[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com] Una delle questioni più controverse in tema di condominio negli edifici è la sua natura giuridica.
Si tratta di un mero ente di gestione, sfornito di personalità, non titolare di una posizione giuridica autonoma, semplice sommatoria delle posizioni dei singoli partecipanti? Oppure si tratta di un soggetto giuridico, distinto dai singoli condòmini, autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive? Non è questione di poco conto: “condominio” è una locuzione formale aggregante (il condominio è il semplice insieme dei condòmini) o sostanziale individuante (il condominio è altro dall’insieme dei condòmini, ossia un soggetto autonomo)?
Di recente, la seconda sezione della Suprema Corte (Cass. civ., 15.11.2017, n. 27101) si è occupata di una questione strettamente connessa a quella della natura giuridica del condominio: il singolo condomino è o non è parte del processo nel quale l’amministratore si sia costituito in rappresentanza del condominio? Se il condominio deve essere pensato come semplice insieme dei condòmini, il singolo condomino è parte in virtù della costituzione dell’amministratore quale rappresentante del condominio; se, invece, il condominio deve essere inteso come altro dall’insieme dei condòmini, ossia un soggetto autonomo, il singolo condomino non è parte se non si sia autonomamente costituito. La Seconda Sezione, considerati i contrasti esistenti in seno alla giurisprudenza di legittimità sulla questione, ha ritenuto opportuno rimettere i relativi atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Un condomino, proprietario degli ultimi tre piani di un edificio in regime di condominio, eseguiva alcune opere nell’edificio medesimo. Il condominio chiedeva al Tribunale la rimessione in pristino delle opere realizzate (ossia che lo stato dei luoghi fosse riportato alla situazione precedente) sulla base di:
Il Tribunale accoglieva le domande. Avverso tale sentenza, il condomino che aveva realizzato le opere proponeva appello. La Corte d’Appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado:
Il condomino che aveva realizzato le opere proponeva ricorso per cassazione, con riferimento al punto sul quale la sentenza di appello aveva confermato quella del Tribunale, ossia la violazione del regolamento. Il condominio resisteva sul punto con controricorso. Un altro condomino proponeva ricorso incidentale, con riferimento al punto sul quale il condominio era rimasto soccombente in appello, ossia la tutela della servitù di passaggio in favore di parti comuni.
Proprio la legittimità di tale ricorso incidentale è la questione che ha determinato la rimessione degli atti al Primo Presidente. Per la sua soluzione, infatti, è necessario preliminarmente affrontare il problema della natura giuridica del condominio, dal quale discende a sua volta (come visto sopra) la possibilità o meno di qualificare il singolo condomino come parte del processo nel quale si sia costituito l’amministratore in rappresentanza del condominio. Solo a questo punto sarà possibile decidere sull’ammissibilità del ricorso incidentale del condomino: se egli è parte, il suo ricorso incidentale è legittimo; se non è parte, il ricorso è illegittimo.
Secondo l’orientamento tradizionale, la legittimazione processuale dell’amministratore di condominio ex art. 1131 cod. civ. dà semplicemente luogo ad una deroga rispetto alla disciplina generalmente valida per ogni altra ipotesi di pluralità di soggetti del rapporto giuridico dedotto in lite, sopperendo all’esigenza di rendere più agevole la costituzione del contraddittorio nei confronti del condominio, nel senso di evitare la necessità di promuovere il litisconsorzio nei confronti di tutti i condòmini. Questa ricostruzione tradizionale dei rapporti fra i condòmini implica una forma di rappresentanza processuale reciproca, attributiva a ciascun condomino di una legittimazione sostitutiva, nascente dal fatto che ogni compartecipe non potrebbe tutelare il proprio diritto senza necessariamente e contemporaneamente difendere l’analogo diritto degli altri.
Sulla base di tali premesse, la Pronuncia in commento ricorda come la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che:
Nella direzione del condominio quale locuzione aggregante dell’insieme dei condòmini, è stato affermato che la sentenza (o il decreto ingiuntivo) recante condanna del condominio, per un credito vantato da chi abbia contratto con l’amministratore, equivale a sentenza di condanna, e quindi funge da titolo esecutivo, nei confronti di tutti i condòmini, anche se essi non hanno assunto le vesti di parti “in senso formale” del giudizio promosso dal terzo creditore nei confronti dell’amministratore, per non esser stati personalmente evocati in giudizio, e quindi non siano neppure individuati nominativamente nel provvedimento di condanna (Cass. civ, 29.09.2017, n. 22856).
Peraltro, nel senso del condominio quale locuzione individuante di un soggetto distinto dai singoli partecipanti, è stato affermato che, in caso di decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del condominio in persona dell’amministratore, ove il creditore voglia poi procedere in danno di un singolo condomino, quale obbligato pro quota, è necessaria la notifica del titolo a quest’ultimo, in quanto “il Condominio è soggetto distinto da ognuno dei singoli condòmini, ancorché si tratti di soggetto non dotato di autonomia patrimoniale perfetta” (Cass. civ., 29.03.2017, n. 8150).
È stata costantemente reputata ammissibile l’impugnazione, da parte del singolo condomino, della sentenza di condanna emessa nei confronti del condominio, sull’assunto che il diritto di ogni partecipante ha per oggetto le cose comuni nella loro interezza, non rilevando, in contrario, la circostanza della mancata impugnazione da parte dell’amministratore, senza alcuna necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei condòmini non appellanti (o non ricorrenti), né intervenienti, e senza che ciò determini il passaggio in giudicato della sentenza di primo (o di secondo) grado nei confronti di questi ultimi (Cass. civ., 16.12.2015, n. 25288).
Ancora, si è negato che la sentenza pronunciata nei confronti del condominio, in persona del suo amministratore, possa essere impugnata ex art. 404 cod. proc. civ. (“Casi di opposizione di terzo”) dai singoli condòmini, appunto perché questi non potrebbero dirsi terzi titolari di un diritto autonomo rispetto alla situazione giuridica affermata con tale decisione, la quale, piuttosto, fa stato anche nei loro confronti, benché non intervenuti in giudizio (Cass. civ., 21.02.2017, n. 4436).
La Corte di Cassazione, pronunciandosi nella sua più autorevole composizione con la sentenza 18.09.2014, n. 19663 ha affermato che, in ipotesi di giudizio intentato dall’amministratore di condominio, pur autorizzato dall’assemblea, a tutela di diritti connessi alla situazione dei singoli condòmini, ma senza che questi ultimi siano stati parte in causa, la legittimazione ad agire per l’equa riparazione, correlata alla violazione del termine ragionevole del processo, spetta esclusivamente al condominio, da intendere ormai quale autonomo soggetto giuridico.
Le Sezioni Unite hanno altresì affermato che:
Si tratta, come si può ben comprendere dalla varietà e dalla rilevanza dei profili coinvolti, di questione della massima importanza per addivenire ad una configurazione coerente e sistematica dei rapporti giuridici tra i soggetti coinvolti (condòmini, amministratore, terzo creditore).
La natura giuridica del condominio, inoltre, è tematica di rilievo non solo per i pratici, per tutto quanto sopra, ma anche per gli studiosi, alla ricerca di un soddisfacente inquadramento dogmatico dell’istituto. Come è noto, infatti, della natura giuridica del condominio si è da sempre vivacemente dibattuto. Bastino qui essere ricordate due tra le costruzioni più autorevoli. Secondo Branca (BRANCA, Comunione. Condominio negli edifici, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Zanichelli-Foro italiano, Bologna-Roma, 1982) il condominio è un ente collettivo, proprietario delle cose e delle opere comuni dell’edificio, soggetto di diritto distinto dalla somma atomistica dei partecipanti, dotato di personalità giuridica (collettiva) autonoma. Nell’opinione di Salis (SALIS, Il condominio negli edifici, Utet, Torino, 1959), invece, l’insieme dei proprietari non costituisce un ente, in quanto i condòmini rimangono persone distinte, che acquistano ed assumono un complesso di diritti ed obblighi proporzionalmente al valore della proprietà di ciascuno.