Distanze legali e servitù di passaggio. Vertono su due aspetti tanto complessi quanto controversi e foriere i di liti, le massime di Cassazione che riportiamo di seguito.
In tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi “costruzione”, agli effetti della disciplina di cui all’art. 873 c.c., per la parte che adempie alla sua specifica funzione e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l’altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento, mentre la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, soggiace alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico.
Cass., sez. II civ., sent. 29.5.2019, n. 14710.
In tema di distanze legali, con riferimento alla sopraelevazione di un edificio preesistente, il criterio della prevenzione va applicato avendo riguardo all’epoca della sopraelevazione e non a quella della realizzazione della costruzione originaria.
Cass., sez. II civ., ord. 29.5.2019, n. 14705.
In tema di distanze per impianti dal fondo contiguo, la disposizione dell’art. 889, comma 2 c.c., secondo cui per i tubi d’acqua pura o lurida (cui vanno assimilati i canali di gronda) e loro diramazioni deve osservarsi la distanza dal confine di almeno un metro, si fonda su una presunzione assoluta di dannosità per infiltrazioni o trasudamenti che non ammette la prova contraria.
Cass., sez. II civ., sent. 24.5.2019, n. 14273.
In tema di distanze tra costruzioni, l’art. 873 c.c. trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell’area meno elevata non raggiunga il livello di quella superiore, in quanto la necessità del rispetto delle distanze legali non viene meno in assenza del pericolo del formarsi d’intercapedini dannose. Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che, per escludere la violazione della disciplina delle distanze, si era limitata ad accertare che il garage controverso avesse l’estradosso a quota inferiore a quella del piano di campagna del fondo “contiguo”, anziché accertare, come avrebbe dovuto, che il medesimo avesse l’estradosso a quota inferiore a quella del piano di campagna del fondo su cui insisteva.
Cass., sez. II civ., sent. 23.5.2019, n. 14084.
Configura mutamento di destinazione, rilevante ex art. 1102 c.c., nel senso di rendere illegittimo l’uso particolare di un comunista o condomino, la direzione della funzione della cosa comune – pur lasciata immutata nella sua natura (il passaggio, la presa di aria o luce, ecc.) – a vantaggio di beni esclusivi di un comunista o un condomino, rispetto ai quali i comproprietari non avevano inteso “destinare” il bene comune. Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la pronuncia della corte d’appello ritenendo che si fosse attenuta al principio di diritto nell’affermare che il passaggio su strada comune che venga effettuato da un comunista per accedere ad altro fondo a lui appartenente, non incluso tra quelli cui la collettività dei compartecipi aveva destinato la strada, configuri un godimento vietato, risolvendosi nella modifica della destinazione della strada comune e nell’esercizio di una illegittima servitù a danno del bene collettivo.
Cass., sez. II civ., ord. 16.5.2019, n. 13213.
La lesione del diritto di proprietà, conseguente all’esercizio abusivo di una servitù di veduta, è di per sé produttiva di un danno, il cui accertamento non richiede, pertanto, una specifica attività probatoria e per il risarcimento del quale il giudice deve procedere ai sensi dell’art. 1226 c.c., adottando eventualmente, quale parametro di liquidazione equitativa, una percentuale del valore reddituale dell’immobile, la cui fruibilità sia stata temporaneamente ridotta.
Cass., sez. VI-2 civ., ord. 13.5.2019, n. 12630.