[A cura di: d.ssa Silvia Zanetta] Che cos’è il contratto di cessione di cubatura? Per rispondere a questo quesito, ci appigliamo a una nota sentenza della Cassazione in materia. Gli Ermellini lo definiscono come “un accordo tra proprietari di aree contigue, aventi la stessa destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area cede una quota di cubatura edificabile sul suo fondo per permettere all’altro di disporre della minima estensione di terreno richiesta per l’edificazione, ovvero di realizzare una volumetria maggiore di quella consentita dalla superficie del fondo di sua proprietà” (cfr. Cass., sez. III, sent. n. 21177 del 20 maggio 2009).
In altri termini, il contratto di cessione di cubatura è un negozio tra due o più proprietari di aree limitrofe, attraverso il quale uno cede agli altri, in tutto o in parte, un volume del proprio spazio edificabile.
Semplificando ulteriormente, la cessione di cubatura è un accordo con cui il proprietario del fondo A cede i diritti edificatori del suo fondo in favore del proprietario del fondo B; in questo modo, il proprietario del fondo B può ottenere dal Comune il rilascio di un permesso di costruire con una quota di volumetria maggiore rispetto a quella che avrebbe potuto richiede in origine.
Per le ragioni di cui sopra, l’incremento della volumetria edificabile è suscettibile di valutazione economica, anzi nella prassi ha acquisito autonomia nella negoziazione rispetto alla proprietà del fondo.
Presupposti per il contratto sono:
Circa il primo requisito occorre precisare che negozio simile alla cessione di cubatura è il c.d. “accorpamento di cubature”: un unico proprietario attraverso un atto di asservimento concentra i diritti edificatori in un’unica area, facendoli venire meno nelle altre aree.
Col requisito della conformità urbanistica si intende che il negozio deve avere ad oggetto aree che presentano la stessa vocazione indicata nel piano regolatore. Ad esempio, i terreni devono essere entrambi classificati come area a sviluppo industriale, o a sviluppo residenziale. La cessione di cubatura, infatti, non può alterare gli indici di densità edilizia indicati nel piano regolatore. In assenza dei requisiti sopra indicati, attraverso l’utilizzazione della cessione di cubature, astrattamente legittimo, sarebbe possibile realizzare scopi contrastanti con le esigenze di corretta pianificazione del territorio.
A titolo esemplificativo la Cassazione afferma che “si potrebbe verificare laddove si ritenesse legittima la cessione di cubature fra terreni fra loro distanti, potendosi in tal modo realizzare per un verso una situazione di affollamento edilizio in determinate zone (quelle ove sono ubicati i fondi cessionari) e di carenza in altre (ove sono situate i terreni cedenti), con evidente pregiudizio per l’attuazione dei complessivi criteri di programmazione edilizia contenuti negli strumenti urbanistici; pregiudizio ancora più manifesto ove fosse consentita la cessione di cubatura fra terreni aventi diversa destinazione urbanistica ovvero diverso indice di edificabilità; è, infatti, evidente che ove fosse consentito l’asservimento di un terreno avente un indice di fabbricabilità più vantaggioso di quello proprio del terreno asservente, ovvero avente una diversa destinazione, le esigenze di pianificazione urbanistica che avevano presieduto alla scelta amministrativa di differenziare gli indici di edificabilità dei due fondi, ovvero la loro stessa destinazione, rimarrebbero inevitabilmente insoddisfatte” (cfr. Cassazione sentenza n. 26714/2015).
Il contratto produce effetti definitivi e irrevocabili che integrano una qualità oggettiva dei terreni.
Controversa è la natura giuridica di questi accordi. Si noti che dalla natura dell’oggetto del contratto di cessione discendono importanti conseguenze sulla disciplina civilistica e sulle imposte indirette applicabili.
Secondo un primo orientamento si tratta di un negozio frutto dell’autonomia negoziale assimilabile al negozio di costituzione delle servitù negative: cedendo la cubatura, si crea un vincolo di inedificabilità sul terreno. Questa tesi non convince perché le servitù richiedono contiguità tra i fondi, mentre nel contratto di cessione è sufficiente che le aree siano limitrofe.
Altri invece sostengono che si tratti di un diritto di superficie atipico. Questa tesi è da rigettare perché sarebbe contrario al principio della tipicità dei diritti reali e al numero chiuso degli stessi.
Se la cubatura viene intesa come un diritto reale, la sua cessione è trascrivibile e opponibile ai terzi. Questa conclusione è stata sposata dalla Cassazione nel 2007, la quale ha affermato che si tratterebbe di un nuovo diritto reale immobiliare (Cfr. Cass., sent. n. 10979/2007), consistente nella facoltà di edificare per una determinata cubatura, facoltà autonoma rispetto al diritto di proprietà.
Secondo un altro orientamento il contratto di cessione è un negozio ad effetti obbligatori il cui effetto si creerebbe solo grazie al provvedimento della Pubblica Amministrazione.
Il contratto di cessione di cubatura può essere trascritto? Sul punto in dottrina e giurisprudenza si è acceso un vivace dibattito in parte sopito grazie all’intervento del legislatore. Attraverso il decreto legge n. 70/2011 convertito con legge n. 106/2011 è stato introdotto il n. 2 bis all’art. 2643 c.c..
Vengono così aggiunti tra gli atti soggetti a trascrizione “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”.
Alfa e Beta sono proprietari di due terreni, anche non confinanti. Sul terreno di Alfa sono edificabili 600 metri cubi, mentre sul terreno di Beta 200 metri cubi.
Alfa può cedere o donare 200 metri cubi a Beta, il quale con il via libera del Comune potrà sfruttarli nel proprio fondo aumentando la capacità edificatoria da 200 a 400 metri cubi.
Attraverso la trascrizione della cessione, chiunque comprerà il fondo di Alfa e di Beta sarà reso edotto della diminuzione o aumento della capacità edificatoria.