[A cura di: Antonietta Strada – mediatore civile] Osserviamo che cosa accade quando il giudice dispone che le parti tentino la conciliazione accompagnate da un mediatore civile, con un cenno alla materia condominiale.
La mediazione civile e commerciale può essere “volontaria”, “contrattuale”, “obbligatoria” ex lege (o “ante causam”) nelle materie indicate dall’art. 5 comma 1 bis D.Lvo 28/2010 (come condominio e locazione) e può infine anche essere “disposta” (o “demandata” o “delegata”) dal giudice nel corso del processo allorché questi, a norma dell’art. 5 comma 2, discrezionalmente valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, disponga l’esperimento del procedimento di mediazione, indipendentemente dalla materia su cui verte la controversia.
La mediazione disposta dal giudice può dunque riguardare qualunque controversia civile e commerciale attinente diritti disponibili, quindi sia in materia diversa da quelle indicate dal comma 1 bis dell’art. 5 come obbligatoria ex lege, sia in materia indicata da tale comma come obbligatoria ex lege quando il giudice valuti utile che le parti percorrano nuovamente la strada della conciliazione. La mediazione disposta dal giudice non deroga quella obbligatoria ex lege («Fermo quanto previsto dal comma 1 bis …»).
Valutando la natura della causa, il giudice verifica che la fattispecie concreta concerna diritti civili e commerciali rientranti nell’ambito di applicazione del decreto legislativo in esame.
Valutando lo stato dell’istruzione, egli considera quanto occorra alla causa per giungere a decisione e, in base a questo, se sia utile o meno la via conciliativa: può esserlo, per esempio, per evitare ad un condominio le spese e i tempi di una consulenza tecnica d’ufficio.
Valuta, poi, il comportamento delle parti, che può parere conciliativo o, al contrario, bisognoso della figura di un mediatore che le accompagni lungo una via stragiudiziale: in entrambi i casi, il giudice può ritenere utile una mediazione.
Il provvedimento con il quale il giudice dispone l’esperimento della mediazione è adottato da questi prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa.
Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6 (tre mesi) e contestualmente assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione presso un Organismo, sempre che questa non sia già stata presentata. In caso di mediazione disposta dal giudice, il dare avvio a tale procedimento è sottratto alla volontà delle parti (Tribunale di Firenze, 30.09.2014). Mentre in precedenza, infatti, il giudice poteva semplicemente “invitare” in modo non vincolante le parti a instaurare il procedimento di mediazione, a partire dal 2013 può addirittura “disporla”, rendendo in tal modo l’esperimento di tale procedimento, anche in sede di giudizio d’appello, condizione di procedibilità della domanda giudiziale per scelta del giudice.
Come per la mediazione obbligatoria ex lege, anche per la mediazione disposta dal giudice, se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo, la condizione di procedibilità si considera avverata (art. 5 comma 2 bis) e dunque ad essere sanzionato con l’improcedibilità è solo il mancato tentativo di conciliazione, non la mancata conciliazione.
Inoltre, la giurisprudenza ritiene che per la mediazione disposta dal giudice, dopo le dovute delucidazioni fornite dal mediatore, il primo incontro informativo debba obbligatoriamente portare, a meno che non vi siano impedimenti oggettivi, all’apertura del procedimento di mediazione con la partecipazione personale delle parti: la valutazione circa l’utilità e l’opportunità che le parti entrino in mediazione nella fattispecie concreta è già stata a monte effettuata dal giudice (per la mediazione obbligatoria ex lege, invece, è già stata fatta dal legislatore, ma ex ante e con riferimento al tipo di materia e dunque solo alla fattispecie astratta); si veda Corte d’Appello di Napoli, 31 ottobre 2017.
La Corte d’Appello di Milano (10 maggio 2017) ha ritenuto sussistere l’improcedibilità della domanda nel caso in cui le parti del procedimento di mediazione, in attuazione dell’ordinanza emessa dal giudice di invio alla mediazione delegata, compaiano dinanzi all’Organismo di mediazione e concordemente dichiarino di non volersi avvalere della suddetta procedura: così facendo, infatti, le parti svuotano di ogni contenuto sostanziale e funzionale lo stesso procedimento di mediazione, degradandolo a mero adempimento burocratico.
La sentenza 1° febbraio 2018 del Tribunale di Roma ha statuito che il mancato rispetto dell’ordine impartito dal giudice di dare avvio alla mediazione da lui disposta integra indiscutibilmente colpa grave, se non dolo; inoltre, l’ingiustificata mancata partecipazione al procedimento di mediazione può costituire valido motivo per la compensazione delle spese anche nei confronti della parte interamente vincitrice.
Può accadere che l’organo giudicante chieda il deposito di documentazione informativa dettagliata circa lo svolgersi del procedimento di mediazione disposto. In tal caso, occorre tenere presente che, sebbene la mediazione disposta dal giudice conservi la fondamentale caratteristica della riservatezza, quest’ultima copre totalmente il merito, ma non le modalità di svolgimento del procedimento. Ciò implica che il giudice ben possa chiedere al mediatore di verbalizzare, pur senza entrare nel merito, quale tra le parti non intenda proseguire nella mediazione oltre il primo incontro informativo, in modo tale da consentirgli le dovute valutazioni nel giudizio.
Con specifico riferimento alla materia del condominio, il Tribunale di Milano, 27 novembre 2015, ha ritenuto che, nel caso in cui il giudice abbia disposto la mediazione, il difensore del condominio possa depositare l’istanza di mediazione anche senza una nuova delibera condominiale: l’avvio del procedimento di mediazione in tal caso costituisce un’estrinsecazione del potere di assistenza e rappresentanza processuale, perciò il difensore ben può e deve proporre la domanda di mediazione nel termine disposto d’ufficio dal giudice, pena la dichiarazione d’improcedibilità della causa.
Interessante, infine, è il caso di un condominio che, senza previamente esperire il procedimento di mediazione, aveva promosso giudizio sommario di cognizione ex art. 702 c.p.c. Per ottenere la condanna di alcuni condòmini alla demolizione e rimozione di talune opere con ripristino della precedente situazione. A tal proposito, il Tribunale di Torino, con ordinanza del 23 marzo 2015, aderendo all’eccezione dei condòmini convenuti, ha rimesso le parti in mediazione perché non è il rito a determinare l’obbligatorietà della mediazione (in questo caso il contenzioso sommario), ma la natura della controversia (condominio).