[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.avvocatoandreamarostica.it] La questione relativa alla modifica del regolamento di condominio, apparentemente semplice, si rivela complessa non appena si consideri che ci sono vari tipi di regolamento e, all’interno di essi, vari tipi di clausole. È quindi opportuno inquadrare correttamente l’argomento, operando le distinzioni fondamentali che consentono di muoversi con sicurezza tra i diversi tipi di documento ed i diversi tipi di previsioni in essi contenute.
Occorre distinguere anzitutto tra regolamento e singola clausola regolamentare.
Per regolamento si intende il documento che contiene l’insieme delle clausole regolamentari.
Per singola clausola regolamentare si intende la singola regola che disciplina uno specifico aspetto. Si tratta, in altre parole, di tenere distinti il “contenitore” (il regolamento inteso come documento) ed il “contenuto” (la singola clausola).
È possibile individuare due tipi di regolamento, in base al soggetto che forma il documento:
È possibile individuare due tipi di clausole regolamentari, in base al loro contenuto:
Alla luce delle distinzioni fatte nel paragrafo precedente, le ipotesi che in concreto possono darsi sono:
Si osservino due casi particolari, che possono darsi se l’assemblea approva un regolamento all’unanimità di tutti i partecipanti al condominio (“a mille millesimi”).
Il regolamento assembleare, in quanto approvato dall’assemblea, può contenere soltanto clausole tipiche, ovvero clausole che disciplinano le materie che l’art. 1138 c.c. indica come l’oggetto del regolamento di condominio.
Il regolamento contrattuale, invece, in quanto approvato all’unanimità dai condòmini con volontà negoziale (non importa se singolarmente nell’ambito del proprio atto di acquisto oppure congiuntamente nell’ambito di un’assemblea totalitaria), rappresentando dunque un vero e proprio contratto, può contenere clausole sia tipiche sia negoziali.
Entrambi i tipi di regolamento devono osservare il limite delle norme dichiarate inderogabili dall’art. 1138 c.c., ovvero gli artt. 1118, co. 2, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136, 1137 c.c. e gli artt. 63, 66, 67, 69 disp. att. c.c..
È stato osservato (1) che per un certo periodo in dottrina ed in giurisprudenza, quale conseguenza di una non esatta percezione della distinzione tra origine contrattuale di un regolamento e natura contrattuale di singole clausole contenute in un regolamento, si è sostenuto che tutte le disposizioni contenute nel c.d. regolamento contrattuale potevano essere modificate solo dall’accordo unanime dei condòmini.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (2) hanno invece chiarito che la natura della singola clausola regolamentare non dipende dalla natura del regolamento che la contiene, o meglio non ne dipende in ogni caso. Infatti, se certamente un regolamento c.d. assembleare (approvato dall’assemblea, a maggioranza o all’unanimità ma senza volontà negoziale) conterrà clausole che non potranno che essere tipiche, un regolamento c.d. contrattuale (predisposto dall’originario proprietario dell’edificio condominiale ed allegato ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, oppure formato con il consenso unanime di tutti i condomini) conterrà clausole che potranno essere tipiche o negoziali, il che dipenderà dalla materia disciplinata.
Nelle parole delle Sezioni Unite, avranno natura contrattuale soltanto quelle clausole limitatrici dei diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condòmini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre avranno natura assembleare quelle disciplinanti l’uso dei beni comuni.
Alla luce di quanto esposto, appare chiaro come sia più corretto parlare di modifica della clausola regolamentare, invece che di modifica del regolamento. Infatti, non è sufficiente guardare alla modalità con la quale è stato formato un regolamento per ricavarne la disciplina applicabile alle clausole che contiene, è anche necessario considerare il contenuto della singola clausola.
Pertanto:
NOTE
(1) Triola, Il regolamento di condominio, in Il nuovo condominio, a cura di Triola, Torino, 2013, 470.
(2) Cass. civ., SS.UU., 30 dicembre 1999, n. 943.