[A cura di: avv. Valerio Antonio Orlando – presidente sede A.L.A.C. di Cassino] Nell’epoca dei super eroi cinematografici, seppur in maniera defilata, è stata concepita anche l’idea del supercondominio. Di super ha forse solo il nome, ma di certo ha avuto una storia travagliata tanto quella degli amati personaggi del grande schermo.
In primo luogo, fughiamo qualsiasi dubbio interpretativo sul termine “supercondominio”, atteso che è introvabile sia nel nostro codice civile o in leggi speciali. Il legislatore italiano non ha mai ritenuto utile inserire la definizione supercondominio in nessun disegno di legge, neanche nella ormai nota riforma del condominio L. 220/2012.
All’art. 1117 bis c.c. vi è un evidente riferimento alla tipologia strutturale del supercondominio, tuttavia senza mai citarlo. Il predetto articolato, difatti, testé recita “Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117”.
Con il termine “supercondominio”, infatti, s’intende la fattispecie legale che si riferisce ad una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola etc..
È evidente, pertanto, come la L. 220/2012 abbia riconosciuto l’esistenza della fattispecie del supercondominio, seppur non in maniera palese. Diventa ancora più chiaro tale riconoscimento quando in merito alle modalità di convocazione assembleare l’art. 66 disp. att. c.c. ci indica quanto segue “Nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condomini e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condomini interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condòmini”.
Nonostante questi inequivocabili segni di presenza del supercondominio all’interno del codice civile, la formazione della predetta tipologia di edificio in condominio è rimasta anche dopo la riforma un punto oscuro, non avendo il Legislatore definitone i contorni.
Si è ipotizzato negli anni che fosse necessaria una delibera di costituzione del supercondominio, ovverosia applicando l’art. 61 disp. att. c.c. relativo alla separazione di un condominio, che la prevede con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’art. 1136 del codice.
In verità la Giurisprudenza, venuta in soccorso del sempre deficitario Legislatore, ha chiarito che non solo non vi sono procedure indicate dal codice per la costituzione del supercondominio, ma soprattutto che le stesse non sono necessarie.
La Cassazione già con la sentenza n°17332/2011, poi, affermava che “…la Corte territoriale nell’accertare la costituzione del supercondominio – si è correttamente attenuta al principio di diritto secondo cui come, in vero, la particolare comunione regolata dall’art. 1117 cod. civ., e segg., si costituisce, ipso iure et facto, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, nel momento in cui l’unico proprietario di un edificio questo frazioni in più porzioni autonome la cui proprietà esclusiva trasferisca ad una pluralità di soggetti od anche solo al primo di essi, ovvero più soggetti costruiscano su un suolo comune, ovvero quando l’unico proprietario di un edificio ne ceda a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento che ad esso dà origine, così anche il supercondominio, istituto d’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale basato sull’interpretazione estensiva delle norme dettate per il condominio negli edifici, viene in essere, del pari ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati (Cass., Sez. 2a, 31 gennaio 2008, n. 2305)” (Cass. 17 agosto 2011 n. 17332)…”.
La Suprema Corte ha perfettamente chiarito come la costituzione del supercondominio avviene ipso iure et facto, al momento stesso in cui viene a sussistere la condizione minima per l’applicazione della materia degli edifici in condominio, ovverosia n. 2 proprietari di parti comuni. L’unico elemento che può essere ostativo è il cosiddetto titolo contrario, ovverosia un regolamento di condominio contrattuale, con il quale viene posto il divieto all’applicazione della tipologia del supercondominio.
Recentemente il Tribunale di Napoli Nord con la sentenza n. 2627/2019 del 09.10.2019 ha ha fatto propri i richiami della Cassazione, stabilendo tra le varie cose quanto segue “Secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione, che lo scrivente ritiene di seguire, il condominio, infatti, viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, e tanto meno di approvazioni assembleari, nel momento in cui l’unico proprietario di un edificio ne ceda a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento che ad esso dà origine ( Cass. n. 886/2011; Cass. n. 17332/2011; Cass. n. 27094/2017)”.