[A cura di: avv. Emanuele Bruno] L’art. 1102 c.c. (uso della cosa comune) e gli artt. 1120 e ss. c.c. (innovazioni) sono connessi tra loro. In particolare, il primo fissa il principio regolatore del secondo. La connessione, tuttavia, non implica perfetta sovrapposizione.
Il principio affermato è quello della possibilità di ciascun condomino di espandere l’uso della cosa comune con il solo limite di rispettare l’altrui utilizzo. L’art. 1102 c.c. disciplina il maggior uso realizzabile direttamente dai condòmini, senza quel passaggio assembleare che è necessario per le innovazioni (artt. 1120 e ss. c.c.).
Il legame tra l’art. 1102 c.c. e gli artt. 1120 e ss. c.c., può essere individuato nel concetto di alterazione della destinazione d’uso (o innovazione); infatti, ogni volta che l’uso più inteso comporti modifica-alterazione del bene comune si ricadrà nelle ipotesi disciplinate dagli artt. 1120 e ss. c.c.
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può però estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
La norma appena richiamata, legittima l’espansione del diritto del singolo che deve tuttavia arrestarsi ove comporti una alterazione del bene comune (innovazione): modifica del bene, sottrazione del bene all’uso comune e interversione del possesso (art. 1164 c.c.).
Ora, l’uso più intenso della cosa comune è consentito senza che sia necessaria l’autorizzazione assembleare. La corretta comprensione del dettato normativo può essere acquisita ove si tenga conto ad esempio che l’installazione di una canna fumaria che non alteri il decoro architettonico dell’edificio e non danneggi l’altrui diritto può essere effettuata senza preventiva autorizzazione assembleare; la quale, invece, è necessaria in tutte le altre ipotesi.
L’apposizione della canna fumaria costituisce senz’altro un utilizzo più intenso del bene ai sensi dell’art. 1102 c.c. e presuppone, perché non si configuri come illegittimo, che non ne risultino impedito l’altrui paritario uso ne che sia modificata la destinazione, né che venga arrecato pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edifici (vedi Tribunale Nocera Inferiore, 03.07.2013). La giurisprudenza richiamata è utile a comprendere che l’alterazione materiale della cosa comune non implica automaticamente innovazione, purché non sottragga all’uso altrui il bene comune.
La disciplina del condominio è ispirata al principio di solidarietà, che costituisce il fondamento giuridico della possibilità del singolo di trarre dal bene comune una utilità più intensa, ma è anche principio ispiratore della vita condominiale. Dal punto di vista pratico, ove non sussista l’obbligo di autorizzazione assembleare è opportuno effettuare, in favore degli altri condòmini, anche tramite l’amministratore, una comunicazione informativa con il fine di chiarire l’intenzione con cui si espande l’uso della cosa comune ed escludere mutazioni del titolo del possesso.
È invece innovazione (o alterazione) della cosa comune una modificazione della forma o della sostanza del bene che abbia l’effetto di alterarne la consistenza materiale o la destinazione originaria del bene comune (Cass. Civ. n. 22203/2017).
In tutte le ipotesi ricadenti in questa fattispecie non è più possibile parlare di maggiore uso della parte comune, ricorrendo ipotesi di innovazione (che dovrà essere classificata come previsto dal codice). Le innovazioni sono tutte soggette ad autorizzazione assembleare, sebbene, a seconda del tipo di innovazione, siano richieste differenti maggioranze.
Un caso particolare è quello relativo all’abbattimento delle barriere architettoniche in condominio. Il riferimento alla modifica-alterazione è infatti attenuato ove si discuta appunto di eliminazione delle barriere architettoniche, argomento assai attuale se si pensa alle installazioni di nuovi impianti ascensore posti a servizio di edifici già esistenti.
L’installazione ex novo degli ascensori è caso assai specifico, perché è tendenzialmente assimilabile ad innovazione ma non sempre richiede il passaggio assembleare.
La norma di cui all’art. 1120 c.c., nel prescrivere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condòmini con determinate maggioranze, tende a disciplinare l’approvazione di quelle innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condòmini; ma, ove non debba procedersi a tale ripartizione per essere stata la spesa relativa alle innovazioni di cui si tratta assunta interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui all’art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, ed in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini di farne uguale uso secondo il loro diritto, e, pertanto, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune; cosicché, ricorrendo dette condizioni, il condomino ha facoltà di installare a proprie spese nella tromba delle scale dell’edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condçmini, e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condòmini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo (Cass. 23995/2017).
Tale attenuazione discende dal particolare favore riconosciuto agli interventi finalizzati a rimuovere le barriere architettoniche. A proposito di tale tema, la legge n. 13 del 1989 costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici, sicché la sopraelevazione del preesistente impianto di ascensore ed il conseguente ampliamento della scala padronale non possono essere esclusi per una disposizione del regolamento condominiale che subordini l’esecuzione dell’opera all’autorizzazione del condominio, dovendo tributarsi ad una norma siffatta valore recessivo rispetto al compimento di lavori indispensabili per un’effettiva abitabilità dell’immobile, rendendosi, a tal fine, necessario solo verificare il rispetto dei limiti previsti dall’art. 1102 c.c., da intendersi, peraltro, alla luce del principio di solidarietà condominiale (Cass. n. 7938/2017).