[A cura di: avv. Vittorio Conti] La gravissima, ed assolutamente inedita, situazione di crisi sanitaria ed economica che il nostro Paese (ma ormai, si può dire, l’intero pianeta) sta vivendo, causata dalla pandemia dell’ormai famigerato Covid-19, non poteva non coinvolgere il microcosmo del condominio.
Il divieto di assembramento, stabilito dapprima a livello locale, quindi esteso a tutto il territorio nazionale e tutt’ora vigente, ha di fatto impedito agli amministratori di Condominio di convocare le assemblee (sia ordinarie che straordinarie), tra l’altro proprio in uno dei periodi in cui le stesse vengono spesso fissate, essendo i mesi successivi alla chiusura degli esercizi per quei Condomini la cui gestione coincide con l’anno solare.
Tutto questo non può non avere conseguenze e ripercussioni sulla quotidiana vita condominiale e, soprattutto, rischia di incidere sull’attività dell’amministratore che non può ottenere dall’assemblea quelle deliberazioni necessarie a svolgere tutte le attività che esorbitano dalle sue ordinarie attribuzioni, così come previste dall’art. 1130 c.c..
In questo complesso e confuso quadro si inserisce la figura del c.d. “consiglio di condominio”, introdotto con la riforma del 2012 e disciplinato dall’art. 1130 bis, 2° comma, c.c. di cui, per chiarezza, si riporta il testo: “L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo”.
Dalla lettura di detta norma, quindi, appare evidente che il consiglio di condominio non ha alcun potere deliberativo, vieppiù con riguardo all’assunzione di obbligazioni che comportino l’assunzione di una spesa (e quindi di un debito) per tutto il condominio.
Va precisato che l’esatta individuazione delle funzioni, cioè dei compiti che il consiglio è chiamato ad esercitare nel corso della gestione, è rimessa alla deliberazione istitutiva di tale organo o comunque alla clausola del regolamento condominiale che lo disciplina. In assenza di specifiche indicazioni deve ritenersi che il consiglio possa agire nel limite delle funzioni di controllo riconosciute dalla legge a ciascun condomino e di quelle consultive che gli vengono riconosciute dall’amministratore.
In ogni caso va precisato che i componenti del consiglio di condominio non possono assumere decisioni vincolanti nei confronti di tutto il condominio, neppure se lo prevedesse il regolamento condominiale di natura contrattuale e ciò in quanto le norme dettate in materia di funzionamento dell’assemblea sono inderogabili.
Come premesso nell’incipit di questo mio articolo, tuttavia, è sotto gli occhi di chiunque che quello che stiamo vivendo è un momento di estrema emergenza, forse il più grave dalla costituzione della nostra Repubblica, e a situazioni estreme si risponde con soluzioni altrettanto estreme.
Con il DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 04.03.2020 sono state sospese tutte le manifestazioni e gli eventi di qualsiasi natura, svolti sia in luogo pubblico che privato, che comportano un affollamento di persone, tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, come disposto dall’ISS.
Se vi fosse stato qualche dubbio in proposito, si rileva come la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 13 marzo 2020, nella risposta 1 alle FAQ sul coronavirus (sezione Riunioni), ha precisato che le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere.
Tale divieto, quindi, ha di fatto reso impossibile la convocazione delle assemblee condominiali, ad eccezione di quelle che possono essere svolte con modalità “a distanza”, ossia, ad esempio, in videoconferenza o con altri sistemi di comunicazione a distanza, purché vengano rispettate le norme previste in materia di convocazione e deliberazioni, la cui violazione porterebbe ad un’innumerevole serie di ricorsi ed impugnazioni (se e quando i Tribunali riprenderanno la loro attività…). Ma quanti condòmini, soprattutto nelle zone più popolari, sono dotati degli strumenti e delle tecnologie che assicurerebbero il rispetto delle suddette norme garantistiche?
Tutto questo si ripercuote sulla vita condominiale e rischia di comportare la paralisi della stessa e l’impossibilità per l’amministratore di poter svolgere tutte quelle attività che non rientrano nelle sue normali attribuzioni (quelle, come detto, previste dall’art. 1130 c.c.).
Da qui la domanda: i poteri del consiglio di condominio, limitati a funzioni consultive e di controllo, come meglio sopra precisato, rimangono immutati in questa fase emergenziale oppure detto organo può, stante la peculiarità della situazione attuale, assumere decisioni che, in una situazione “normale” sarebbero di esclusivo appannaggio dell’assemblea dei condomini?
Non è certo un problema di facile soluzione, sia perché non esiste ancora una casistica sul punto, sia perché le uniche pronunce giurisprudenziali relative a detto organo sono riferite a situazioni di ordinaria “vita” del Condominio e non avevano come presupposto una situazione di limitazione allo spostamento ed all’assembramento delle presone, che ha di fatto (e di imperio) reso impossibile la convocazione delle assemblee condominiali.
Tra le funzioni del consiglio di condominio, soprattutto in questo periodo e nel contesto sopra illustrato, particolare rilievo assume quella c.d. “consultiva”.
Si tratta, in sostanza, della funzione di ausilio all’amministratore rispetto a determinati adempimenti richiesti dal suo incarico. La corretta e specifica delineazione dell’ambito d’intervento consultivo del consiglio è rimessa al regolamento di condominio o alla successiva deliberazione assembleare che lo ha costituito. Solitamente tale funzione è disciplinata con precipuo riferimento ai lavori di manutenzione straordinaria.
Come detto, tuttavia, in questo momento, salve rare eccezioni, nel nostro Paese le attività degli studi di amministrazione condominiale sono fortemente condizionate e limitate dall’emergenza sanitaria in atto e, di fatto, nella stragrande maggioranza dei casi non si tengono assemblee condominiali.
Ecco che, in una situazione del genere, particolare rilievo assume, o potrebbe assumere, la figura del consiglio di condominio, proprio per coadiuvare l’amministratore in quelle decisioni che esulano le attribuzioni ordinarie di quest’ultimo (ossia, come più volte precisato, quelle previste e disciplinate dall’art. 1130 c.c.), ma che non possono attendere il via libera governativo alla ripresa dell’attività ordinaria e, quindi, alla convocazione dell’assemblea (ed in particolare quella straordinaria).
Come detto non possiamo fare affidamento su norme o precedenti giurisprudenziali, in quanto si tratta di una situazione assolutamente nuova, ma utilizzando lo strumento dell’analogia, ci si può affidare alla soluzione adottata in casi precedenti, ossia quelle circostanze nelle quali l’amministratore si è trovato a dover prendere una decisione urgente, salvo poi riferire, appena possibile, all’assise condominiale.
La norma di riferimento è il secondo comma dell’art. 1135 c.c. che testualmente così statuisce: “L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea”.
Il presupposto della norma citata è dunque quello dell’impossibilità obiettiva dell’amministratore di far decidere l’assemblea e della contestuale necessità di agire senza ritardo al fine di evitare l’insorgenza di danni per il condominio o, se già verificatisi, evitarne l’aggravamento.
Sul punto si è pronunciata, ancor prima dell’entrata in vigore della riforma introdotta con la L. 220/2012, la Suprema Corte di Cassazione con più sentenze. Tra le tante cito la n. 10144/96, di cui riporto la massima: “Il citato art. 1135, u.c., c.c. abilita espressamente l’amministratore ad ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza, imponendogli soltanto l’obbligo di riferirne alla prima assemblea dei condomini, obbligo che non può in alcun modo confondersi con la necessità di ratifica di un atto esorbitante dal mandato, rientrando, invece, sia pure con carattere particolare, nell’obbligo generale che incombe all’amministratore di rendere conto della sua gestione ai condomini. Nè l’inosservanza di detto obbligo preclude il suo diritto al rimborso delle spese riconosciute urgenti nei limiti in cui il giudice le ritenga giustificate”.
In un quadro simile particolare rilevanza ed importanza riveste (o dovrebbe rivestire) il consiglio di condominio.
In un contesto come quello sin qui delineato, con tutti i divieti che l’emergenza ed i provvedimenti ministeriali (e regionali) hanno imposto, non v’è chi non veda come la responsabilità dell’amministratore stia assumendo connotati che esorbitano rispetto alla sua figura e, quindi, ritengo essenziale che, mai come in questo momento, il consiglio di condominio, ove esistente, debba assurgere al ruolo di vero e proprio collaboratore dell’amministratore, esplicando quella funzione consultiva che, in un momento “normale” sarebbe meramente sussidiaria all’assemblea dei condòmini ed oggi, invece, di fatto arriva a sostituirsi a quest’ultima.
E questo anche per “sgravare” l’amministratore nelle decisioni più importanti, che verrebbero così prese con il placet di un organismo codicisticamente previsto e composto, giova ribadirlo, da una rappresentanza dei condòmini (e quindi dell’assemblea) e con una sensibile riduzione del rischio che, un domani, la stessa assemblea dei condòmini possa contestare al primo di aver preso decisioni contrarie al volere (postumo) della stessa.
Un ulteriore applicazione pratica dell’istituto del Consiglio di Condominio, in una fase come quella che stiamo vivendo, è rinvenibile nella collaborazione tra consiglieri ed amministratore, che potremmo definire gli uni il braccio e l’altro la mente.
Va tenuto presente, infatti, che tra i compiti dei consiglieri vi è anche quello di segnalare all’amministratore gli eventuali disservizi e suggerire le soluzioni più idonee per sopperire agli stessi:
Mai come in questo periodo emergenziale, dunque, nel quale l’amministratore è impossibilitato a recarsi presso il Condominio (se non per ragioni di vera e conclamata urgenza), il ruolo consultivo e di collaborazione dei consiglieri assurge preminente importanza, anche negli aspetti più pratici, come, ad esempio, provvedere a stampare ed affiggere in bacheca i comunicati che l’amministratore predispone e trasferisce telematicamente agli stessi.
L’auspicio di chi scrive è che questa emergenza non duri così a lungo da dover arrivare ad avere delle pronunce giurisprudenziali “Covid-19” in materia condominiale, perché questo significherebbe che davanti a noi si prospetta uno scenario ben più preoccupante di quello trattato nel presente articolo.