[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.avvocatoandreamarostica.it] Prima della riforma del condominio, il codice civile non recava che poche e generiche disposizioni in tema di rendiconto:
La novella legislativa del 2012 ha finalmente introdotto, all’art. 1130 bis c.c., specifiche previsioni per quanto riguarda il contenuto e le modalità di redazione del documento cardine della gestione condominiale.
Viene affermato che il rendiconto contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Esso si compone di:
Non sono molte le occasioni nelle quali la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata sui criteri contabili per la redazione del rendiconto. In una sentenza piuttosto recente (1) è stato precisato, seppur in forma di obiter dictum, che il consuntivo della gestione condominiale soggiace al criterio di cassa. Ciò dopo avere ricordato che la validità dell’approvazione, da parte dell’assemblea dei condòmini, del rendiconto di un determinato esercizio non postula che la contabilità sia stata redatta dall’amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, purché essa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini le voci di entrata e di spesa, anche con riferimento alla specificità delle partite, atteso che quest’ultimo requisito costituisce il presupposto indispensabile affinché il destinatario del conto assolva l’onere di indicare specificamente le partite che intende contestare.
Nella giurisprudenza di merito post riforma si è distinta una pronuncia del Tribunale di Roma (2), che, svolgendo una dettagliata disamina dei principi contabili applicabili in materia, propende per il criterio di cassa.
Viene infatti chiarito che il bilancio o, meglio, il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio di competenza, bensì a quello di cassa: l’inserimento della spesa va annotato in base alla data dell’effettivo pagamento, così come l’inserimento dell’entrata va annotato in base alla data dell’effettiva corresponsione. Il criterio di cassa consente di fare un raffronto tra le spese sostenute ed i movimenti del conto corrente bancario intestato al condominio: a ciascuna voce di spesa deve corrispondere un prelievo diretto a mezzo assegno o bonifico dal conto corrente condominiale.
Il giudice romano ritiene che la mancata applicazione del criterio di cassa sia idonea ad inficiare il rendiconto sotto il profilo della chiarezza. In particolare, non rendendo intelligibili e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino, non risulta evidenziata la reale situazione contabile. Pertanto laddove l’assemblea abbia approvato un consuntivo (che deve essere, come detto, un bilancio di “cassa”) che non sia improntato a tali criteri e vìoli, quindi, i diritti dei condòmini, lo stesso ben potrà essere dichiarato illegittimo. Il criterio di cassa, in base al quale vengono indicate le spese e le entrate effettive per il periodo di competenza, consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune.
Laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa sia di quello di competenza (cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese ed alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro), i condòmini possono facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste o non trovino riscontro documentale.
Inoltre, con il bilancio, devono sempre essere indicati (con possibilità di facile riscontro documentale) la situazione patrimoniale del condominio e gli eventuali residui attivi e passivi, l’esistenza e l’ammontare di fondi di riserva obbligatori (es.: l’accantonamento per il trattamento di fine rapporto del portiere) o deliberati dall’assemblea per particolari motivi (es.: fondo cassa straordinario).
Più recentemente un’altra sentenza (3), pronunciata dal Tribunale di Udine, è pervenuta a conclusioni opposte. Partendo infatti dalla sentenza romana, “da molti ritenuta una sorta di vademecum per la redazione del rendiconto condominiale”, il giudice udinese conclude il suo iter logico-motivazionale sposando un criterio misto, sia di cassa sia di competenza.
Viene anzitutto precisato che la norma non parla di bilancio, ma di rendiconto. Sebbene sia prassi per gli addetti ai lavori utilizzare nella materia condominiale espressioni quali bilancio preventivo e bilancio consuntivo, in realtà sussistono differenze tra il rendiconto dell’amministratore di condominio ed il bilancio delle società, con assai limitati punti di analogia.
Inoltre, non sarebbe corretto parlare di rendiconto condominiale, ma di fascicolo di rendicontazione, in quanto il rendiconto è costituito da più documenti, con la conseguenza che non è corretto affermare che il rendiconto condominiale debba essere soggetto al principio di cassa, in quanto deve essere improntato ad un criterio misto, sia di cassa sia di competenza. Infatti:
In sostanza, con la riforma del 2012, il rendiconto condominiale è oggi costituito da un fascicolo i cui documenti sono tenuti e curati secondo criteri diversi, con la conseguenza che il registro di contabilità deve compilarsi secondo il criterio di cassa, mentre lo stato patrimoniale, perché possa raccontare in maniera fedele la realtà delle variazioni finanziarie negative e/o positive di incidenza sui debiti e sui crediti, non può che essere redatto secondo il criterio di competenza; l’utilizzo di criteri diversi non comporta alcuna confusione, posto che si tratta di elaborati contabili diversi che non ingannano di certo i condòmini.
La predilezione così marcata del Giudice romano per il criterio di cassa sembra non avere considerato alcuni elementi che militano in senso (almeno parzialmente) opposto:
La posizione del Giudice udinese pare maggiormente equilibrata, fondata sia sulla differenza tra i documenti che compongono il rendiconto sia sull’intima relazione che li lega:
NOTE
(1) Cass. civ., 9 maggio 2011, n. 10153. (2) Trib. civ. Roma, 2 ottobre 2017. (3) Trib. civ. Udine, 19 agosto 2019, n. 1014. (4) Mi sia consentito, Marostica, La contabilità e il rendiconto condominiale, in Immobili & proprietà, 2017, 12, 698.