[A cura di: dott. Andrea Tolomelli – presidente nazionale Abiconf]
L’istituto del condominio negli edifici, previsto agli articoli 1117 e seguenti c.c., è un tipo di proprietà, caratterizzato dall’esistenza di più parti comuni a servizio delle diverse proprietà esclusive dei singoli condòmini.
La gestione, manutenzione e conservazione delle c.d. parti comuni (spazi, locali, cose ed impianti) spetta in primis ai singoli condòmini comproprietari, i quali in sede assembleare, deliberano gli interventi occorrenti alla manutenzione ed all’innovazione delle stesse, stanziano i fondi necessari e nominano un amministratore per l’esecuzione delle delibere, l’incasso delle quote dagli stessi e l’erogazione delle provvidenze per l’attuazione degli impegni assunti in sede deliberante.
Infatti, a mente dell’articolo 1135 del c.c. l’assemblea dei condòmini provvede: “1) alla conferma dell’amministratore e all’eventuale sua retribuzione; 2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condòmini; 3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore ed all’impegno del residuo attivo della gestione; 4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base ad un contratto d’appalto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti. L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea”.
Tale norma va interpretata accordandola con il disposto dell’articolo 1130 punti tre e quattro, in materia di attribuzioni dell’amministratore, in virtù dei quali: “(3) l’amministratore riscuote i contributi ed eroga le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni” e “(4) compie gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio”.
Il combinato disposto delle sopra menzionate norme, comporta che all’amministratore del condominio, è attribuito ope legis, il compito di provvedere a tutti quegli atti occorrenti al normale funzionamento delle cose comuni, quali il pagamento delle diverse utenze e la disposizione degli interventi, cosiddetti di manutenzione ordinaria, volti a garantire il regolare funzionamento degli impianti condominiali e la fruibilità degli spazi comuni, nei limiti delle istruzioni assembleari e delle disponibilità economiche a quest’ultimo concesse dagli stessi condomini.
Come pure all’amministratore è riconosciuta in caso di urgenza, la facoltà di disporre di proprio ufficio, con effetto vincolante per tutti i condòmini, interventi straordinari ed il dovere di compiere tutti quegli atti conservativi dei diritti dei condòmini inerenti alle parti comuni.
Il Legislatore attribuisce, pertanto, in capo ai condòmini, nell’ambito di precise procedure volte ad assicurare un equa partecipazione di tutti (art. 1136 c.c. e art. 66-67 disp. att. c.c.), il dovere di manutenere le parti comuni, riconoscendo nel contempo a quest’ultimi la facoltà, e l’obbligo nel caso di condomini composti-– ora a seguito della legge di riforma 220/2012 – da più di otto condòmini (ex art. 1129, primo comma c.c.), di nominare un amministratore affinché provveda all’esecuzione dei deliberati assembleari e a tutte quelle azioni necessarie ad assicurare ai condomini il godimento dei beni comuni; amministratore che, per legge, avrà altresì il dovere di prendere tutte quelle decisioni, imposte dall’urgenza, vuoi manutentiva, vuoi di tutela dei diritti dei condòmini che non potrebbero attendere i tempi necessari al formarsi della volontà assembleare.
In quest’ottica, il Legislatore, riserva in esclusiva all’amministratore il compito di porre in essere i deliberati assembleari e le conseguenti spese, prevedendo all’articolo 1134 c.c. che: “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso salvo che si tratti di spesa urgente”.
A tal proposito interessante riportare la recente sentenza del Tribunale Salerno di sez. I, 02/11/2017, n. 4970 a mente della quale:
Nell’ambito del condominio, la spesa autonomamente sostenuta da uno dei condòmini è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c.: di fatti, il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente (art. 1134 c.c.). Il condomino non ha l’obbligo, ma solo la facoltà di provvedere alle riparazioni urgenti anticipandone le spese. Vanno considerate “urgenti” quelle spese che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune. In concreto va considerata urgente la spesa la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, nell’attesa che l’amministratore (o l’assemblea dei condòmini), valutandone l’indispensabilità, possa impartire le necessarie disposizioni per compierla.”.
Si osservi poi che, il potere dell’amministratore di disporre interventi straordinari, nel caso di urgenza non incontra il limite della delibera assembleare (di autorizzazione o di ratifica) ma semplicemente questi ne dovrà dare contezza ai condòmini alla prima assemblea utile.
Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10144 del 19 novembre 1996, ha esplicitato che, l’articolo 1135 c.c. ultimo comma abilita l’amministratore ad ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere d’urgenza, imponendogli l’obbligo di riferire all’assemblea; obbligo che rientra nel generico dovere dell’amministratore di rendere il conto della sua gestione ai condòmini e che pertanto non può essere compreso nella necessità di ratifica di un atto esorbitante dal mandato. L’inosservanza di tale obbligo non preclude il diritto dell’amministratore al rimborso delle spese riconosciute urgenti nei limiti in cui il Giudice le ritiene giustificate.
Il concetto di urgenza va inteso come impossibilità di differire all’assemblea la decisione, essendovi il fondato motivo, secondo un prudente apprezzamento, di temere che, nel periodo occorrente per la convocazione dei condòmini, possano verificarsi eventi lesivi per persone o cose.
Più precisamente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9289 del 16 aprile 2018 ha precisato che, l’urgenza ricorre quando, secondo un comune metro di valutazione, gli interventi appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa.
Così poi la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4684 del 28 febbraio 2018 ha affermato che: “Ai fini dell’applicabilità dell’art. 1134 c.c., il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso delle spese effettuate a meno che non provi che si trattava di interventi urgenti e improrogabili.”.
Premesse cosi, sia pure per sommi cenni, le competenze degli organismi che caratterizzano il Condominio, ovverosia l’amministratore e l’assemblea, occorre a questo punto della trattazione, puntualizzare i concetti di manutenzione ordinaria e straordinaria anche in relazione agli interventi di c.d. “messa a norma”, come pure il significato di urgenza, al fine di meglio inquadrare l’ambito di operatività dell’amministratore di condominio e le connesse responsabilità.
La manutenzione ordinaria comprende in buona sostanza tutte quelle opere volte al mantenimento in efficienza del bene comune, che si rendono necessarie periodicamente, distinguendosi dalle manutenzione straordinaria per l’eccezionalità dell’evento. Rientrano dunque nel campo della manutenzione straordinaria tutti quegli interventi che si collegano ad eventi improvvisi, non prevedibili.
Vi è poi un terzo “genus” di opere, costituito da tutti quegli interventi definiti genericamente di “messa a norma”, ovverosia di adeguamento del bene alle normative di sicurezza o ai criteri di prudenza ed attenzione proposti dalla moderna tecnica e recepiti dalla legislazione edilizia. Tali opere spesso comportano la sostituzione di componenti costruttivi dei beni comuni, di per sé funzionanti, sia pure secondo i canoni di realizzazione dell’epoca della loro installazione, oppure la modifica materiale o aggiunta di parti, dispositivi o ingranaggi. Può pertanto ritenersi che, le opere di “messa a norma”, siano per loro natura più propriamente assimilabili alle manutenzioni straordinarie, piuttosto che a quelle ordinarie.
Considerato poi che gli interventi di “messa in sicurezza” attendono all’incolumità delle persone e cose, questi, in virtù del sopra citato ultimo comma dell’articolo 1135 c.c. potrebbero così rientrare nel sindacato dell’amministratore di condominio.
L’operatività dell’amministratore di condominio è però limitata – anche in questo caso – al dovere di eseguire le sole opere indifferibili e strettamente necessarie, non potendo disporre opere manutentive straordinarie in assenza di delibera assembleare. A tal proposito si noti che il Legislatore, in sede di riforma dell’istituto del condominio con la legge 220 del 2012, anche per quelle innovazioni volte al miglioramento delle condizioni di sicurezza ha comunque previsto la necessaria delibera assembleare sia pure riducendo i quorum deliberativi rispetto alle innovazioni ordinarie.
Nell’esercizio del potere dispositivo di quest’ultimi interventi, l’amministratore dovrà ponderare l’urgenza con il costo di tali opere, con le possibili soluzioni alternative ed intermedie, gli oneri occorrenti all’indire l’assemblea dei condòmini, come pure dovrà tener conto del disagio ed eventuali rischi connessi che potrebbe derivare ai condòmini dalla momentanea interdizione alla fruibilità del bene condominiale.
Pertanto può assumersi nei poteri dell’amministratore di condominio l’autorizzare ad esempio quegli interventi di adeguamento dell’impianto ascensore o del cancello automatico richiesti per questioni di sicurezza e che abbiano un costo tale da non giustificare i disagi e rischi di un fermo degli impianti nell’attesa di una decisione assembleare.
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 4232 del 07 maggio 1987 ha ritenuto che, nel caso di lavori diretti ad una miglior utilizzazione delle cose comuni o imposti da una nuova normativa, che comportino per la loro consistenza un onere di spesa rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla manutenzione dell’edificio e che eccede i limiti imposti dagli stessi condòmini ai poteri dell’amministratore, l’iniziativa del medesimo amministratore senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea è consentita solo se tali lavori presentino il carattere dell’urgenza. Difettando tale presupposto, continua la Corte, l’iniziativa assunta dall’amministratore stesso riguardo ai lavori straordinari non crea obbligazioni per i condòmini.