di un soggetto prima di affittargli l’appartamento?
Per i proprietari di immobili non esiste la possibilità di accedere ad un sistema centralizzato, che raccolga informazioni sulle situazioni debitorie di una persona, anche se è possibile svolgere indagini a vari livelli, che consentono di rintracciare dati sulla situazione finanziaria di persone e imprese. In primo luogo si può consultare, anche on line, il registro dei protesti delle Camere di Commercio, con i nominativi dei soggetti protestati, che non hanno pagato una cambiale o un assegno.
Poi esiste la conservatoria dei registri immobiliari, presso la quale si può chiedere una ispezione ipotecaria, con l’indicazione della proprietà degli immobili di una persona e l’eventuale presenza di ipoteche su tali immobili. In più è possibile assumere, anche on line, informazioni sulle procedure in corso nei tribunali, che vanno dalle concorsuali, ai concordati, alle composizione di crisi, con dati di imprenditori, curatori, giudici, dettagli di procedura, estratti di sentenze e così via.
In ultima analisi è possibile rivolgersi a soggetti in possesso di regolare licenza investigativa, che possono aiutare i clienti a valutare la probabilità di successo di un azione legale e gli eventuali immobili da pignorare, con stima del patrimonio e dettaglio delle risorse fruibili dell’indagato.