[A cura di: dott. Andrea Tolomelli – pres. naz. Abiconf]
Premesso che, nel nostro ordinamento civilistico il Condominio permane, anche dopo la nota legge di riforma n. 220/2012, null’altro che un particolare tipo di comproprietà sprovvisto di personalità giuridica ove gli obblighi dei singoli condòmini di contribuire alla manutenzione ed all’innovazione dei beni comuni costituiscono delle obbligazioni propter rem, strettamente correlate alla proprietà dei beni condominiali, la tematica delle obbligazioni in condominio è stata normata dal Legislatore riformatore nell’ambito del novellato articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, con l’introduzione di un nuovo comma – il secondo – a mente del quale: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri condòmini”. Il disposto è stato rafforzato dal precetto di cui al termine del primo comma del medesimo articolo in virtù del quale: “L’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condòmini morosi”.
Ad oggi, occorre verificare l’attualità o meno delle argomentazioni proposte dalla giurisprudenza, in vigenza delle precedenti disposizioni in materia condominiale, che nulla disponevano nello specifico in ordine al regime delle obbligazioni in condominio.
Il punto di diritto è quello di stabilire se, in tema di condominio debba applicarsi l’articolo 1294 c.c. e dunque ritenere i singoli condòmini obbligati solidalmente tra loro ex art. 1292 c.c., oppure prediligere il regime della parziarietà per la quale ogni singolo condomino risponde del debito comune limitatamente alla propria quota millesimale.
A questo punto può risultare utile rammentare il disposto dell’articolo 1294 c.c. in tema di solidarietà tra condebitori per il quale: “I condebitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente”. Il precedente articolo 1292 c.c. ci offre la definizione della solidarietà in questi termini: “l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri”.
Orbene, precedentemente alla legge di riforma dell’istituto del condominio, la Corte di Cassazione con la “storica” sentenza delle sezioni unite n. 9148 dell’8 aprile 2008 è arrivata ad affermare che, per le obbligazioni legittimamente contratte dall’amministratore di condominio in nome e per conto dei condòmini vige il regime della parziarietà e pertanto ogni condomino risponderà al terzo creditore del condominio in ragione della propria quota millesimale, escludendosi l’applicabilità dell’articolo 1294 c.c.
Possiamo leggere le seguenti argomentazioni che si riportano testualmente: “Ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell’obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest’ultimo requisito, e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà dell’obbligazione prevale; considerato che l’obbligazione ascritta a tutti i condòmini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somme di denaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna norma di legge e che l’articolo 1123 c.c. interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno da quello interno; rilevato, infine, che in conformità con il difetto di struttura del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità, l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condòmini sono governate dal criterio della parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alla rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto “interesse del condominio”, in relazione alla spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condòmini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati degli articoli 752 e 1295 c.c., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle loro quote”.
Le sezioni unite della Corte di Cassazione, hanno così ritenuto che, il principio generale di cui all’articolo 1292 c.c. – per il quale “l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri”- trova applicazione nel caso di obbligazioni per loro natura indivisibili e se la prestazione è divisibile la solidarietà deve essere prescritta, vigendo, in difetto di esplicita norma di legge, il regime della parziarietà.
La pronuncia delle sezioni unite – emessa riguardo ad una obbligazione contrattuale assunta dall’amministratore di condominio – esclude la solidarietà passiva per le obbligazioni divisibili a meno di una specifica previsione di legge in tal senso. Le obbligazioni dei singoli condòmini verso i terzi, sorte da un rapporto contrattuale legittimamente instaurato dall’amministratore, sono sostanzialmente obbligazioni pecuniarie e come tali normalmente divisibili tra i condòmini debitori in ragione delle rispettive quote millesimali e pertanto difettando del requisito dell’unicità della prestazione ed in assenza di una specifica disposizione in termini di solidarietà, sono rette dal regime della parziarietà.
Assunti costantemente confermati in successive sentenze della Corte di Cassazione – la n. 199/2017, la n. 14530/2017, e la n. 20073/2017 – che hanno però sottratto – ratione temporis – all’applicabilità del nuovo articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, i casi in esame perché sorti in epoca nella quale vigeva il testo originario dell’articolo 63.
Ciò premesso, a ben vedere, l’attuale testo di cui all’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, sia pure trattando la materia delle obbligazioni in condominio, non prevede affatto che i singoli condòmini sono obbligati in solido tra loro, limitandosi alla previsione: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
Le condizioni di divisibilità della prestazione, di mancanza di autonomia soggettiva del Condominio e di assenza di una specifica previsione in ordine alla solidarietà tra condòmini, permangono tutt’ora successivamente alla legge di riforma dell’Istituto e pertanto le considerazioni più volte espresse della Corte di Cassazione in ordine al regime di parziarietà tra condòmini per obbligazioni contrattualmente assunte dall’amministratore sono più che attuali.
Così, a conferma, possiamo riportare la recente sentenza del Tribunale di Vicenza del 17 gennaio 2019, n. 109, a mente della quale: “Il debito del Condominio deve gravare unicamente su quei condòmini non in regola con il pagamento delle spese condominiali, in quanto, in materia condominiale, le obbligazioni, tipicamente pecuniarie sono divisibili ex parte debitoris: ogni singolo condomino risponde, dunque, del debito condominiale assunto dall’amministratore in rappresentanza dei condòmini, nei soli limiti della rispettiva quota, in quanto in tali obbligazioni difetta il requisito della unicità della prestazione, sicché, in assenza di apposita norma che disponga diversamente e ad hoc, non può applicarsi il principio base della solidarietà passiva in ipotesi di pluralità di debitori, valendo, invece, il principio della parziarietà dell’obbligazione, in analogia a quanto dispone la legge per le obbligazioni ereditarie (artt. 752 e 1295 c.c.).”.
Occorre, poi, analizzare un ulteriore aspetto che la Corte di Cassazione ha evidenziato e distinto nella sentenza n. 1674 del 29 gennaio 2015, ove ha rilevato che, il criterio delle parziarietà, confermato anche in tale sentenza, non è però suscettibile di estensione alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da fatto illecito. Infatti, come osservato dalla Corte, in materia di responsabilità per fatto illecito l’espressa previsione della solidarietà passiva è contenuta nell’articolo 2055 c.c. – primo comma – in base al quale se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Ne consegue che, a detta della Corte, il risarcimento del danno condominiale da cose in custodia (ex art. 2051 c.c.) non si sottrae alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c., comma 1, individuando nei singoli condòmini i soggetti solidalmente responsabili.
Orbene, per quest’ultimo aspetto, in dottrina si è già osservato che, con l’entrata in vigore del testo del nuovo articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile che testualmente non distingue tra obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali sorte in ambito condominiale, non vi è motivo di dubitare sull’applicazione di tale disposto a tutti i casi di responsabilità condominiale e dunque anche ai casi di responsabilità per fatto illecito, nei quali troverà applicazione il previsto beneficio di preventiva escussione dei condòmini morosi.
Tale norma, specificatamente dettata per l’Istituto del Condominio, difatti, non distingue tra rapporto obbligatorio a titolo di responsabilità contrattuale e obbligazioni a titolo di responsabilità extracontrattuale ed è quindi una disposizione che riguarda sia la contribuzione relativa alle spese per la manutenzione ed innovazione dei beni comuni, sia la rifusione dei danni subiti a causa della mancata manutenzione o malfunzionamento dei medesimi beni comuni. In tal senso, possiamo rinvenire il Tribunale di Napoli nell’ordinanza di reclamo ex art. 624 e 669 – terdecies c.p.c., del 16 novembre 2018, che ha accolto il reclamo e concesso la sospensione dell’esecuzione in virtù della mancata dimostrazione di azioni esecutive nei confronti di eventuali condòmini morosi ovvero dell’insussistenza di condòmini morosi.
La pignorabilità del conto corrente
In conclusione di questa breve trattazione, non può non rilevarsi come l’ammissione della possibilità di pignorabilità del conto corrente condominiale – ritenuta purtroppo fattibile da una preponderante, ma non esclusiva, corrente giurisprudenza espressasi al riguardo – va inevitabilmente a confliggere con il citato disposto di cui all’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, ed in particolare con il beneficio di preventiva escussione dei morosi; in quanto ammettendo la pignorabilità dei fondi giacenti sul conto corrente intestato al condominio si permette l’aggressione di un “patrimonio” costituito proprio da qui condòmini adempienti per determinati e specifici scopi (si pensi ai fondi accantonati e giacenti per il trattamento di fine rapporto del portinaio, per l’esecuzione di futuri lavori di ristrutturazione e/o specifici scopi).
L’esistenza di un patrimonio accantonato, nell’ottica di permetterne la pignorabilità integrale da parte del terzo creditore del condominio per altra ragione, fa così, di fatto, venir meno il beneficio della preventiva escussione dei condomini morosi previsto per legge. Ciò poi confligge apertamente con la previsione di una specifica e dettagliata contabilità condominiale – che distingua ed evidenzi la presenza di specifici fondi di accantonamento – come disposto dall’articolo 1130 bis c.c. .