[A cura di: Studio legale Mabe & Partners]
L’installazione di condizionatori nel condominio rappresenta una tematica che fornisce immediata contezza di quale sia il centro gravitazionale verso cui convergono numerose questione afferenti al diritto condominiale, ossia il bilanciamento e la pacifica interazione tra le esigenze dei singoli condòmini e quelle dello stabile complessivamente inteso.
La regola secondo cui l’installazione di condizionatori all’interno del condominio è consentita e legittima non è scevra da limiti, di cui il più importante (e ricorrente) è rappresentato dal divieto di alterare il decoro architettonico dell’edificio. Il problema ha ragione di porsi soprattutto per le installazioni che avvengano sul muro perimetrale esterno comune, pur non essendo escluso che le installazioni sulla proprietà del singolo condomino possano, se visibili, pregiudicare il decoro dell’immobile.
Come noto, per decoro architettonico dell’edificio condominiale la giurisprudenza intende l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture architettoniche che vanno a caratterizzare il fabbricato e gli imprimono una determinata ed armonica fisionomia. È utile precisare che il concetto di decoro architettonico non è riferibile soltanto ad edifici di particolare pregio, bensì anche a costruzioni popolari, che pure sono suscettibili di subire pregiudizi estetici in conseguenza di opere pregiudizievoli. Orbene, l’alterazione di tale decoro può ben correlarsi alla realizzazione di opere che modifichino l’originario aspetto soltanto di singoli elementi o punti dell’edificio, ogni qualvolta la modificazione sia suscettibile di riflettersi sull’insieme dell’aspetto del fabbricato (così Trib. Roma 04.01.2013).
Come tuttavia è stato sottolineato in dottrina, occorre che l’alterazione (del decoro) sia reale ed effettiva. In particolare, laddove il decoro dell’edificio risulti già compromesso e sorga controversia in ordine alla richiesta del singolo condomino di installare un condizionatore su una parte comune, il giudice adito non potrà non considerare la situazione estetica pregressa dell’edificio, anche alla luce degli interventi già effettuati da altri condòmini, sì da valutare se nel caso concreto l’installazione vada effettivamente ad alterare l’armonia dell’edificio. Ad ogni modo, la valutazione del giudice in ordine al rispetto del canone del decoro architettonico è discrezionale e attiene a profili di merito insindacabili in sede di legittimità se sorretti da idonea motivazione.
L’alterazione del decoro architettonico non è poi esclusa dalla presenza di un provvedimento della pubblica amministrazione che autorizzi l’installazione vidimando la compatibilità urbanistica, paesaggistica e ambientale del posizionamento dei condizionatori. Tali provvedimenti autorizzativi, infatti, ove necessari per l’installazione, sono usualmente rilasciati con la condizione “fatti salvi i diritti di eventuali terzi”, di talché non si rivelano idonei a superare l’ulteriore limite civilistico rappresentato dal decoro architettonico.
Non va, infine, dimenticato che, per ciò che concerne specificamente le installazioni sui muri perimetrali comuni, sussistono altresì i limiti sanciti dall’art. 1102 c.c., consistenti nel divieto di alterare la destinazione della facciata e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso dei muri perimetrali.
Se il condizionatore è rumoroso, in capo al proprietario/gestore del condizionatore posso delinearsi responsabilità di natura sia civile che penale in riferimento al superamento della “normale tollerabilità” delle emissioni rumorose.
Con sentenza 39883/2017, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un albergatore che veniva condannato alla pena dell’ammenda per avere disturbato il riposo delle persone con l’utilizzo di un impianto di condizionamento dell’aria. Tale condizionatore era posto sul tetto dello stabile, privo di qualsiasi paratia e strumento idoneo all’insonorizzazione, e aveva arrecato disturbo al sonno sia dei clienti dell’albergo che dei dimoranti nelle abitazioni vicine.
Secondo la Cassazione, il rumore causato dal Condizionatore poteva essere qualificata quale emissione superiore alla normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c. Quest’ultimo articolo ha per oggetto la tutela del cittadino dall’aggressione da rumore e vieta al proprietario del fondo di emettere, nei riguardi del vicino, rumori che superino la normale tollerabilità, la quale deve essere determinata avuto riguardo alla condizione dei luoghi. Il giudice deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e può tenere conto di un determinato uso.
In particolare, nell’ipotesi in cui il rumore sia avvertito da un numero imprecisato di persone, potrebbe essere configurabile il reato penale di cui all’art. 659 c.p.. Si noti, tuttavia, che presupposto per la configurazione del reato di cui all’art. 659 c.p. è che il rumore sia percepito come disturbo da un numero indeterminato di soggetti, e non solo dai condòmini dell’edificio in questione. (cfr. Cassazione penale, Sezione III, sentenza del 20 giugno 2016, n. 25424).
La Cassazione ha ulteriormente precisato che la propagazione delle onde sonore debba essere estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l’edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed una idoneità a turbare la pubblica quiete (Cass. pen., Sez. III, sent. 27 gennaio 2015, n. 7912). La norma penale, infatti, non tutela il singolo individuo, ma la quiete pubblica, sicché i rumori devono avere una tale diffusività da essere potenzialmente idonei ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (Cassazione, Sezione I, sentenza 29 novembre 2011, n. 47298 e sentenza 5 luglio 2006, n. 23130).
Occorre premettere che si presumono intollerabili e, quindi moleste, le immissioni che non possono essere sopportate senza danno da un uomo medio. Alla base del criterio della “normale tollerabilità” vi è quindi l’uomo medio. Tuttavia, una definizione generale di uomo medio risulta essere parecchio difficoltosa, poiché ogni luogo, condizione, stile di vita, modifica il grado di tollerabilità dei soggetti. Si pensi, ad esempio, al rumore delle campane: chi abita vicino al campanile, solitamente non percepisce come intollerabile il loro suono allo scoccare delle ore, poiché abituato.
Per queste difficoltà, la giurisprudenza è giunta alla conclusione di adottare come limite della normale tollerabilità, la soglia di 3 decibel nel periodo notturno e di 5 decibel in periodo diurno (tra le molte, si veda Cassazione civile, Sezione II, sentenza 29 ottobre 2015, n. 22105 e sentenza 3 agosto 2001, n. 10735). Oltre al superamento del limite soglia di 3 e di 5 decibel, la Cassazione ha precisato che per stabilire se a un condizionatore siano imputabili emissioni sonore intollerabili, occorre considerare anche lo stato dei luoghi in cui il rumore viene prodotto.
Ne consegue che il criterio della normale tollerabilità, valutato in relazione al superamento del limite soglia, non è assoluto, in quanto va contemperato con la condizione dei luoghi in cui si produce. Ad esempio, occorre valutare se le immissioni vengono prodotte in una zona che può essere definita industriale o residenziale (Cassazione civile, Sezione III, sentenza 11 giugno 2012, n. 9434).
Per definirlo, iccorre verificare da dove proviene la fonte rumorosa:
Con il D.M. 10/2/2014, Climatizzatori e condizionatori sono stati equiparati agli impianti di riscaldamento. Da tale equiparazione discendono principalmente i seguenti due obblighi.
Il libretto viene rilasciato dal Centro tecnico di assistenza autorizzato e riconosciuto ad effettuare i controlli di efficienza energetica. Il libretto impianto deve indicare il rapporto sull’efficienza e la prestazione degli impianti e prevede un altro libretto da utilizzare per annotare i controlli periodici di manutenzione per la sicurezza degli impianti installati, al fine di garantirne la sicurezza e la salubrità.
Tale verifica deve essere svolta ogni 4 anni se gli impianti hanno una potenza superiore a 10 kw (per quelli invernali) e a 12 kw (per quelli estivi). Si tratta del controllo periodico sull’efficienza con il cd. bollino blu o verde. Rientrano nell’obbligo di controllo:
Sono esclusi da tale obbligo gli scaldabagni che producono solo acqua calda nel singolo appartamento e le stufe, i caminetti o gli apparecchi di energia radiante, purché non siano fissi e se la somma delle potenze non sia maggiore o uguale a 5 kw, perché in questo caso sono assimilabili agli impianti termici.