[A cura di: avv. Paolo Ribero] Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene (così dispone l’art. 1118 c.c. I comma). Tale valore è espresso dalle tabelle millesimali (art. 68 disposizione attuazione c.c.) che rappresentano in concreto il criterio di ripartizione delle spese condominiali. Nell’art. 1123, I comma c.c., viene affermato che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Pertanto le tabelle millesimali, che possono essere anche plurime a seconda dei beni o dei servizi che disciplinano (es. per le spese relative all’ascensore, alle scale o al riscaldamento oltre a quelle disciplinanti la ripartizione delle spese generali) costituiscono strumenti necessari per il funzionamento del condominio.
Le tabelle millesimali non sono immutabili e in presenza di determinate situazioni è ammessa la loro revisione.
Dopo un altalenante orientamento della Suprema Corte, nel 2010 le Sezioni Unite della Cassazione si erano espressa in merito alla maggioranza necessaria per l’approvazione.
Esaminando l’impugnazione di una delibera assembleare con la quale si chiedeva l’annullamento della delibera ove era stata approvata a maggioranza, e non all’unanimità, la tabella millesimale per le spese di riscaldamento, la Suprema Corte, ribaltando la decisione del Tribunale e della Corte d’Appello di Roma (ove era stata ribadita la necessaria unanimità), stabiliva che la tabella millesimale non costituisce “un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni […] ma serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condòmini, senza incidere in alcun modo su tali diritti”. In sintesi, le Sezioni Unite della Corte, nella suddetta pronuncia, affermavano che con la determinazione delle tabelle millessimali non si fa altro che accertare il “valore della cosa” senza costituire o revocare alcun diritto”.
A sostegno di tale tesi è stato richiamato l’art. 1138 c.c., ove viene prevista la necessità della maggioranza (di intervenuti che rappresentino la metà del valore dell’edificio) e non dell’unanimità per l’approvazione del regolamento condominiale. Poiché al regolamento sono allegate le tabelle millesimali, non si vede la ragione per richiedere una diversa maggioranza per i due atti. Si legge nella sentenza in commento “… un atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve ritenersi sottoposto alla stessa disciplina, a meno che il contrario risulti espressamente”.
La legge 11 dicembre 2012 n. 220 cd. Riforma del condominio è anche intervenuta sulla disciplina di modifica delle tabelle millesimali e il legislatore riformulando l’art. 69 delle disp. att. c.c. si è parzialmente discostato dall’orientamento della Suprema Corte sopra citato.
Il nuovo art. 69 indica l’unanimità come regola generale per la modifica delle tabelle prevedendo la possibilità di una modifica a maggioranza in determinati casi. Si legge infatti nel suddetto articolo: “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi: 1) quando risulti che sono conseguenza di un errore; 2) quando per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione”.
Il nuovo testo, se da un lato ha individuato la percentuale (un quinto) dell’incremento o della diminuzione dell’unità immobiliare necessario per integrare la revisione delle tabelle millesimali (il vecchio testo utilizzava l’inciso “rapporto notevolmente alterato” dando origine a contenziosi interpretativi) dall’altro non ha chiarito quale sia l’errore idoneo a giustificare la revisione delle tabelle a maggioranza.
Sul punto la Cassazione, con una pronuncia del 4 ottobre 2016, n. 19797, ha affermato che devono considerarsi errori rilevanti quelli che causano un’apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nelle tabelle alle unità immobiliari ed il valore effettivo delle stesse e siano obiettivamente verificabili (ad esempio: divergenze di estensione nelle superfici dei piani. Restano pertanto escluse, ai fine della rilevanza dell’errore ex art. 69 disp. Att. c.c., i criteri soggettivi, che dipendono dal libero apprezzamento del tecnico chiamato a redigere le tabelle (ad. esempio: ordine estetico, posizione, luci ecc.).
È importante ancora precisare che con una recente ordinanza del 25/10/18, n. 27159 la Corte di Cassazione nell’applicare l’art. 69 in commento ha affermato che la necessità dell’unanimità si ravvisa soltanto in caso di rettifica delle tabelle millesimali redatte in applicazione dei criteri legali.
In pratica, la Suprema Corte ha operato una distinzione tra tabelle millesimali redatte in ottemperanza ai criteri di ripartizione previsti dalla legge e tabelle che derogano agli stessi adottando diversi parametri. La Cassazione ha affermato che nell’ipotesi in cui le tabelle millesimali siano conformi alla legge in materia di ripartizione pro-quota, l’atto di approvazione e/o revisione delle stesse si limita a riportare i criteri stabiliti dal legislatore e, di conseguenza, non necessita dell’unanimità essendo sufficiente la maggioranza qualificata. Il consenso unanime è invece indispensabile nell’ipotesi in cui nella tabella risultino criteri di ripartizione della spesa per le parti comuni diversi e derogatori a quelli stabiliti dalla legge.
Si rileva, però, che tale distinzione individuata dalla Suprema Corte non è espressa dal legislatore, il quale fa riferimento ai valori delle singole unità espressi nelle tabelle millesimali senza specificare la distinzione rilevata dalla Cassazione.
Da ultimo è importante precisare che la rettifica delle tabelle millesimale opera per il futuro e non retroattivamente. Il condomino che – una volta accertato l’errore a suo sfavore – potrà richiedere un rimborso per le spese maggiori versate in passato non nei confronti del condominio ma solo esperendo un’azione di indebito arricchimento contro il soggetto che si è dimostrato essersi avvantaggiato in danno di altri dell’errore.