[A cura di: avv. Michele Orefice – Foro di Catanzaro] Il fenomeno della morosità condominiale continua a mettere a dura prova le capacità gestionali degli amministratori di condominio, che sono costretti ad adoperarsi per far rientrare gli incassi mancanti dei condòmini.
In realtà il mancato pagamento delle quote condominiali è diventato un vero e proprio fenomeno sociale, che interessa all’incirca un terzo dei condòmini, da nord a sud, facendo registrare percentuali di morosità molto elevate e tali da pregiudicare la normale erogazione dei servizi. Del resto, la tendenza di sottrarsi al pagamento delle spese condominiali ormai è diventata una prassi consolidata per molti condòmini, che hanno il malcostume di addurre le scuse più svariate per non pagare, alle scadenze prestabilite, le rate approvate dall’assemblea di condominio. Tra le scusanti più diffuse abbondano frasi del tipo: “non stavo bene”, “ho problemi di liquidità”, “ho dovuto pagare le tasse”, “il mio inquilino non sta pagando”.
Va da sé che in condominio una simile prassi non può consentire all’amministratore di far fronte, puntualmente, a tutte le spese condominiali, costringendolo piuttosto a pagare con gradualità le fatture, in ragione delle risorse disponibili e del tipo di fornitore richiedente.
Di solito, le fatture emesse per le forniture periodiche, tipo luce e gas, sono sempre in cima alla lista dei pagamenti e vengono saldate nei termini, per evitare che il gestore sospenda il servizio, a causa della morosità condominiale, mentre le fatture per i canoni idrici passano in secondo piano, perché è inverosimile che il Comune possa interrompere l’erogazione dell’acqua potabile. Fatto sta che nei rendiconti di fine esercizio, si continuano a registrare i dissesti finanziari tra entrate e uscite, che costringono il condominio a sopravvivere in un continuo stato di emergenza, riducendo all’osso le manutenzioni. Ne consegue che i debiti del condominio aumentano e i creditori battono cassa minacciando di ricorrere alle vie legali, per recuperare i loro crediti.
In simili ipotesi spetta all’amministratore decidere quali azioni intraprendere, per reperire i fondi necessari a far fronte alle spese condominiali. Ed in tale ottica l’art. 1129 comma 9 c.c. stabilisce che l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai condòmini, anche ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., promuovendo il procedimento monitorio sulla scorta dello stato di riparto delle spese approvato dall’assemblea condominiale.
Nel caso in cui l’amministratore dovesse decidere di agire in via monitoria, per recuperare il credito, dovrebbe, però, anche stabilire nei confronti di quali condòmini morosi agire e soprattutto quando proporre il relativo ricorso giudiziale. Attualmente è ragionevole pensare che l’amministratore diligente non debba ricorrere per forza al decreto ingiuntivo nei confronti dei condòmini morosi, che pagano un po’ alla volta.
Si sa che i ritardi nei pagamenti delle quote ormai rappresentano la regola in condominio. Immaginiamo, per esempio, che il piano rateale preventivo del condominio sia composto da sei rate bimestrali e che la maggioranza dei condòmini non paghi puntualmente le rate, limitandosi a corrispondere acconti nelle date più svariate. Nell’ipotesi, volendo essere fiscali, si dovrebbe agire a partire dalla scadenza della prima rata, nei confronti di tutti i morosi, e poi a seguire, per tutte le altre rate che andranno a scadere, sul presupposto che, ai sensi del comma 9 dell’art. 1129 c.c., “l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso”. In altri termini, si tratterebbe di depositare un ricorso per decreto ingiuntivo ogni due mesi nei confronti di tutti i condòmini insolventi.
Tuttavia, nella prassi condominiale è raro che un amministratore depositi, già nei primi sei mesi dell’anno, tanti ricorsi per decreto ingiuntivo per quante sono le rate insolute, anche perché in presenza di una morosità condominiale diffusa, l’applicazione rigida della norma suddetta comporterebbe un danno per i condòmini solventi. Basti pensare al fatto che le spese di avvio del procedimento monitorio vanno anticipate dai proponenti e l’avvocato va remunerato. Non è raro il fatto che l’avvocato possa pretendere dal condominio un anticipo delle sue competenze, oltre alle spese vive per contributi, marche e notifiche, e non è neanche raro che l’amministratore sia privo delle risorse disponibili, per pagare le spese condominiali e pure l’avvocato.
In proposito qualcuno potrebbe essere portato a pensare che si tratta di un falso problema, perché è sufficiente che l’assemblea approvi un fondo spese finalizzato a sostenere i costi per l’assistenza legale. In particolare, tale fondo può essere finalizzato al recupero forzoso delle morosità condominiali (Trib. Milano n. 9308/2017) sebbene “gli esborsi sostenuti per l’assistenza legale del condominio in una controversia nei confronti del condomino moroso non possono essere posti interamente a carico di quest’ultimo in assenza di una pronuncia giudiziale di condanna del medesimo, pena la nullità della delibera” (Trib. Roma n. 6607/2018).
Ma nel caso in cui la morosità sia diffusa in condominio e magari riguardi anche i condòmini con i maggiori millesimi, chi dovrebbe approvare il fondo per le spese legali? Forse gli stessi insolventi? Per giunta, in materia condominiale, l’unica norma che parla di costituzione di fondi è l’art. 1135 n. 4 c.c., ma soltanto per opere di straordinaria manutenzione e non per spese legali, sebbene le spese legali siano da considerare necessarie per la gestione condominiale. Inoltre, è risaputo che in condominio non esistano criteri certi in tema di anticipazione delle spese legali.
È vero, però, che nulla vieta ai condòmini di fornire, con dovizia, l’amministratore di danaro con libertà di utilizzo, ma ciò potrà farsi solo con il consenso di tutti o se tutti si rimettono alla delibera della maggioranza (Trib. Milano Sez. XIII, Sent., 05-02-2013; Tribunale Milano 29.9.2005).
Malgrado tutto, a chi potrebbe chiedere l’amministratore di anticipare le spese legali se non ai condòmini in regola con i pagamenti? Per tali ragioni, sebbene non esista alcun limite minimo per far valere la pretesa creditoria del condominio, in via giudiziale, è consigliabile che l’amministratore classifichi le morosità dei condòmini, procedendo per gradi nei confronti delle posizione debitorie più gravose, contenendo così le anticipazioni delle spese legali da parte dei solventi.