Riportiamo, di seguito, la relazione in materia di contabilità condominiale effettuata dall’avvocato Andrea Marostica, di Biella, nell’ambito del confronto tra legali e magistrati che sabato 18 novembre ha chiuso il programma dei convegni di CondominioItalia Expo.
[A cura di avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com] La disciplina codicistica precedente alla riforma del condominio non prevedeva che poche disposizioni in tema di contabilità e rendiconto. Il contesto normativo entro il quale l’amministratore conduceva la gestione contabile e ne rendeva il conto rimaneva piuttosto lasso, privo di regole uniformanti, ispirato anzi ad una libertà delle forme, purché fosse garantito il principio di intelligibilità delle risultanze contabili costantemente richiesto dalla giurisprudenza. La novella del 2012 ha imposto un netto cambio di passo all’amministratore, il quale deve ora condurre una gestione contabile più vincolata e redigere un rendiconto ispirato non più soltanto al principio di intelligibilità, ma anche – si ritiene – ad un principio di formalità attenuata.
La riforma impone all’amministratore di “far transitare le somme ricevute a qualsiasi titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.
L’utilizzo del conto corrente deve avvenire in modo esclusivo: devono transitarvi tutte le somme in entrata ed in uscita. È evidente qui la finalità di garantire la tracciabilità dei flussi di cassa. Significa, ad esempio, che è fatto divieto all’amministratore di riscuotere una somma da un condomino a titolo di pagamento delle quote condominiali ed utilizzare immediatamente quel denaro per pagare un fornitore titolare di un credito nei confronti del condominio.
Il conto corrente condominiale deve essere specifico: l’amministratore ha l’obbligo di attivare ed utilizzare un conto corrente per ciascuno dei condomini amministrati. Emerge qui la finalità di evitare indebite commistioni tra le provviste proprie di ciascun ente di gestione. Del resto, figura espressamente tra le gravi irregolarità dell’amministratore “la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini(i)”. Non si può fare a meno di rilevare l’infelice tecnica redazionale adottata per questa disposizione (la ripetizione “possono” e “possibilità”): escludendo l’ipotesi che il riformatore abbia voluto considerare grave irregolarità la possibilità di una possibilità, si tratta o di modalità che possono generare confusione o di modalità che generano possibilità di confusione.
Il diritto di accesso da parte dei condòmini alle risultanze del conto corrente condominiale è garantito. È infatti previsto che il singolo proprietario, per il tramite dell’amministratore, possa prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica. La mancata apertura od il mancato utilizzo del conto corrente specifico intestato al condominio costituisce una grave irregolarità dell’amministratore; ciascun condomino è legittimato a rivolgersi all’autorità giudiziaria chiedendo la revoca del mandatario. L’ipotesi di grave irregolarità in esame presenta una peculiarità: infatti, prima di potersi rivolgere al giudice, è necessario aver esperito senza successo un tentativo di revoca assembleare.
La riforma prevede, tra le attribuzioni dell’amministratore, la tenuta dei quattro registri condominiali: il registro di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore, il registro di contabilità.
Quest’ultimo consiste in un libro cassa, nel quale il mandatario deve annotare in ordine cronologico tutti i movimenti in entrata ed in uscita; la registrazione deve essere effettuata entro trenta giorni da quello dell’effettuazione del movimento; è possibile la tenuta con modalità informatizzate.
Il diritto di accesso da parte dei condòmini al registro di contabilità è garantito. È infatti previsto che l’amministratore, contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, debba comunicare il locale ove si trovano i registri nonché i giorni e le ore in cui è possibile prenderne visione ed estrarne copia. Inoltre, anticipando quanto verrà detto in seguito, si tratta di uno dei documenti che compongono il rendiconto condominiale, pertanto deve essere trasmesso ai condòmini. La mancata tenuta del registro di contabilità costituisce una grave irregolarità dell’amministratore; ciascun condomino è legittimato a rivolgersi all’autorità giudiziaria chiedendo la revoca del mandatario.
Si è detto che sul conto corrente condominiale devono transitare tutte le somme in entrata ed in uscita. Si è altresì detto che nel registro di contabilità devono essere registrati tutti i movimenti in entrata ed in uscita. Ne deriva logicamente che tra estratto conto bancario e registro di contabilità debba sussistere un rapporto di perfetta coerenza.
La verifica della sussistenza o meno di tale armonia contabile rientra nelle possibilità del singolo proprietario, poiché egli, come detto, ha diritto di accedere ai due documenti. Emerge qui con chiarezza l’intento del legislatore della riforma: garantire la piena e completa verificabilità dell’operato contabile dell’amministratore da parte dei condòmini.
Pur se non direttamente inerente alla contabilità condominiale, occorre soffermarsi brevemente sulla disposizione dettata dal riformatore in tema di compenso dell’amministratore.
Viene previsto che il mandatario, al momento della nomina, debba specificare analiticamente l’importo del proprio compenso; se manca di fare ciò, la sua nomina è nulla. Il termine analiticamente rimanda, dal punto di vista etimologico, all’idea di sciogliere, di scomporre nelle parti costituenti: l’amministratore non può più indicare un importo complessivo che ricomprenda tutte le prestazioni che costituiscono l’oggetto del suo mandato, ma deve indicare per ciascuna di esse l’importo parziale o comunque il quantum di incidenza sull’importo complessivo, il quale deve, appunto, essere scomposto nelle varie voci che lo compongono.
Come detto, non si tratta di una previsione di natura strettamente contabile; ma fa comprendere come l’obiettivo che il riformatore aveva di mira fosse una maggiore trasparenza nel rapporto tra amministratore e condòmini.
Prima della novella legislativa del 2012, il codice civile recava poche disposizioni in tema di rendiconto. Era previsto che:
La riforma non ha inciso in modo significativo su queste disposizioni.
Quanto all’obbligo dell’amministratore di presentazione annuale del rendiconto, esso è stato confermato, con l’aggiunta della precisazione che l’assemblea per la relativa approvazione debba essere convocata entro centottanta giorni (non viene specificato il momento dal quale decorre tale termine: si ritiene si tratti del giorno di chiusura della gestione annuale).
La possibilità di revocare giudizialmente l’amministratore in caso di mancata presentazione del rendiconto resta ferma, trattandosi di grave irregolarità che, come già visto, legittima ciascun condomino a rivolgersi all’autorità giudiziaria; è stato però espunto il riferimento ai due anni di mancata presentazione, dunque oggi ne è sufficiente uno soltanto per legittimare l’azione.
Restano inalterate le attribuzioni dell’assemblea in tema di approvazione del rendiconto e del preventivo.
L’aspetto fortemente innovativo non riguarda dunque le disposizioni preesistenti, che sono state confermate, ma l’introduzione ex novo dell’art. 1130 bis, rubricato “Rendiconto condominiale”. Tale articolo si occupa del contenuto del rendiconto e dei poteri di controllo da parte dei condòmini.
Iniziando l’esame della disposizione dalla parte in cui essa si occupa del contenuto del rendiconto, giova anzitutto riportarne il testo: “Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”.
Se ne ricava che il rendiconto è composto dai seguenti documenti: bilancio consuntivo e relativa ripartizione; registro di contabilità; riepilogo finanziario; stato patrimoniale; nota sintetica esplicativa.
Proseguendo l’esame dell’art. 1130 bis nella parte in cui si occupa dei poteri di controllo da parte dei condòmini, è utile riportarne il testo: “L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà. I condòmini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione. L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo”.
La disposizione citata prevede dunque tre strumenti di controllo a disposizione dei condomini: la nomina di un revisore contabile, il diritto di prendere visione ed estrarre copia dei giustificativi di spesa, la nomina di un consiglio di condominio.
La giurisprudenza di legittimità integrava questo scarno dettato con un principio costantemente affermato (per tutte, si veda Cass. civ., Sez. II, 7 luglio 2000, n. 9099): “La contabilità presentata dall’amministratore del condominio non è necessario che sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell’entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione”.
Venivano dunque affermati i principi della non equiparabilità del rendiconto condominiale al bilancio societario e della intelligibilità dei dati presentati.
Si scorrano gli aspetti contabili di cui si è detto:
Si tratta di risposte ad una chiara domanda di trasparenza nel rapporto tra amministratore e condomini, basata sulla verificabilità dell’operato contabile del primo da parte dei secondi.
Per quanto riguarda in particolare il rendiconto condominiale, è certamente condivisibile quanto affermato dalla giurisprudenza, e cioè che il principio cardine nella redazione del rendiconto sia l’intelligibilità dei dati presentati: questi devono risultare comprensibili al condomino medio, ovvero al soggetto non esperto di contabilità ma animato dal desiderio di comprendere. Si ritiene, però, che in seguito alla riforma il principio di intelligibilità sia sì necessario, ma non più sufficiente.
È vero che la forma dei documenti che compongono il rendiconto condominiale non è rigidamente predeterminata, come invece avviene per il bilancio societario. Nondimeno, è la natura stessa dei nuovi documenti che di fatto richiede una certa forma e non un’altra: non vi sono molti modi di compilare un riepilogo finanziario o uno stato patrimoniale, né di nominare le singole voci di cui questi documenti si compongono. Inoltre, con la richiesta di includere nel rendiconto “ogni dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve”, si impone di valorizzare in modo più complesso ed interconnesso i dati grezzi delle entrate e delle uscite, dei crediti e dei debiti. Pertanto, a parere di chi scrive, il principio di intelligibilità deve ormai essere affiancato da un principio di formalità attenuata.