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Condominio: i criteri contabili per la redazione del rendiconto

  • Quotidiano Del Condominio
  • 22 gennaio 2020

[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.avvocatoandreamarostica.it] Prima della riforma del condominio, il codice civile non recava che poche e generiche disposizioni in tema di rendiconto:

  • termine per la presentazione all’assemblea,
  • revoca dell’amministratore per mancata presentazione,
  • poteri di approvazione dell’assemblea.

La novella legislativa del 2012 ha finalmente introdotto, all’art. 1130 bis c.c., specifiche previsioni per quanto riguarda il contenuto e le modalità di redazione del documento cardine della gestione condominiale.

Viene affermato che il rendiconto contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Esso si compone di:

  • un registro di contabilità,
  • un riepilogo finanziario,
  • nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

Corte di Cassazione

Non sono molte le occasioni nelle quali la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata sui criteri contabili per la redazione del rendiconto. In una sentenza piuttosto recente (1) è stato precisato, seppur in forma di obiter dictum, che il consuntivo della gestione condominiale soggiace al criterio di cassa. Ciò dopo avere ricordato che la validità dell’approvazione, da parte dell’assemblea dei condòmini, del rendiconto di un determinato esercizio non postula che la contabilità sia stata redatta dall’amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, purché essa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini le voci di entrata e di spesa, anche con riferimento alla specificità delle partite, atteso che quest’ultimo requisito costituisce il presupposto indispensabile affinché il destinatario del conto assolva l’onere di indicare specificamente le partite che intende contestare.

Il Tribunale di Roma

Nella giurisprudenza di merito post riforma si è distinta una pronuncia del Tribunale di Roma (2), che, svolgendo una dettagliata disamina dei principi contabili applicabili in materia, propende per il criterio di cassa.

Viene infatti chiarito che il bilancio o, meglio, il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio di competenza, bensì a quello di cassa: l’inserimento della spesa va annotato in base alla data dell’effettivo pagamento, così come l’inserimento dell’entrata va annotato in base alla data dell’effettiva corresponsione. Il criterio di cassa consente di fare un raffronto tra le spese sostenute ed i movimenti del conto corrente bancario intestato al condominio: a ciascuna voce di spesa deve corrispondere un prelievo diretto a mezzo assegno o bonifico dal conto corrente condominiale.

Il giudice romano ritiene che la mancata applicazione del criterio di cassa sia idonea ad inficiare il rendiconto sotto il profilo della chiarezza. In particolare, non rendendo intelligibili e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino, non risulta evidenziata la reale situazione contabile. Pertanto laddove l’assemblea abbia approvato un consuntivo (che deve essere, come detto, un bilancio di “cassa”) che non sia improntato a tali criteri e vìoli, quindi, i diritti dei condòmini, lo stesso ben potrà essere dichiarato illegittimo. Il criterio di cassa, in base al quale vengono indicate le spese e le entrate effettive per il periodo di competenza, consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune.

Laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa sia di quello di competenza (cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese ed alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro), i condòmini possono facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste o non trovino riscontro documentale.

Inoltre, con il bilancio, devono sempre essere indicati (con possibilità di facile riscontro documentale) la situazione patrimoniale del condominio e gli eventuali residui attivi e passivi, l’esistenza e l’ammontare di fondi di riserva obbligatori (es.: l’accantonamento per il trattamento di fine rapporto del portiere) o deliberati dall’assemblea per particolari motivi (es.: fondo cassa straordinario).

Il Tribunale di Udine

Più recentemente un’altra sentenza (3), pronunciata dal Tribunale di Udine, è pervenuta a conclusioni opposte. Partendo infatti dalla sentenza romana, “da molti ritenuta una sorta di vademecum per la redazione del rendiconto condominiale”, il giudice udinese conclude il suo iter logico-motivazionale sposando un criterio misto, sia di cassa sia di competenza.

Viene anzitutto precisato che la norma non parla di bilancio, ma di rendiconto. Sebbene sia prassi per gli addetti ai lavori utilizzare nella materia condominiale espressioni quali bilancio preventivo e bilancio consuntivo, in realtà sussistono differenze tra il rendiconto dell’amministratore di condominio ed il bilancio delle società, con assai limitati punti di analogia.

Inoltre, non sarebbe corretto parlare di rendiconto condominiale, ma di fascicolo di rendicontazione, in quanto il rendiconto è costituito da più documenti, con la conseguenza che non è corretto affermare che il rendiconto condominiale debba essere soggetto al principio di cassa, in quanto deve essere improntato ad un criterio misto, sia di cassa sia di competenza. Infatti:

  • il registro di contabilità deve essere improntato al criterio di cassa in quanto vi sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita, rappresentando, quindi, il dettaglio analitico di quanto riportato in sintesi nel conto flussi;
  • la situazione patrimoniale dev’essere, invece, redatta secondo il criterio di competenza, in quanto tra le attività dovranno essere indicati, ad esempio, i crediti verso i condòmini, i crediti verso i fornitori (da annotare secondo la competenza), le disponibilità liquide, mentre tra le passività dovranno essere indicati debiti verso i condomini, i debiti verso i terzi, i fondi accantonati, le riserve; la situazione patrimoniale, insomma, è tale solo se redatta secondo il criterio di competenza, se, invece, fosse redatta secondo il criterio di cassa, non sarebbe altro che una duplicazione del conto entrate/uscite.

In sostanza, con la riforma del 2012, il rendiconto condominiale è oggi costituito da un fascicolo i cui documenti sono tenuti e curati secondo criteri diversi, con la conseguenza che il registro di contabilità deve compilarsi secondo il criterio di cassa, mentre lo stato patrimoniale, perché possa raccontare in maniera fedele la realtà delle variazioni finanziarie negative e/o positive di incidenza sui debiti e sui crediti, non può che essere redatto secondo il criterio di competenza; l’utilizzo di criteri diversi non comporta alcuna confusione, posto che si tratta di elaborati contabili diversi che non ingannano di certo i condòmini.

Note conclusive

La predilezione così marcata del Giudice romano per il criterio di cassa sembra non avere considerato alcuni elementi che militano in senso (almeno parzialmente) opposto:

  • la necessaria corrispondenza tra l’estratto del conto corrente condominiale ed il registro di contabilità già da sé garantisce la immediata verificabilità della situazione di cassa, a prescindere dal criterio utilizzato nella redazione del bilancio consuntivo;
  • la previsione di cui all’art. 1130 bis c.c. in base alla quale il rendiconto condominiale contiene, oltre al resto, “ogni dato relativo alla situazione patrimoniale”, è incompatibile con una rigida applicazione del criterio di cassa, poiché la situazione patrimoniale fa chiaramente riferimento alle situazioni di credito e di debito tipiche di una contabilità tenuta per competenza;
  • non è pertinente il riferimento alla comprensibilità del rendiconto da parte dei condòmini quale argomento a favore dell’applicazione del principio di cassa, in quanto – restando da dimostrare che il principio di cassa consenta di redigere un rendiconto più accessibile rispetto al principio di competenza – dalla chiara lettera dell’art. 1130 bis c.c. si evince che il principio di intelligibilità deve ormai essere affiancato da un principio di formalità attenuata (4).

La posizione del Giudice udinese pare maggiormente equilibrata, fondata sia sulla differenza tra i documenti che compongono il rendiconto sia sull’intima relazione che li lega:

  • il registro di contabilità dà conto delle movimentazioni in entrata ed in uscita e non può che essere tenuto in base al principio di cassa;
  • lo stato patrimoniale rappresenta un’istantanea delle attività e delle passività del condominio in un dato momento e deve essere tenuto in base al principio di competenza, altrimenti non sarebbe altro che una duplicazione del conto entrate/uscite;
  • dalla lettura combinata di questi e degli altri documenti che compongono il rendiconto emerge la situazione complessiva.

NOTE

(1) Cass. civ., 9 maggio 2011, n. 10153. (2) Trib. civ. Roma, 2 ottobre 2017. (3) Trib. civ. Udine, 19 agosto 2019, n. 1014. (4) Mi sia consentito, Marostica, La contabilità e il rendiconto condominiale, in Immobili & proprietà, 2017, 12, 698.

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