[A cura di: dott. Andrea Tolomelli – presidente Abiconf] La tematica della realizzazione di “terrazze in falda” o in “asola” o più precisamente derivanti dall’abbattimento e/o modifica di porzioni di coperto per la costruzione di una terrazza ad uso esclusivo di un condomino, eventualmente sfruttando anche parte del sottostante sottotetto, è genericamente regolata dall’articolo 1102 del codice civile che trova applicazione nell’istituto del condominio in virtù del richiamo di cui all’articolo 1139 c.c..
A norma dell’articolo 1102 c.c.: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.
Pertanto, è possibile modificare la cosa comune – nel caso di specie il coperto – purché non ne venga snaturata l’entità in danno degli altri partecipanti, impedendo loro un pari uso o cambiando la destinazione della medesima.
Secondo principi generali interpretativi del disposto dell’articolo 1102 c.c., l’uso di una porzione del bene comune non determina automaticamente un cambio della naturale funzione dello stesso ed il pari uso non significa un eguale uso, ma, viceversa, bisogna tenere conto delle effettive potenzialità di utilizzazione dello stesso da parte dei condòmini. L’Intervento sul bene comune va quindi analizzato nella sua estensione e qualità, valutando se la parte residuale del bene possa continuare ad assolvere la sua funzione originaria garantendo agli altri condòmini le possibilità connesse alla proprietà del bene.
Di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza n° 4256 del 21 febbraio 2018, ha affermato che: “Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali.
L’accertamento circa la non significatività del taglio del tetto praticato per innestarvi la terrazza di uso esclusivo e circa l’adeguatezza delle opere eseguite per salvaguardare le utilità di interesse comune dapprima svolte dal tetto è riservato al giudice di merito e, come tale, non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 1102 c.c., ma soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 51 c.c.”.
Sullo stesso filone interpretativo il Tribunale Catania sez. III, n. 4825 del 11 dicembre 2018, ha ritenuto che: “Posto che il tetto ha certamente la funzione di copertura dello stabile, non sempre può dirsi che una porzione di esso trasformata in terrazzo ad uso esclusivo del condomino (che così trae da esso un uso più intenso) costituisca sempre un’opera illegittima. Al contrario, bisognerà valutare in concreto e considerando il bene nel suo complesso, se la destinazione a copertura sia stata alterata. In sostanza, non può ritenersi che il limite all’uso della cosa comune posto dall’art. 1102 c.c. (divieto di alterarne la destinazione) debba essere inteso nel senso della immodificabilità della cosa nella sua consistenza materiale, con la conseguenza che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, ma sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali.”.
Contrariamente, l’altrettanto recente Tribunale di Padova nella sentenza n. 1430 del 3 luglio 2018 a mente della quale: “Se un condomino trasforma una parte del tetto a falde di copertura dell’edificio condominiale in superficie destinata a suo uso esclusivo, non eliminando l’assolvimento della funzione originariamente svolta dal tetto bensì imprimendo ai nuovi manufatti, per le loro caratteristiche strutturali, anche una destinazione a uso esclusivo, si configura una violazione del divieto di cui all’articolo 1102 del codice civile. In tal caso, infatti, si verifica un’alterazione della destinazione della cosa comune che impedisce agli altri proprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
Disposto che si pone sulla scia della Cassazione Civile n. 23243 del 15 novembre 2016 in virtù della quale: “Qualora il proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale provveda a modificare una parte del tetto trasformandola in terrazza (od occupandola con altra struttura equivalente od omologa, come – nel caso di specie – mediante la realizzazione di un’altana) a proprio uso esclusivo, tale modifica è da ritenere illecita, non potendo invocarsi, a sostegno della leggitimità dell’intervento, l’applicabilità dell’art. 1102 c.c., vertendosi in presenza non di una modifica finalizzata al migliore godimento della cosa comune, bensì dell’appropriazione di una parte di questa, che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri, senza che possa assumere rilievo il fatto che la parte di tetto sostituita od occupata permanentemente continui a svolgere la funzioni di copertura dell’immobile.”.
Interessante la posizione presa dalla corte di Cassazione nella sentenza n° 21049 del 11 settembre 2017 per la quale il consenso alla creazione di una terrazza a tasca a servizio di un appartamento di proprietà esclusiva, deve essere espresso con un atto scritto “ad substantiam” trattandosi di consenso alla realizzazione di un innovazione sulla cosa comune e non mera miglioria ex art. 1102 c.c..