[A cura di: avv. Emanuele Bruno – www.studiobruno.info] L’art. 71 quater disp. att. c.c. e l’art. 5 D.lgs. 28/2010, definiscono obbligatoria l’attivazione della mediazione prima dell’avvio delle liti giudiziarie in tema di condominio.
La norma citata indica la mediazione come requisito di procedibilità della domanda, l’eventuale mancanza potrà essere eccepita d’ufficio o ad istanza di parte convenuta entro la prima udienza, momento in cui verrà assegnato un termine per l’avvio della mediazione. Sul punto si segnala il principio per effetto del quale, nei giudizi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce una condizione di procedibilità, il rilievo della mancata instaurazione di tale procedimento determina un mero rinvio dell’udienza, per cui restano validi gli atti compiuti e ferme le preclusioni maturate nel procedimento fino a quel momento (Cass. n. 9557/2017).
L’art. 5, comma 4 lett. a), D.lgs. 28/2010, spiega che, nei procedimenti per ingiunzione, la mediazione obbligatoria non si applica fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.
La norma chiarisce che nella fase monitoria, ovvero, nella fase in cui il condominio deposita ricorso affinché il Tribunale emetta ingiunzione di pagamento, non è obbligatorio avviare il tentativo di mediazione che, quindi, non è condizione di procedibilità. La mediazione costituisce condizione di procedibilità e non di proponibilità della domanda e in mancanza di essa, ex art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 28 del 2010, il giudice opera un semplice rinvio della successiva udienza. Di conseguenza, laddove la domanda giudiziale sia proposta in mancanza del previo esperimento del procedimento di mediazione ed il convenuto proponga la relativa eccezione, si determina un semplice differimento delle attività da svolgersi nel giudizio già pendente, ma non la nullità di quelle fino a quel momento svolte, e restano pertanto ferme le decadenze già verificatesi (Cass. n. 9557/2017).
Ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, il condomino che ritenga non corretta la richiesta di pagamento deve proporre opposizione. In questa fase, il disposto dell’art. 5, comma 4 lett. a), D.lgs. 28/2010, prevede l’attivazione del tentativo obbligatorio di conciliazione.
La ratio della previsione normativa, verosimilmente, può essere individuata nella volontà del legislatore di introdurre la mediazione obbligatoria ogni volta che si stia per attivare una contesa giudiziaria avente ad oggetto questioni condominiali, motivo per cui, nel caso in cui, mediante opposizione a decreto ingiuntivo, si avvii un giudizio volto ad accertare natura e consistenza dei debiti-crediti condominiali, occorrerà avviare la mediazione.
Il comma 4 lett. a) dell’art. 5 D.Lgs. 28/2010, indica quando avviare la mediazione: nel momento in cui il tribunale si pronuncia sulla istanza di sospensione o concessione della provvisoria esecuzione, ovvero alla prima udienza. La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e, dunque, dell’efficienza processuale. In questa prospettiva, la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per così dire – a rendere il processo la extrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse (Cass. n. 24629/2015).
In pratica, accade che il giudice, assegna alle parti un termine per esperire il tentativo obbligatorio di mediazione.
Il tentativo di mediazione, di solito, è proposto da chi intende avviare il giudizio. In caso di opposizione a decreto ingiuntivo chi attiva la mediazione? Il ricorrente o l’opponente?
L’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo. Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione. Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale la parte sulla quale grava l’onere. In realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta. Attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. È l’opponente al decreto ingiuntivo che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, ciò la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. È dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga (Cass. n. 24629/2015).
Per conseguenza diretta, ove nel termine assegnato l’opponente non avvia la mediazione, alla prima udienza successiva, il giudice non potrà che rilevare l’improcedibilità della domanda, quindi, confermerà il decreto ingiuntivo opposto (Trib. Milano, Sez. XIII – Sent. del 09.12.2015).
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il soggetto obbligato ad avviare il giudizio di mediazione è l’opponente e non il ricorrente opposto, motivo per cui, ove assegnato il termine per la mediazione non si esperisca il relativo tentativo, il decreto ingiuntivo opposto verrà confermato.