[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.avvocatoandreamarostica.it] L’art. 70 disp. att. c.c. prevedeva, nella versione antecedente la riforma del 2012, che per le infrazioni al regolamento di condominio potesse essere stabilito a titolo di sanzione il pagamento di una somma fino a lire 100, da devolvere al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.
La Legge 11 dicembre 2012, n. 220, ha adeguato il tetto massimo dell’importo della sanzione, che oggi può arrivare fino ad euro 200; è stato inoltre previsto che, in caso di recidiva, la somma può arrivare fino ad euro 800.
Il D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in L. 21 febbraio 2014, n. 9, ha aggiunto la previsione secondo la quale l’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.
“Pena privata, multa convenzionale, mezzo disciplinare di cui l’amministratore può servirsi per curare l’osservanza del regolamento, regola forfettaria di risarcimento del danno quantificata in via preventiva conseguente all’inadempimento da parte del condomino?” si chiedeva un autore (1) in merito alla natura giuridica della sanzione per l’infrazione al regolamento.
La giurisprudenza ha affermato che l’imposizione di una sanzione, disposta dal regolamento di condominio, non assume natura negoziale, non risolvendosi in una limitazione dei diritti dei singoli condòmini sulle cose comuni o sulle proprietà esclusive, in quanto si riferisce alla disciplina dell’uso delle cose comuni dell’edificio in comunione (2); si tratta, dunque, di uno strumento di natura regolamentare (3).
È stato inoltre osservato che, poiché la sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita, a maggior ragione non si può ritenere che sia consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie, ovvero diversamente afflittive, ciò che sarebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento che non consentono al privato – se non eccezionalmente – il diritto di autotutela (4).
In un arresto giurisprudenziale risalente nel tempo (5), si è ritenuto che un regolamento contrattuale possa prevedere delle sanzioni pecuniarie per l’inosservanza delle disposizioni in esso contenute, le quali rappresentano una forma di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento di obbligazioni contrattualmente assunte forfettariamente quantificato in via preventiva e come tali riconducibili all’istituto della clausola penale.
L’art. 70 disp. att. c.c. è stato oggetto di ricorso alla Corte Costituzionale, poiché ne è stata messa in dubbio la legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 Cost. Ad avviso del giudice remittente, infatti, il limite sanzionatorio di lire 100 (equivalente a euro 0,052) era irragionevole ed anacronistico ed inoltre si poneva quale ostacolo all’esercizio dell’autonomia privata e all’ordinato godimento dei beni comuni, in quanto pregiudicava la libertà dei condomini di stabilire sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità dei comportamenti contrari al regolamento.
La Corte Costituzionale (6) ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale proposta, poiché appartiene alla discrezionalità del legislatore ogni determinazione relativa all’entità delle sanzioni, la cui modifica è quindi al medesimo riservata.
La giurisprudenza di legittimità (7), d’altra parte, aveva chiarito che, qualora nel regolamento condominiale sia inserita, secondo quanto stabilito eccezionalmente dall’art. 70 disp. att. c.c., la previsione di una sanzione pecuniaria, avente natura di pena privata, a carico del condomino che contravvenga alle disposizioni del regolamento stesso, l’ammontare di tale sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dallo stesso art. 70 e pari ad euro 0,052.
In dottrina (8) è stato osservato che a favore della possibilità di innalzare la soglia massima della sanzione non si potrebbe invocare il fatto che l’art. 70 disp. att. c.c. non rientra tra le disposizioni che il successivo art. 72 dichiara inderogabili; la limitazione al potere regolamentare è già implicita nella formulazione dell’art. in parola; se infatti, il regolamento può prevedere sanzioni pecuniarie “fino” ad un certo importo, è evidente che non può prevedere sanzioni che tale importo superino.
Su di un piano generale, si è sottolineato (9) che le norme che prevedono c.d. pene private costituiscono un’anomalia della reazione rispetto allo schema tipico del risarcimento del danno e, quindi, sono di stretta interpretazione.
Prima della riforma, il compito di irrogare la sanzione spettava all’amministratore del condominio.
Affermava infatti la giurisprudenza (10) che l’amministratore, essendo tenuto a curare l’osservanza del regolamento di condominio ex art. 1130 c.c., è legittimato ad agire in giudizio per ottenere la cessazione degli abusi posti in essere da un condomino, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare e, inoltre, ha la facoltà di irrogare a detto condomino una sanzione pecuniaria, qualora ciò sia previsto dal regolamento, ai sensi dell’art. 70 disp. att. c.c.
Si segnala l’opinione (11) di chi ha affermato che nel regolamento deve essere indicato quali organi di amministrazione (assemblea o amministratore) hanno il compito di accertare l’infrazione a carico del singolo condomino e condannarlo al pagamento della somma e che al condomino spetta, inoltre, il ricorso all’assemblea o all’autorità giudiziaria contro l’atto dell’amministratore o la deliberazione dell’assemblea, ai sensi rispettivamente degli artt. 1133 e 1137, co. 2, c.c., quando ritenga che la sanzione gli sia stata ingiustificatamente applicata.
Sotto questo profilo, la riforma ha fatto chiarezza affermando expressis verbis che l’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.
La sanzione è applicabile ai conduttori? La giurisprudenza ha precisato che la sanzione in parola, attesa la sua natura eccezionale di c.d. pena privata avente come destinatari i condòmini, non è applicabile nei confronti dei conduttori delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, i quali, benché si trovino a godere delle parti comuni dell’edificio, rimangono tuttavia estranei all’organizzazione condominiale (12).
Tale conclusione è stata criticata in dottrina (13), laddove è stato lucidamente osservato che, se le clausole del regolamento condominiale che prevedono vincoli di destinazioni e restrizioni nell’uso di parti di proprietà esclusiva o di parti comuni si considerano, secondo un orientamento pacifico, opponibili anche nei confronti di chi abbia acquistato un diritto (personale o reale) di godimento su una delle unità immobiliari comprese nel condominio, non si comprende perché gli stessi soggetti non dovrebbero subire le conseguenze sanzionatorie previste per le violazioni al regolamento stesso.
La sanzione disciplinata dall’art. 70 disp. att. c.c. può essere irrogata per le infrazioni al regolamento di condominio. La previsione è opportunamente generica. É stato osservato in proposito (14) che giustamente la riforma non ha tipizzato i comportamenti sanzionabili, purché essi si riconnettano ad una violazione del regolamento, che potrà riguardare l’uso delle cose comuni, la tutela del decoro, l’utilizzo dei servizi condominiali, ecc.. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, dovrà trattarsi di una condotta imputabile, per dolo o per colpa, al trasgressore (15).
NOTE
(1) Terzago, Il condominio, Milano, 2010, 409. (2) Cass. civ., 15 gennaio 1976, n. 132. (3) Trib. civ. Napoli, 11 giugno 2005. (4) Cass. civ., 20 febbraio 2014, n. 820. (5) Pret. civ. Milano, 13 marzo 1986. (6) Corte Cost., 11 dicembre 1997, n. 388. (7) Cass. civ., 21 aprile 2008, n. 10329. (8) Triola, Il regolamento di condominio, in Il nuovo condominio, a cura di Triola, Torino, 2013, 465. (9) Moscati, Pena privata ed autonomia privata, in Riv. dir. civ., 1975, I, 521. (10) Cass. civ., 26 giugno 2006, n. 14735. (11) Salis, Il condominio negli edifici, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Vassalli, Torino, 1959, 431 ss.. (12) Cass. civ., 17 ottobre 1995, n. 10837. (13) Colonna, Art. 70 disp. att. c.c., in InPratica Immobili, Codice Commentato, Milano, 2015. (14) CELESTE, Il regolamento, in Celeste-Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, 820. (15) CELESTE, cit., 823.