[A cura di: dott. Andrea Tolomelli, presidente Abiconf] La tematica della corretta imputazione delle spese legali in condominio va analizzata partendo dallo specifico disposto di cui all’articolo 1132 c.c. derubricato: “Dissenso dei condomini rispetto alle liti”; norma che non è stata modificata dalla legge 220/2012 di riforma dell’istituto del condominio negli edifici.
Pertanto, a mente del suddetto articolo: “Qualora l’assemblea dei condòmini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere ad una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa. Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente”.
Sono ammessi al dissenso alla lite ex art. 1132 c.c. i condòmini che non hanno condiviso una decisione assembleare di intentare o resistere ad una lite legittimamente assunta ex art. 1136, 2° e 5° comma c.c., ovverosia deliberata in assemblea dalla maggioranza degli intervenuti rappresentante almeno la metà del valore dell’edificio. Potranno, di conseguenza, esprimere il dissenso solamente i condòmini che non hanno contribuito con il loro voto favorevole formazione della delibera assembleare di approvazione della lite, quindi i condomini contrari, astenuti o assenti.
Di qui si può ritiene che, “sfuggano” a tale facoltà le liti intentate autonomamente dall’amministratore in virtù delle proprie competenze ex art. 1130 c.c , ricordando, nel contempo, che ai sensi dell’articolo 1133 c.c.: “I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condòmini. Contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea senza pregiudizio del ricorso all’Autorità giudiziaria.”.
Il Legislatore, nella formulazione dell’articolo 1132 c.c., usa il termine “notifica” che pare di primo acchito riferirsi ad una comunicazione a mezzo ufficiale giudiziario. Secondo una datata giurisprudenza della Corte di Cassazione – la n. 2967 del 15 giugno 1978 – ad oggi non smentita ed anzi confermata da diversi Tribunali di merito (Tribunale di Genova del 22 gennaio 2009), la manifestazione di dissenso può essere notificata all’amministratore senza bisogno di forme solenni comprese fra queste quelle previste dal codice di procedura civile, ammettendosi così la raccomandata, la PEC o la dichiarazione personale a verbale assembleare. Trattasi sostanzialmente di un atto giuridico recettizio di natura sostanziale da portarsi all’attenzione dell’amministratore dello stabile senza particolari forme solenni nel termine di decadenza di trenta giorni da quando il condomino è venuto a conoscenza della delibera. Proprio in quanto atto sostanziale e non processuale, non varrà la sospensione processuale dei termini festivi.
Quanto al concetto di spese di lite, debbono ricomprendersi tra le medesime le sole spese di soccombenza a seguito di una condanna giudiziale. Cosi, vanno escluse dalla facoltà di dissenso le spese di difesa del condominio o le spese stragiudiziali – incarichi legali – che dovranno essere corrisposte pro quota anche dai condòmini dissenzienti. In tal senso il Tribunale di Bologna con sentenza della II sezione, in data 12 ottobre 2007, n. 2618, a mente della quale: “In tema di dissenso alle liti, l’operatività dell’articolo 1132 c.c, non va oltre l’esonero del condomino dissenziente dall’onere di partecipare alla rifusione delle spese di giudizio in favore della controparte, nell’ipotesi di esito della lite sfavorevole per il condominio; la norma lascia tuttavia immutato l’onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa”.
Il Tribunale di Firenze, con sentenza della II sezione, in data 4 dicembre 2006, n. 4149 ha affermato che: “In tema di dissenso alle liti, l’art. 1132 c.c. – che è norma derogatoria al regime ordinario ricavabile dagli artt. 1137 e 1123 c.c., secondo cui le delibere assembleari sono vincolanti per tutti i condòmini e le spese di interesse comune vanno ripartite tra tutti i compartecipi – subordina gli effetti dell’estraneazione del condomino dalla lite al fatto che vi sia stata soccombenza e – quindi – che la lite abbia avuto esito giudiziale sfavorevole per il condominio (salvi i casi assimilabili di mancata pronuncia per fatto imputabile alla parte, rinuncia agli atti, rinuncia alla domanda, ecc … ). Fatto, questo, che non può verificarsi fino a quando la lite non sia stata introdotta avanti l’autorità giudiziaria. (Fattispecie relativa ad oneri per parere stragiudiziale reso da un avvocato in favore del condominio, in relazione ai quali il tribunale ha escluso l’operatività del dissenso alle liti manifestato dai ricorrenti, trattandosi non di spese defensionali per lo svolgimento delle difese in giudizio, bensì propedeutiche ad esso).”.
L’articolo 1132 c.c. termina stabilendo che, se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere alla parte soccombente. Nulla è dovuto dal condomino dissenziente nel caso opposto ove il condominio abbia vinto il giudizio ed abbia recuperato dalla parte soccombente le spese di causa. Va opportunamente evidenziato che l’articolo 11332 c.c. è inderogabile ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1138 c.c.
Per le controversie che dovessero nascere tra condominio e singoli condòmini, si determinerà una sorta di ideale separazione di centri d’interesse e pertanto non potranno addebitarsi le spese legali al singolo condomino che è controparte in un procedimento contro il condominio, salvo quanto liquidato dal Giudice nel caso di soccombenza, non trovando applicazione, per quest’ultimo, il disposto di cui all’articolo 1132 c.c.. Così a conferma, da ultimo, la recente sentenza della Corte di Cassazione del 23 gennaio 2018, n. 1629, ha sancito che: “Nel caso di controversia tra uno o più condòmini e il condominio da cui consegua un conflitto giudiziario (o stragiudiziale), non trova applicazione per le parti controverse, in materia di spese, l’art 1132 c.c., che pone a carico del condomino dissenziente l’onere di manifestare il proprio dissenso con atto notificato all’amministratore. Nella specie, difatti, il condominio si scinde in due parti, ognuna delle quali del tutto separata dall’altra, di modo che le spese sostenute dal condominio in ragione della controversia non possono essere addebitate anche ai condòmini titolari dell’interesse contrapposto se non in ragione della soccombenza. Di tal che la relativa delibera assembleare che ripartisca le spese anche tra questi condomini è nulla per impossibilità dell’oggetto.”. Per gli altri condòmini, che non sono controparte nella lite, varrà viceversa la facoltà di dissenso di cui all’articolo 1132 c.c..
Nel caso di soccombenza e/o liquidazione giudiziale delle spese il condominio potrà addebitare nel consuntivo di gestione, al condomino soccombente, le spese processuali liquidate dal Giudice. In tal senso la sentenza della Corte di Cassazione del 18 gennaio 2016, n. 751, a mente della quale: “È legittima la deliberazione dell’assemblea condominiale che ponga a totale carico del condomino moroso le spese processuali liquidate dal giudice nei suoi confronti con un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.”.