[A cura di: Confappi] Il condomino che posiziona una tettoia ancorandola al frontalino del balcone aggettante appartenente al condomino che abita al piano di sopra, è tenuto a rimuovere il manufatto e pagare un risarcimento danni. Oltre ad essere ricettacolo di polvere, sporcizia, strumento di appoggio per volatili e mezzo per l’accesso di eventuali ladri all’appartamento sovrastante, la tettoia va considerata una “costruzione”, il che rende applicabile l’articolo 907 del Codice civile, secondo cui «quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’articolo 905. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita. Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia».
È quanto affermato dal Tribunale di Roma con la sentenza 28 settembre 2018, n. 1833. Un condomino ha accusato il proprietario dell’alloggio del piano di sotto di avere realizzato opere «tali da turbare il pacifico possesso e godimento di porzioni di proprietà esclusiva e comune, integrando molestia e fonte di pericolo». In particolare, una tettoia e una sirena dell’impianto di allarme, entrambe posizionate sul frontalino del balcone aggettante. Il tribunale ha osservato come i balconi aggettanti (che sporgono dalla facciata dell’edificio) costituiscano un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono e non svolgendo funzione di sostegno e copertura dell’edificio non vanno considerati di proprietà comune ma, al contrario, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono.
Nel caso in oggetto, inoltre, i frontalini risultavano spogli, privi di qualsiasi fregio o decorazione. Caratteristiche importanti in quanto, qualora avessero avuto una finalità meramente decorativa, contribuendo a conferire allo stabile il decoro architettonico, sarebbero potuti essere considerati un bene comune dell’edificio, al pari della facciata. Per il giudice capitolino «… è palese che la tettoia, sia quella installata sulla parete condominiale, sia quella installata direttamente sul frontalino del balcone sono fonte di pregiudizio per il vicino, e non solo per la netta limitazione della veduta. Le tettoie, per la loro stessa conformazione, costituiscono potenziale ricettacolo di polvere, sporcizia ed appoggio per volatili».
La Consulenza tecnica d’ufficio, inoltre, ha provato come la tettoia costituisca «… un pericolo per la sicurezza» in quanto offre ai malintenzionati «una più agevole via di accesso all’appartamento».
Riguardo alla sirena d’allarme posta sul frontalino, trattandosi di balcone aggettante è considerato un elemento di proprietà esclusiva, «oltre allo sgradevole impatto estetico e alla sporgenza dal perimetro del balcone di parte attrice, costituisce una potenziale fonte di forti rumori e luci che ben avrebbe potuto trovare collocazione in una posizione di minore incomodo per il vicino».
Riguardo al risarcimento danni a favore del condomino ricorrente, una volta appurata «la molestia e lo spoglio costituiscono atti illeciti che ledono il diritto soggettivo del possessore alla conservazione della disponibilità materiale della cosa ed obbligano chi li commette al risarcimento del danno»; per quantificare il danno il giudice ha applicato un criterio equitativo.
«Le limitazioni di godimento possono ripercuotersi sul canone che potrebbe essere ottenuto ponendo l’immobile sul mercato delle locazioni (all’incirca 1000 euro ndr) determinandone una riduzione del 3%, e dunque di euro 30 per mese. Ne deriva che, moltiplicando euro 30 per i 71 mesi trascorsi dall’ottobre 2012 (data diffida) ad oggi, il risarcimento dovuto a parte attrice per la temporanea compressione del possesso può essere quantificato in euro 2.130 al valore attuale».