[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano e avv. Amedeo Caracciolo (nella foto) Commento a ord. Cass. civ. II, n. 21271 del 5.10.2020] La ricostruzione dell’interessante caso in commento non può prescindere dall’analisi di due norme-cardine dell’impianto codicistico in materia condominiale.
Si tratta, in primo luogo dell’art. 1130-bis c.c. che, al primo comma, indica gli elementi del rendiconto condominiale. Il predetto documento deve contenere:
Come si vede, nella pur diversità rispetto alle norme in materia societaria, a seconda dei contesti amministrati, si tratta di documentazione che può risultare “corposa”. Da qui si pone il problema dell’allegazione di tutti i predetti documenti in sede di convocazione assembleare ordinaria.
Proprio a tal fine, non si può non considerare l’ulteriore e diversa norma (parimenti importante ai fini della disamina del caso concreto) che disciplina la convocazione dell’assemblea. La disposizione in questione è l’art. 66 disp. att. c.c..
La convocazione di tutti i condòmini per l’assemblea, nel contesto antecedente alla Riforma, non prevedeva particolari formalità potendo essere compiuta in qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, con possibilità, per chi ne aveva l’onere, di provare con qualsiasi mezzo, e quindi anche con presunzioni, il possesso del condomino delle informazioni sufficienti a renderlo edotto della riunione ed a metterlo in condizione di parteciparvi.
Pertanto, ove il relativo invito era stato fatto per iscritto, l’omissione in esso del luogo, giorno od ora dell’assemblea, non era di per sé decisiva ai fini della validità o meno della delibera assembleare, dovendo invece accertarsi dal giudice di merito (con valutazione incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivata) se il condomino ne avesse avuto notizia aliunde ma in tempo utile rispetto alla consegna dell’avviso, con la conseguenza della validità ed efficacia di detta delibera e, in caso negativo, della sua invalidità, che era deducibile previa l’osservanza del termine di decadenza di cui all’articolo 1137, terzo comma, c.c..
La nuova formulazione dell’art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile è, oggi, vincolante anche nella determinazione di quale mezzo usare per la convocazione. Infatti esso prevede che «L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati». Quanto sopra, salvo i casi eccezionali di modifica delle destinazioni d’uso ex art. 1117-ter c.c., per cui si prevedono forme ancor più rigorose.
La lettera raccomandata con avviso di ricevimento è la modalità più utilizzata dagli amministratori per procedere alla convocazione, stante la prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta di spedizione, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex articolo 1335 c.c. dello stesso. Applicando tali principi, deve dunque presumersi che l’avviso di convocazione sia giunto al condomino se spedito con raccomandata (o a mezzo pec). È il condomino che dovrebbe poi dimostrare, ai sensi dell’articolo 1335 c.c., che nonostante che le raccomandate fossero state spedite, magari presso il luogo di esplicazione della sua attività professionale, si è trovato senza sua colpa nell’impossibilità di averne conoscenza.
Nel caso in cui l’avviso di convocazione sia stato spedito tramite raccomandata non consegnata per l’assenza del destinatario, il momento in cui l’atto si reputa conosciuto coincide con l’immissione in cassetta dell’avviso di giacenza e non già con il successivo momento in cui l’atto viene consegnato.
La sopra menzionata disposizione di cui all’art. 66 disp. att. c.c. è inderogabile per espressa previsione del successivo art. 72 disp. att. c.c., pertanto sarà considerata sempre annullabile per omessa convocazione la delibera che si fondi su una convocazione effettuata tramite mail ordinaria (di segno opposto il solo precedente della Corte d’Appello di Brescia, sent. n. 4 del 3 gennaio 2019).
Ebbene, appare evidente che, in caso di convocazione da effettuare a mezzo lettera raccomandata a.r. contenente tutti gli allegati di cui si è sopra detto, le relative spese aumentino a dismisura, soprattutto in fabbricati di elevate dimensioni.
Quanto rappresentato nel precedente paragrafo si pone come premessa fondamentale per la rassegna del caso in commento.
Un condomino impugnava la delibera assembleare per mancata allegazione del rendiconto all’avviso di convocazione contenente l’ordine del giorno. Il Giudice di prime cure respingeva la domanda attorea rilevando che il bilancio era stato allegato alla delibera di approvazione comunicata al condomino il quale non aveva, nelle more, richiesto di visionare e/o ricevere il predetto documento.
L’esito del processo di primo grado veniva ribaltato in Appello, in quanto la Corte riteneva che il bilancio dovesse essere comunicato preventivamente al condomino, essendo altrimenti leso “il diritto all’informativa generica con riferimento a quanto oggetto di assemblea”, non potendo a tal fine sopperire il successivo invio dell’atto, unitamente alla delibera di approvazione, dovendosi osservare l’obbligo di informazione in via preventiva e non successiva.
La seconda Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21271/2020 accoglie il ricorso del condominio ritenendo come non necessaria l’allegazione del rendiconto in sede di convocazione.
Ed infatti, a parere della Corte, l’obbligo di preventiva informazione dei condòmini in ordine al contenuto degli argomenti posti all’ordine del giorno dell’assemblea risponde alla finalità di far conoscere ai convocati, sia pure in termini non analitici e minuziosi, l’oggetto essenziale dei temi da esaminare, in modo da consentire una partecipazione consapevole alla discussione ed alla relativa deliberazione (conformi Cass. civ. II sent. n. 21966/2017; Cass. civ. II sent. n. 25693/2018; Cass. civ. VI/II ord. n. 15587/2018).
Il predetto obbligo si intende rispettato con l’invio dell’ordine del giorno in sede di convocazione.
In altri termini, non si configura un obbligo per l’amministratore di allegare all’avviso di convocazione anche i documenti giustificativi o i bilanci da approvare, non venendo pregiudicato il diritto alla preventiva informazione sui temi in discussione, fermo restando che a ciascun condomino è riconosciuta la facoltà di richiedere, anticipatamente e senza interferire sull’attività condominiale, le copie dei documenti oggetto di eventuale approvazione.
Ove tale richiesta non sia stata avanzata, il singolo condomino non può poi invocare l’illegittimità della successiva delibera di approvazione per l’omessa allegazione dei documenti contabili all’avviso di convocazione dell’assemblea, ma può impugnarla per motivi che attengono esclusivamente alla modalità di approvazione o al contenuto delle decisioni assunte.
Tale orientamento è sicuramente meritevole di apprezzamento in quanto tutela, in primis, il condominio da impugnative “meramente formali”. In secondo luogo, può portare, a seconda dei contesti amministrati e dei punti all’ordine del giorno su cui deliberare, a notevoli risparmi in termini di spese generali per la convocazione. Ancora, non da ultimo, sottende la ratio del divieto di abuso del diritto in materia di richiesta di documentazione condominiale. È appena il caso di ricordare, infatti, che il potere di controllo, pur riconosciuto dalla legge ai partecipanti al condominio, non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione né porsi in contrasto con il principio di correttezza ex art. 1175 c.c. (Cass. civ. VI/II n. 12579/2017).
Ed infine, un aspetto gestionale fondamentale che deve essere considerato attiene al criterio di riparto delle spese per l’invio delle convocazioni. Trattandosi di comunicazioni tra condominio e condòmini, l’orientamento ad oggi prevalente ritiene che le predette spese vadano ripartite in tabella generale di proprietà. Ed infatti, i costi “individuali” possono essere addebitati al singolo condomino solo in presenza di un provvedimento giudiziale o nelle espresse ipotesi previste dalla legge (Tribunale Milano sent. n. 10247 dell’11 settembre 2015). Tra le predette ipotesi espressamente previste dalla legge vi è il caso dell’addebito dei costi di ricerche catastali al singolo condomino rimasto inerte nella comunicazione di modifiche del registro anagrafe (art. 1130 n. 6 c.c.). Ancora, le spese sono sostenute da un singolo condomino nella diversa ipotesi di modifica di tabelle millesimali quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio o di incremento di superficie, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare di un unico partecipante.
Da ultimo, vi è proprio l’ipotesi di cui all’art. 1130-bis c.c. di richiesta di copia autenticata di documentazione condominiale. Sarà il singolo condomino che, ritenuta non sufficiente l’allegazione di parte o di tutti gli elementi di cui deve comporsi il rendiconto potrà chiedere all’amministratore un appuntamento presso lo studio per la visione ed eventuale copia (a spese del richiedente) di tutta la documentazione che riterrà necessaria.
La soluzione proposta dalla Cassazione appare improntata ad equità soprattutto se si tiene conto che la Riforma ha onerato l’amministratore alla tenuta di una ricca mole di documentazione contabile (si vedano gli elementi di cui deve comporsi obbligatoriamente il rendiconto, passati in rassegna in apertura del presente commento). Se ciò è vero, altro è affermare che tutti i predetti documenti devono essere spediti in sede di convocazione assembleare per l’approvazione dei rendiconti, con oneri cospicui a carico di tutto il condominio. La trasparenza, a dire della Corte, è comunque rispettata stante lo strumento di richiesta di accesso alla documentazione presso lo studio dell’amministratore, da effettuarsi comunque senza sfociare in “mere esplorazioni”.
Il provvedimento in commento aderisce, dunque, ad un orientamento che sembra guadagnare consensi nel panorama giurisprudenziale di legittimità e di merito (Cass. civ. II sent. n. 21966/2017; Cass. civ. II sent. n. 25693/2018; Cass. civ. VI/II ord. n. 15587/2018)
Non si può non dare atto, tuttavia, del differente indirizzo interpretativo (ex multis Cass. civ. VI/II n. 33038/2018) maggiormente rigoroso e formalista, prevalente fino agli inizi dello scorso decennio, (contraria solo Corte Appello Roma, sent. 21 dicembre 1995), alla stregua del quale la mancata allegazione degli elementi del rendiconto all’avviso di convocazione produrrebbe comunque l’invalidità della delibera.
La forma di tale invalidità viene comunque individuata nell’annullabilità, e pertanto la delibera viziata sarebbe comunque sanabile in mancanza di impugnativa nel termine di trenta giorni dalla delibera (per i condòmini presenti, dissenzienti o astenuti) o dalla ricezione del verbale (per gli assenti).