[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.studioandreamarostica.it]
Prima della riforma, non era prevista una specifica forma per l’avviso di convocazione dell’assemblea, né particolari modalità per la sua comunicazione. A seguito della novella del 2013, l’art. 66 disp. att. c.c. oggi prevede che l’avviso debba essere comunicato a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata (PEC), fax o tramite consegna a mano. Poiché le modalità indicate presuppongono la forma scritta, non è più consentito ritenere che in materia di avviso di convocazione dell’assemblea viga il principio della libertà della forma, essendone invece implicitamente prevista una specifica (appunto quella scritta).
Per quanto riguarda, in particolare, la posta raccomandata, si osservi che, in base all’art. 1335 c.c., ogni dichiarazione diretta a una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario (se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia). La comunicazione deve essere fatta all’indirizzo del condomino, come tale dovendosi intendere il luogo che o per collegamento ordinario, come la dimora e il domicilio, o per la normale frequentazione, come il posto di esplicazione dell’attività lavorativa, o per preventiva indicazione, rientra nella sua sfera di controllo e dominio (Cass. civ., 24 ottobre 1998, n. 10564).
Il procedimento di consegna non può ritenersi ultimato con l’emissione e con la spedizione dell’avviso: l’adempimento risulterebbe infatti del tutto inutile se detto avviso non pervenisse nella sfera del destinatario, mettendolo così a conoscenza della giacenza della raccomandata e della possibilità di ritirarla presso l’ufficio postale; ai fini del perfezionamento della comunicazione è pertanto necessario che l’avviso sia ricevuto dal destinatario, o sia quantomeno recapitato al suo indirizzo (Cass. civ., 4 agosto 2016, n. 16330).
L’art. 66 disp. att. c.c., come modificato dalla riforma, prevede che l’avviso debba essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione. Il testo precedente prevedeva il medesimo termine, ma senza fare riferimento alla prima convocazione.
La disposizione deve essere intesa nel senso che nel termine stabilito l’avviso deve pervenire al destinatario, non rilevando invece la data della spedizione (Cass. civ., 22 novembre 1985, n. 5768).
Nel computo dei termini a giorni, si esclude il giorno iniziale e si calcola il giorno finale. Quando la legge fa riferimento non al giorno iniziale ma al giorno finale per la decorrenza del termine, come nel caso in esame (“almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione”), il computo deve essere effettuato a ritroso, dunque escludendo il giorno finale (il giorno dell’assemblea in prima convocazione) e calcolando il giorno iniziale.
L’art. 66 disp. att. c.c. prevede che l’avviso debba contenere la specifica indicazione dell’ordine del giorno e l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione.
Poiché non sono previste limitazioni in merito alla data, è valida la convocazione in qualsiasi giorno dell’anno, sia esso feriale, sia esso festivo. Al fine di contemperare le esigenze di tutti gli aventi diritto a partecipare, la data della convocazione dell’assemblea di condominio può essere sindacata soltanto in relazione al calendario civile (Trib. civ. Roma, 12 maggio 2009, n. 10229).
Si usa indicare nel medesimo avviso di convocazione sia la data della prima convocazione sia la data della seconda. Stabilisce in proposito l’art. 66, co. 4, disp. att. c.c. che l’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima; l’art. 1136, co. 3, c.c. completa la previsione imponendo che, se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. Ne deriva che l’assemblea in seconda convocazione deve essere convocata in una data compresa tra il giorno successivo e il decimo giorno successivo alla data della prima convocazione.
L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale siano indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi (art. 66, co. 5, disp. att. c.c.).
Circa l’ora della riunione, si registra la prassi di indicare, per la prima convocazione, orari inconsueti (es.: mezzanotte), allo scopo di fare andare deserta l’assemblea e dunque beneficiare dell’abbassamento dei quorum previsti per la seconda convocazione. Occorre ricordare che, nonostante l’orario inusuale, l’assemblea in prima convocazione, qualora correttamente costituitasi per essere intervenuti sufficienti condòmini, è valida a tutti gli effetti.
A proposito del luogo della riunione, nel silenzio della legge, la relativa determinazione è rimessa alla discrezionalità dell’amministratore, limitata in concreto da due profili: uno territoriale – il luogo dovrebbe trovarsi nella città nella quale sorge l’edificio – ed uno funzionale – il luogo dovrebbe essere tale da consentire la presenza di tutti i condomini e l’ordinato svolgimento della discussione.
La disciplina codicistica riformata richiede che l’ordine del giorno contenuto nell’avviso di convocazione dell’assemblea sia specifico: le materie sulle quali l’assemblea sarà chiamata a deliberare devono dunque essere indicate con precisione. La giurisprudenza ante riforma aveva già avuto modo di chiarire che in tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, ai fini della validità dell’ordine del giorno, occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l’importanza, e di poter ponderatamente valutare l’atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti (Cass. civ., 19 ottobre 2010, n. 21449). Non è però necessario che nell’avviso di convocazione sia prefigurato lo sviluppo della discussione ed il risultato dell’esame dei singoli punti da parte dell’assemblea (Cass. civ., 10 giugno 2014, n. 13047).
Circa la dicitura “Varie ed eventuali”, comunemente inserita nell’ordine del giorno al termine dell’elenco delle materie da trattare, se da una parte la prassi ne registra un utilizzo grandemente diffuso, dall’altra occorre prestare attenzione a ciò che viene ricompreso in questa espressione dal contenuto tutt’altro che certo. Talune pronunce (Trib. civ. S. Maria Capua Vetere, 3 aprile 1998) affermano trattarsi di dicitura priva di valore e significato e, comunque, inidonea ad ampliare l’oggetto della riunione assembleare che resterebbe pertanto ristretto ai soli argomenti specificamente indicati. Talaltre (Trib. civ. Genova, 29 giugno 1999) ritengono che essa avrebbe un suo ambito di operatività e si riferirebbe a semplici comunicazioni, suggerimenti per future assemblee, prospettazioni dei problemi e risposte dell’amministratore.