[A cura di: Giuseppe Simone – vice segr. naz. APPC e vice pres. vicario ALAC Area Metropolitana di Bari] Dopo la riforma del condominio qualcosa sembra sia cambiato in tema di maggioranze assembleari. Il nuovo articolo 1136 c.c. così recita: “L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condòmini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, le deliberazione che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le delibere di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, 1122-ter nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.
Le deliberazioni di cui all’art.1120, primo comma, e all’articolo 1122-bis, terzo comma, devono essere approvate dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.
L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.
Delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall’amministratore”.
La novella legislativa non ha modificato i quorum costitutivi, ma ha invece inciso sul calcolo delle maggioranze deliberative. Ante riforma, col vecchio articolo 1136 c.c., gli amministratori di condominio si ponevano il problema di stabilire cosa accadesse allorquando in assemblea venivano a contrapporsi due gruppi di votanti, ognuno dei quali, singolarmente preso, esprimeva i requisiti codicistici (un terzo dei partecipanti e almeno 1/3 dei millesimi) ma, comparati l’uno all’altro, un gruppo aveva un numero maggiore di voti di testa ma con millesimi minori dell’altro gruppo oppure un numero minore di voti di testa ma più millesimi del gruppo opposto. Analogo problema si poneva nel caso di numeri pari di teste o di millesimi, pur soddisfacendo ciascun gruppo i requisiti minimi previsti dall’articolo 1136 c.c.
A fronte di queste peculiari situazioni, non rare a verificarsi, la giurisprudenza prevalente aveva preso una posizione quasi unanime: per dichiarare validamente assunta la delibera occorreva ottenere la doppia maggioranza, sia di teste sia di millesimi. In mancanza, la sola maggioranza delle teste o la sola maggioranza dei millesimi non poteva rendere valida la delibera.
Bene, fatta chiarezza sul passato, la riforma del 2012 ha cambiato i termini della questione. In sintesi, come si devono regolare ora gli amministratori di condominio?
Occorre innanzitutto verificare che venga ottenuta la maggioranza degli intervenuti e, in secondo luogo, che vi sia anche la maggioranza dei millesimi, ma rispetto non al gruppo opposto bensì all’art.1136 c.c., giacchè la maggioranza delle teste deve essere maggiore o uguale a quella minima prevista dall’art.1136 c.c. indipendentemente dai millesimi espressi dal gruppo opposto, che pertanto soccombe anche se esprime più millesimi del gruppo che ha ottenuto un numero maggiore di voti di teste.
In definitiva, per riassumere questa sintetica nota, con la riforma n.220/2012 per la validità delle delibere a prevalere è il criterio del “voto politico” o voto di testa rispetto a quello dei millesimi e comunque sempre che la maggioranza abbia ottenuto il minimo dei millesimi richiesto dalla legge.