[A cura di: avv. Paolo Ribero] Il decoro architettonico, in assenza di una specifica definizione normativa, può essere individuato come l’insieme armonico delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali che connotano lo stabile determinandone la fisionomia e conferendo una specifica identità.
Il decoro architettonico è, quindi, l’estetica complessiva data dall’insieme delle linee e strutture ornamentali che conferisce una armoniosa fisionomia ed un’unica impronta all’aspetto dell’edificio (cfr. Cass., sez. II, 25 gennaio 2010, n. 1286).
«L’alterazione di tale decoro può ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l’originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull’insieme dell’aspetto dello stabile» (Cass., sez. II, sent. 3 settembre 1998, n. 8731).
Il decoro architettonico del fabbricato condominiale rappresenta un bene comune. La facciata e il relativo decoro architettonico di un edificio condominiale costituiscono un modo di essere dell’immobile. Pertanto, la modifica della facciata, comportando un’interferenza nel godimento medesimo, può essere realizzata soltanto salvaguardando i diritti di tutti i condòmini sulle parti comuni.
Il codice civile negli articoli 1120 (innovazioni) e 1127 (sopraelevazioni) stabilisce chiaramente il divieto di eseguire opere da cui possa derivare un’alterazione al decoro architettonico. Tale divieto ha la sua ratio non solo in relazione alla tutela estetica, ma anche sotto l’aspetto della valutazione economica dell’edificio (e quindi dei singoli appartamenti) e, pertanto, la modifica peggiorativa dell’estetica incide negativamente deprezzando le unità abitative presenti nello stabile condominiale.
Il decoro architettonico, però «può ritenersi pregiudicato non da qualsiasi innovazione, ma soltanto da quella idonea ad interromperne la linea armonica delle strutture che conferiscono al fabbricato una propria identità (Cass.. n. 14455 del 2009; Cass. n. 2755 l del 2005)» (Cass., sent. 22 novembre 2011, n. 24645).
È opportuno tuttavia sottolineare che il concetto di decoro architettonico – tranne palesi obbrobri – è soggettivo e la sua effettiva lesione è rimessa al giudizio insindacabile del Giudice.
In ogni caso per eseguire una valutazione sulla configurabilità di lesione del decoro si deve far riferimento non solo al singolo intervento, ma, soprattutto, alla situazione in cui si trovava l’edificio prima dell’intervento stesso: ossia se l’edificio non aveva alcun valore architettonico o era già stato oggetto di precedenti interventi che ne avevano già menomato l’aspetto estetico non può l’ultimo intervento del singolo condomino essere considerato lesivo del decoro architettonico (cfr. Cass. n. 3549/1989).
Ciò è stato affermato dalla Cassazione che con sentenza 7 settembre 2012 n. 14992 ha affermato: «Occorre premettere che in tema di condominio, non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un’opera modificativa compiuta da un condomino, quando sussista degrado di detto decoro a causa di preesistenti interventi modificativi di cui non sia stato preteso il ripristino… Nella specie, la sentenza con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha evidenziato come le originarie linee della facciata erano state stravolte dai diversi interventi che nel corso degli anni erano stati effettuati dai singoli condomini con la realizzazione di verande, apposizioni di tubazioni con colori differenti».
Da ciò si evince che l’intervento di un condomino non può essere censurato se nell’edificio vi erano già state pregresse alterazioni: «La lesività estetica dell’opera abusiva – costituente l’unico profilo di illegittimità dell’opera stessa addotto dall’attrice – non poteva assumere rilevanza in presenza di una già evidente grave compromissione di detto decoro a causa di precedenti interventi». (Cass., sez. II, sent. 17 ottobre 2007 n. 21835; Cass. civ., n. 10324/2008 e Cass. n. 26796/2007).
Ne consegue che l’indagine non deve limitarsi al singolo intervento ma occorre esaminare preliminarmente la situazione antecedente all’opera eseguita.
In applicazione di detto principio è stata rigettata la domanda volta a far rimuovere un condizionatore dalla facciata condominiale quando nello stesso stabile o negli edifici vicini risultavano posizionati da tempo altri manufatti per il raffreddamento. In riferimento ai condizionatori si richiama quanto enunciato dal giudice di pace di Grosseto, ossia: «le nuove invenzioni, quali la televisione ed il telefono, ormai di uso comune, hanno modificato il comune senso dell’estetica e del decoro: le antenne televisive installate sui tetti, le parabole satellitari, sporgenti dal muri, gli stessi impianti di climatizzazione, sempre più numerosi, non vengono più percepiti come causa di deturpazione dell’estetica delle abitazioni e, più in generale, dell’ambiente» (Giudice di Pace di Grosseto 19 agosto 2011 n. 1038).
Sull’argomento è interessante segnalare il principio enunciato dalla Suprema Corte con sentenza 30 gennaio 2012 n. 1326 secondo cui la lesione del decoro architettonico può ravvisarsi solo con opere edili visibili incidenti sulla sagoma o sulla facciata dell’edificio e non all’apposizione di tende sui balconi che – secondo questa pronuncia – non pregiudicano il decoro.
Resta inteso però che il regolamento condominiale può sempre stabilire divieti alla realizzazione di opere anche non permanenti sulla facciata (sentenza Cass. Civ. 6 ottobre 1999, n. 11121, Cass. Civ, 29 aprile 2005, n. 8883 e Cass. Civ. n. 8731/1998) e che l’installazione delle tende non deve violare norme dei regolamenti edilizi eventualmente previste a livello comunale oltre a richiedere l’autorizzazione del comproprietario nell’ipotesi di apposizione di ganci sulla soletta in comproprietà con l’unità sovrastante.
Deve poi essere ricordato che il rispetto del decoro architettonico rappresenta un parametro inviolabile anche nel caso di opere sulla proprietà del singolo condomino o su parti di uso esclusivo. L’art. 1122 c.c., riformato dalla legge 220 del 2012 ha chiaramente stabilito che il condomino anche sulla sua proprietà «non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio». Viene altresì previsto l’obbligo per il singolo condomino di comunicare, preventivamente, tali opere edili all’amministratore, che, a sua volta, è poi tenuto ad informarne l’assemblea. Il rispetto del decoro architettonico è anche ribadito nel successivo art. 1122 bis c.c. relativo all’installazione degli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva.
In conclusione, si rileva che il decoro architettonico rappresenta un principio che, anche quando non viene espressamente richiamato nelle norme codicistiche, aleggia su ogni opera che il condomino vuole eseguire costituendo una estrinsecazione del diritto estetico proprio di ogni edificio.