[A cura di: avv. Amedeo Caracciolo (foto)] A dieci anni dall’entrata in vigore del D.lgs 28/2010, non poche sono le “questioni aperte” che coinvolgono la mediazione in condominio.
Le controversie in materia condominiale soggiacciono, come è noto, al tentativo di mediazione obbligatorio a pena di improcedibilità della domanda.
Ci si riferisce, in particolare, a quelle controversie derivanti dalla violazione o errata applicazione degli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. (così dispone l’art. 71-quater disp. att. c.c.).
A mero titolo esemplificativo si pensi a:
Prima di agire in giudizio in una delle controversie menzionate, l’attore dovrà necessariamente attivare il procedimento di mediazione proponendo apposita istanza presso un Organismo accreditato.
Ove ciò non avvenga, sarà onere del convenuto eccepire l’improcedibilità in prima udienza onde richiedere al magistrato adito di assegnare un termine perentorio per la proposizione della domanda di mediazione, che provvederà ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs 28/2010.
È questo ciò che accadeva nel primo dei due casi in commento.
Due condòmini comproprietari di un appartamento in condominio proponevano opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Salerno aveva ingiunto loro, in solido, il pagamento di oneri condominiali straordinari insoluti e già deliberati.
I due condòmini opponenti (formalmente attori, ma sostanzialmente convenuti) eccepivano il parziale adempimento delle loro obbligazioni e la cessazione della materia del contendere e proponevano, altresì, domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c..
Il condominio, nella comparsa di costituzione eccepiva l’improcedibilità dell’opposizione in quanto la stessa non era stata preceduta da apposita istanza di mediazione.
Il Giudice concedeva agli opponenti il termine di quindici giorni per l’assolvimento della condizione di procedibilità ma, dagli atti di causa, risultava che la domanda di mediazione era stata proposta solo da uno dei due condebitori solidali e che solo costui era comparso agli incontri volti alla conciliazione fino alla chiusura con verbale negativo del predetto procedimento di mediazione.
Da qui la riproposizione, da parte del Condominio, dell’eccezione di improcedibilità della domanda di opposizione del condebitore che non aveva proposto la domanda di mediazione.
A fronte di quanto sopra, il Tribunale di Salerno, avuto riguardo al condebitore rimasto “inerte”, ha dichiarato l’improcedibilità della sua opposizione a decreto ingiuntivo e della relativa domanda riconvenzionale. Ed infatti, trattandosi di condebitori solidali in un unico processo, attraverso la loro opposizione cumulativa al decreto ingiuntivo, il litisconsorzio che instaurava tra loro era facoltativo (argomento ex art. 103 c.p.c.). In altri termini, trattandosi di cause “scindibili”, ciascun opponente era tenuto ad esperire il tentativo di mediazione obbligatoria a pena di improcedibilità della domanda. L’istanza di mediazione, dunque, andava proposta da entrambi gli opponenti e non solo da uno di essi.
La sentenza in commento è di rilievo anche per un ulteriore aspetto.
Il Giudice ha onerato gli opponenti della proposizione dell’istanza di mediazione così aderendo all’orientamento maggioritario sull’argomento per il quale le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi, attesa l’ordinanza di rimessione della III sez. civ. n. 18741 del 12 luglio 2019.
Ulteriore questione concernente la mediazione nelle controversie condominiali viene in rilievo nei giudizi di impugnazione di delibera assembleare, atteso il termine perentorio di trenta giorni per chiederne l’annullamento (per vizi di annullabilità). Il predetto termine decorre dalla data della delibera per i condòmini dissenzienti o astenuti ovvero dalla data di comunicazione della deliberazione (rectius del verbale assembleare), per i condòmini assenti.
L’ultimo comma dell’art. 5 del D.lgs. n. 28/2010 prevede che dalla data di comunicazione alle altre parti la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e, dalla stessa data, impedisce la decadenza per una sola volta.
Problemi interpretativi sono sorti per l’ipotesi in cui la domanda di mediazione venga trasmessa, rispettando il predetto termine perentorio, all’Organismo di mediazione da parte dell’attore che vuol impugnare il deliberato assembleare ma la stessa venga protocollata e comunicata al Condominio convenuto, da parte dell’Organismo di mediazione adito, oltre il predetto termine di trenta giorni (di cui all’art. 1137, comma 2 c.c.).
Ebbene, è proprio tale questione che è stata affrontata dal Tribunale di Brescia nella recente sentenza n. 648 del 18 marzo 2020 che ha rigettato l’eccezione preliminare di intervenuta decadenza aderendo all’indirizzo per cui l’effetto impeditivo della decadenza, sulla base dei principi generalmente seguiti dalla giurisprudenza di legittimità e merito (ed anche dalla Corte Costituzionale) è collegato ad una attività del soggetto onerato. Pertanto, all’atto dell’instaurazione della domanda nel termine perentorio di trenta giorni il termine si intenderebbe rispettato, essendo demandata poi all’Organismo di Mediazione adito l’ulteriore attività di fissazione del primo incontro.
In particolare, il Tribunale lombardo, a sostegno della decisione effettua un’interessante considerazione in quanto assimila la proposizione della domanda di mediazione alla proposizione di un ricorso: ebbene, anche in questo caso, al pari del deposito del ricorso in Tribunale con relativa iscrizione al ruolo della causa, è dal momento dell’invio della domanda all’Organismo di mediazione che si impedirebbe il decorso del termine di decadenza.
Quanto appena detto anche in considerazione che, nei casi in cui la controparte non sia dotata di un indirizzo di posta elettronica certificata, la comunicazione di invito a partecipare alla mediazione potrebbe subire ritardi per cause non imputabili all’Organismo di mediazione adito.
Di segno radicalmente opposto, un più restrittivo orientamento (Trib. Milano sent. n. 12371/2018, Cass. 2273/2019) sostiene che la decadenza di cui all’art. 1137 c.c. è impedita solo dalla comunicazione alla controparte contenente la presentazione della domanda di mediazione corredata dall’indicazione della data del primo incontro.
A ben vedere, il successivo art. 8 del D.lgs. n. 28/2010 stabilisce che all’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti e che la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura dell’istante.
Dunque, come si vede, una attività dell’Organismo di mediazione adito è pur sempre necessaria (designazione del mediatore e fissazione data primo incontro). Quanto appena detto sembrerebbe rafforzare la similitudine tra la proposizione della domanda di mediazione ed il deposito del ricorso, cui pone riferimento il Tribunale di Brescia.
Tuttavia, l’art. 5, comma 6 del D.lgs. 28/2010 prevede che i termini di sospensione e decadenza decorrono dal momento della comunicazione alle altre parti non solo dell’istanza di mediazione ma anche dell’invito al primo incontro (la cui fissazione e l’indicazione della data sono a cura dell’Organismo stesso).
Si può concludere che, allo stato, l’orientamento seguito dal Tribunale di Brescia con la sentenza in commento n. 648 del 18 marzo 2020, pur risultando maggiormente rispettoso dell’art. 24 della Cost., si scontra con il sopra menzionato dato letterale.
È auspicabile e, prima ancora, opportuno un intervento chiarificatore del legislatore o, in mancanza, una netta presa di posizione della giurisprudenza che, viste le premesse, ben potrebbe coinvolgere anche il sindacato della norma da parte della Consulta, atteso che, in materia condominiale, il termine perentorio – già di per sé breve – è reso ancor più stringente da tali incertezze interpretative.
Ciò anche al fine di vedere ridotto il numero di contenziosi consequenziali. Del resto, la mediazione, al pari delle altre ADR, è stata introdotta nell’ordinamento con palesi intenti deflattivi.
Meno problematica risulta la questione del termine entro cui proporre la domanda giudiziale di impugnazione di delibera assembleare (oggi proponibile con atto di citazione e non più con ricorso) nel caso in cui fallisca la procedura conciliativa instaurata.
L’art. 5, ultimo comma del D.lgs 28/2010 espressamente stabilisce che, in tal caso, la domanda giudiziale deve essere proposta entro un nuovo (ed ultimo) termine di decadenza di trenta giorni che decorre dal deposito del verbale di mancato accordo presso la segreteria dell’Organismo adito.
In senso contrario vi è solo un precedente (Trib. Palermo sent. n. 4951/2015) il quale ha sostenuto che non decorrerebbe ex novo l’intero termine di trenta giorni ma solo quello che ne residui dalla comunicazione della delibera alla comunicazione della domanda di mediazione.
Si ribadisce, comunque, che tale isolato precedente giurisprudenziale non ha avuto alcun seguito.
In merito alla mediazione obbligatoria, l’art. 8, comma 5, del D.Lgs. n. 28 del 2010, come modificato dalla legge n. 148 del 2011, stabilisce che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio e che può, altresì, condannare la parte costituita che non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo pari al contributo unificato dovuto per il giudizio. (v. Trib. Torre Annunziata ord. 7 maggio 2016, nella fattispecie la parte resistente che non aveva contestato la ritualità della sua convocazione per il tentativo obbligatorio di conciliazione, né aveva giustificato la sua mancata partecipazione allo stesso, veniva condannata al versamento in favore dell’Erario della predetta somma).
A tal fine è opportuno segnalare il recente indirizzo interpretativo alla stregua del quale l’omesso raggiungimento della maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, necessaria per autorizzare l’amministratore alla partecipazione alla mediazione non integra ex se causa di esonero dall’appena menzionata condanna.