A cura dell’avv. Rodolfo Cusano
Sempre più spesso, in condominio, l’uso del cortile diventa oggetto del contendere per le diverse necessità vantate dai condomini. Dietro di queste si nascondono: sia veri e propri diritti che pretese di carattere personale, dove il discrimine è difficile da operare. Per cui sia l’amministratore che l’assemblea, privi di una bussola, corrono il rischio di ritrovarsi in un mare in tempesta (contenzioso).
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Le mosse della nostra disamina debbono necessariamente cominciare dal principio dettato dall’art. 1102 c.c, testualmente: “
Art. 1102 c.c. – Uso della cosa comune.
— Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto [2256]. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa [1108].
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso [714, 1164].
Secondo quanto disposto dal legislatore, la disciplina giuridica della comunione (articolo 1100 e segg. cod. civ.) è volta a regolare i rapporti tra comproprietari nell’uso e nel godimento della cosa comune (articolo 1102 cod. civ.), a fissare i limiti entro cui è consentito il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione del bene comune o sono permesse le innovazioni e la disposizione della cosa comune.
Peraltro, l’articolo 1102 cod. civ. – che costituisce la norma fondamentale in materia di comunione (applicabile anche alla materia del condominio degli edifici in virtu’ del richiamo contenuto nell’articolo 1139 cod. civ.) – consente a ciascun partecipante alla comunione di servirsi della cosa comune “purche’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto“.
La medesima ratio è posta a fondamento degli articoli 1108 e 1120 cod. civ., che consentono le innovazioni deliberate dalle maggioranze ivi previste, ma sempre a condizione che si tratti di innovazioni che non pregiudichino l’uso e il godimento della cosa comune da parte di alcuno dei partecipanti.
Le due condizioni d’uso della cosa comune, consistenti, a norma dell’art. 1102 cod. civ., nella non alterazione della cosa stessa e nel non impedimento agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto, debbono necessariamente coesistere, onde a rendere illecito l’uso è sufficiente la sola alterazione della cosa, determinata non solo dal mutamento della sua funzione ma anche dal suo scadimento a deteriore condizione.
In condominio al fine di determinare la portata e l’estensione del godimento spettante a ciascun partecipante sui beni comuni, nonché di accertare l’eventuale esistenza, in favore del singolo condomino, di particolari diritti di utilizzazione, contrastanti con la destinazione normale dei beni medesimi, occorre tener presente la situazione al momento della nascita del condominio, in relazione alle disposizioni del suo atto costitutivo e del regolamento, rimanendo irrilevante l’eventuale diversità della situazione medesima in epoca anteriore.
Inoltre, il diritto del condomino di usare le parti comuni dell’edificio, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso (artt. 1102 e 1139 cod. civ.), implica per questi ultimi l’obbligo di comportarsi in modo da non rendere impossibile, e
ingiustificatamente più gravoso, l’uso del singolo e così il dovere di quell’attiva cooperazione necessaria per l’uso del condomino.
Limiti all’uso
La nozione di pari uso della cosa comune che ogni compartecipe nell’utilizzare la cosa medesima deve consentire agli altri, a norma dell’art. 1102 cod. civ., non va intesa nel senso di uso identico perché l’identità nello spazio o addirittura nel tempo potrebbe importare il divieto per ogni condomino di fare della cosa comune un uso particolare o a proprio esclusivo vantaggio. Ne deriva che per stabilire se l’uso più intenso da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti al condominio — e perciò da ritenersi non consentito a norma dell’art. 1102 — non deve aversi riguardo all’uso fatto in concreto di detta cosa da altri condomini in un determinato momento, ma di quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (Cass. 23-3-95, n. 3368) .
Il diritto dell’handicappato all’assegnazione di un posto auto più vicino al portone di accesso all’immobile in sua proprietà, sul cortile comune
Premesso, quindi, che trattasi di discussione in ordine al diritto stesso del condomino ad un determinato uso della cosa comune e che, quindi, la relativa controversia rimane soggetta agli ordinari criteri della competenza per valore, prima di inoltrarsi nella disamina è opportuno precisare che, in considerazione del valore indeterminabile dell’impugnativa della delibera che rigetta la richiesta di assegnazione di un posto auto l’organo competente dovrebbe essere il Tribunale.
Al riguardo il Tribunale di Verbania con la recente sentenza del 02/12/2020 ha fatto il punto della situazione:” In particolare si osserva che l’interesse del portatore di handicap ad ottenere, nell’ambito del cortile condominiale, un posto auto da riservarsi ai disabili è ricollegabile al diritto inviolabile ad una normale vita di relazione, tutelato dall’art. 2 Cost. ed al diritto alla salute ex art. 32 Cost. Detti valori si reputano preminenti a fronte della proprietà ex art. 42 c. 2 Cost., che può al contrario subire limitazioni al fine di assicurare il dovere di solidarietà, enunciato dall’art. 2 Cost., che mira a consentire proprio l’adeguato svolgimento della personalità, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono al superamento di situazioni di disuguaglianza (ex art. 3 c. 2 Cost). La tutela di tali principi ha trovato consacrazione nella L. n. 13 del 1989 nonché nella Legge n. 104 del 1992.
Alla luce di tale quadro normativo e dei principi di rango costituzionale desumibili dagli artt. 32,2,3, e 42 c. 2 Cost. anche l’art. 1102 c.c. deve essere interpretato alla luce di questi ultimi, contemperando i diritti di tutti i condomini all’utilizzo delle parti comuni con quelli di chi, trovandosi in condizioni di ridotta capacità o incapacità motoria, ha bisogno di strutture o servizi che gli consentano di raggiungere o entrare agevolmente nell’edificio o di fruire dei relativi spazi in condizione di adeguata autonomia. (Conformi Trib. Como 27/10/2017; Trib. Avellino 27/06/1979; Trib. Bologna 07/04/2006).”
E’ nulla la delibera con cui si assegna un posto in via esclusiva
Non possiamo concludere la nostra disamina senza far riferimento ad un recente intervento della Suprema Corte che a sezioni unite ha stabilito la nullità della delibera per l’assegnazione esclusiva e per un tempo indefinito di posti auto nel cortile condominiale ( Cass. SS.UU. n. 28972 del 17 dicembre 2020).
Risulta chiaro che nella presente disamina non si parla di un’assegnazione in via esclusiva e per un tempo indeterminato. Ma questo vale per tutti i posti auto che esistono in condominio. Infatti, è nulla, anche se addirittura assunta all’unanimità, la delibera che assegni in via esclusiva e per un tempo indefinito i posti auto all’interno di un’area condominiale, in quanto determina una limitazione all’uso e al godimento, (in violazione dell’art. 1102 c.c.) che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune (Cass. II, n. 1898/2017). Mentre è da considerare invece legittima la delibera assembleare che, in considerazione dell’insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, ma costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte dell’assemblea. Essa neppure comporta una violazione dell’art. 1138 c.c. in quanto non impedisce il godimento individuale del bene comune, ed evita, piuttosto, che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna, tale da negare l’avvicendamento nel godimento o da indurre all’incertezza del suo avverarsi (Cass. II, n. 12485/2012).
CONCLUSIONI
Ed allora non vi è chi non vede che nell’attuale disciplina dei posti auto nel cortile condominiale, in primo luogo occorre tener presente che:
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione a SS.UU. con la sentenza n. 28972 depositata il 17 dicembre 2020. Sul punto a risolvere il contrasto di giurisprudenza la Suprema Corte ha ritenuto che “l’uso esclusivo” di cui all’art. 1021 c.c. non può ritenersi sussistente nelle fattispecie in condominio in quanto il diritto d’uso previsto dalla norma in richiamo è quello che concede al titolare, di servirsi di una cosa per quanto occorra ( es e fruttifera di raccoglierne i frutti) a sé ed alla sua famiglia. Il diritto d’uso non si può cedere o dare in locazione e la durata secondo quanto previsto dall’art. 979 c.c. non può eccedere la vita del titolare, se persona fisica, o trenta anni se persona giuridica. Esso, infatti, non solo non è previsto dall’ordinamento ma non può nemmeno essere il prodotto dell’autonomia negoziale, atteso il carattere della tipicità che contraddistingue i diritti reali.
2)Sussiste il diritto dell’handicappato all’assegnazione di un posto auto più vicino al portone di accesso all’immobile in sua proprietà, sul cortile comune.
Infatti, nella fattispecie in esame, che vede la compressione di un diritto all’uso della cosa comune, la Corte di Cassazione ebbe già ad esprimersi ritenendolo consentito laddove la: ”modesta compressione del diritto all’uso comune sia giustificata dall’interesse altrui ad un più proficuo uso e non rechi in concreto alcun serio pregiudizio o grave sacrificio” (Cass. 1572/2000).
Così la richiamata sentenza del Tribunale di Verbania, nel fare buon uso di detti principi nel caso concreto ha finito per così decidere: “ …Il diritto del portatore di handicap, con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, di poter parcheggiare il più vicino possibile all’ingresso condominiale e cioè ad uno dei sette stalli ricavati nel cortile, deve ritenersi preminente rispetto all’interesse degli altri condomini, per i quali non sono state dedotte analoghe difficoltà; essi infatti possono comunque godere di altri sei stalli, oltre che del parcheggio pubblico limitrofo e dei box di proprietà esclusiva….”