[A cura di: avv. Amedeo Caracciolo – nota a Trib. Salerno, sent. n. 919 dell’11 marzo 2020]
Un condomino proponeva opposizione al decreto ingiuntivo concesso dal Tribunale di Salerno con il quale veniva condannato a corrispondere oneri condominiali straordinari insoluti. Nell’ambito dell’opposizione, spiegava, altresì, domanda riconvenzionale per ottenere una “indennità di accesso al fondo ex art. 843 c.c.”.
Si costituiva in giudizio il Condominio ed il Tribunale campano concedeva termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione obbligatoria. Nelle successive udienze, tuttavia, il legale del Condominio eccepiva l’improcedibilità dell’opposizione e della annessa domanda riconvenzionale in quanto nel procedimento di mediazione era presente solo l’avvocato dell’opponente munito di procura speciale alle liti, in rappresentanza dell’istante. A dire della difesa del Condominio, dunque, la mediazione non vedeva la parte presente “personalmente”.
Sono due, quindi, le questioni affrontate dal Tribunale di Salerno nell’interessante sentenza in commento, entrambe di grande interesse:
L’art. 5, comma 1-bis del D.lgs n. 28/2010 prevede come condizione di procedibilità per chi vuole esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, l’esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria.
L’art. 71-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice civile chiarisce il significato di “controversia in materia di condominio” riferendosi espressamente a quelle derivanti dalla violazione o errata applicazione degli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c.
Costituisce eccezione alla regola del previo tentativo obbligatorio di mediazione il ricorso per decreto ingiuntivo per il recupero di oneri condominiali ordinari o straordinari. Ciò è in linea con la ratio che ha animato la Riforma del 2012-13. Le norme in tema di Condominio, infatti, sono tutte orientate all’efficienza ed efficacia della gestione, con particolare riferimento al recupero degli oneri insoluti. In tal senso, è sufficiente rilevare che l’art. 1129 c.c., rubricato “nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore” prevede espressamente al comma 9 l’obbligo per l’amministratore – fatta salva espressa dispensa da parte dell’assemblea – di agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro e non oltre il termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio di riferimento del credito esigibile.
Nell’ambito di tale potere-dovere, il legislatore ha fornito all’amministratore lo strumento di cui all’art. 63 disp. att c.c., vale a dire il ricorso per decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo anche in caso di opposizione.
Non così per quanto concerne la fase dell’opposizione al decreto ingiuntivo per la quale si richiede, non senza contrasti, l’attivazione della procedura conciliativa innanzi ad un organismo ubicato nella circoscrizione del Tribunale ove è situato il Condominio (art. 71-quater disp. att. c.c.).
Il legislatore non indica chi, tra il condomino opponente ed il Condominio opposto debba ritenersi onerato della proposizione dell’istanza di mediazione.
Si attende, sul punto, la pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Unite della Cassazione, cui è stata rimessa tale questione con ordinanza della III sez. civ. n. 18741 del 12 luglio 2019.
Tale ordinanza veniva emessa all’esito di giudizio relativo ad un contratto bancario ma, nel corpo del medesimo provvedimento, vi è più di un riferimento alla particolare importanza della questione che tocca una vasta area di contenzioso tra cui spiccano – per quello che qui interessa – anche le controversie in materia condominiale come sopra definite.
Si segnalano almeno tre ricostruzioni interpretative degne di nota:
I) Si può sostenere che l’onere di attivazione ricada in capo al debitore opponente quale parte interessata all’instaurazione ed alla prosecuzione del processo di cognizione poiché, in mancanza, il decreto acquisterebbe, ove non ne fosse ancora munito, efficacia esecutiva. Si segnala che la giurisprudenza (Cass. 24629/2015; Trib. Mantova 1175/2017) ha affermato che è l’opponente ad avere l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore ed è dunque su di esso che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché “è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la strada più lunga”.
La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.
Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una diversa interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo.
Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente-convenuto sostanziale, opposto-attore sostanziale.
Ma, nella fase precedente, sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione. Diversamente, l’opposizione sarà dichiarata improcedibile.
II) Un diverso orientamento ritiene, invece, che l’onere processuale sia a carico del creditore e, pertanto, del Condominio in fase di costituzione nel giudizio di opposizione. A suffragio di tale assunto si deduce la circostanza che la mediazione è condizione di procedibilità “della domanda giudiziale” e che, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, attore in senso sostanziale è il Condominio che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Con l’opposizione la materia del contendere verte, in ogni caso, sull’accertamento dell’an e del quantum debeatur (Cass. 98/2014).
L’opzione di onerare il creditore opposto è l’unica che consentirebbe, in caso di pronuncia di improcedibilità, la riproposizione dell’azione. Ragionando diversamente, il diritto di agire in giudizio per l’accertamento negativo del credito sarebbe compromesso in caso di pronuncia di improcedibilità, divenendo esecutivo e definitivo il decreto ingiuntivo, con relativa perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 della Costituzione.
III) Ulteriore orientamento, di matrice dottrinale, suggerisce una differenziazione dell’onere in base al caso concreto: in capo all’opposto, ove manchi o sia sospesa l’esecuzione provvisoria ed in capo all’opponente, per i casi in cui il decreto ingiuntivo sia provvisoriamente esecutivo.
In attesa dell’intervento risolutivo delle Sezioni Unite, nel caso in commento il Tribunale di Salerno aderisce al primo orientamento onerando il condomino-opponente dell’instaurazione del procedimento di mediazione e motivando tale scelta sulla scorta delle più recenti sentenze (anche successive alla rimessione della predetta questione, ex multis Cass. 23003/2019 del 16 settembre 2019).
L’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione nei casi di opposizione a decreto ingiuntivo ricade sulla parte opponente in quanto l’art. 5 del d.lgs. 28/2010 deve essere interpretato in conformità alla sua ratio consistente nel principio della ragionevole durata del processo, sulla quale incide negativamente il giudizio di merito che l’opponente instaura.
Il tentativo di mediazione, in altri termini, è strutturalmente legato ad un processo fondato sul contraddittorio. Ora, nei procedimenti monitori, il contraddittorio viene in rilievo solo a seguito dell’instaurazione del giudizio a cognizione piena da parte dell’opponente e, pertanto, solo su esso può gravare il predetto onere. (conf. Cass. 25611/2016).
Nel caso in commento il Tribunale di Salerno si imbatte anche in ulteriore questione afferente alla procedibilità dell’azione. Risultava dagli atti di causa che al primo incontro programmatico volto a tentare la conciliazione tra le parti innanzi l’organismo di mediazione adito era comparso, per parte opponente, il solo legale già costituito nel giudizio di opposizione.
Il Giudice, richiamando in motivazione la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 8473 del 7 marzo 2019, riteneva fondata l’eccezione di improcedibilità della domanda poiché, a suo dire, nel procedimento di mediazione obbligatoria la parte ben può farsi sostituire da un proprio rappresentante ma deve trattarsi necessariamente di rappresentanza sostanziale. Nulla osta a che rappresentante sostanziale sia lo stesso difensore costituito ma deve trattarsi, in ogni caso, di soggetto dotato “di apposita procura sostanziale … avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto”, mancante nel caso de quo.
Non sarebbe, dunque, sufficiente, a dire del Tribunale di Salerno, la mera procura alle liti rilasciata in calce o a margine dell’atto di citazione in opposizione dotata dell’apposito potere a transigere e conciliare. Si renderebbe, viceversa, necessario il conferimento di potere tramite “procura speciale sostanziale che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista”.
La sentenza dichiarava, dunque, l’improcedibilità dell’opposizione e della annessa domanda riconvenzionale.
Non può non segnalarsi che, pur partendo dalle medesime premesse, e cioè dalla sentenza n. 8473 della Cassazione in tema di necessità di rappresentanza sostanziale, a conclusioni opposte giunge altro orientamento (su tutti Trib. Milano sentenza dell’11 giugno 2019 n. 5605/2019), il quale ritiene che per validamente rappresentare una parte in mediazione è sufficiente un atto che abbia la stessa forma dell’atto che deve essere compiuto. In ossequio al principio di cui all’art. 1392 c.c. rubricato “forma della procura” è ritenuta sufficiente l’allegazione di procura alle liti.
Nell’attesa che si delinei una volta per tutte tale annosa questione, allo stato, si può concludere che, per il caso in cui una parte (condomino o amministratore di condominio) non possa essere presente in mediazione, la soluzione di delegare un soggetto terzo a mezzo di procura notarile azzera il rischio di vedersi eccepita una improcedibilità per mancata “presenza personale”. Il rilascio di procura da parte del notaio, tuttavia, ha dei costi. Sono immaginabili i risvolti pratici per il caso in cui sia rilasciata dall’amministratore a soggetto terzo: su tutte la circostanza che la spesa andrebbe portata a conoscenza dell’assemblea per la relativa ratifica.
In ogni caso, deve rilevarsi un dato fondamentale: i sopra menzionati orientamenti sembrano comunque lasciare immutata la possibilità di validamente delegare un terzo con apposita delega, anche rilasciandola – tramite atto ulteriore e diverso rispetto alla procura alle liti autenticata – al difensore già costituito o che si costituirà in giudizio. A tal fine sembra potersi ritenere sufficiente anche una apposita “delega a conciliare”, come atto ultroneo e diverso da conferire al procuratore della parte.
Quel che emerge da tale dibattito è che gli operatori del settore (avvocati, amministratori, condomini ma anche mediatori) restano in attesa di interevento risolutivo della giurisprudenza, anche su tale ultimo aspetto.
Soluzione diversa potrebbe essere, ragionando de jure condendo, quella di andare a modificare, a monte, le disposizioni di legge in materia di mediazione che ritengono necessaria la presenza della parte personalmente. Del resto, ben potrebbe limitarsi la presenza in mediazione ai soli avvocati (ed al mediatore), almeno negli incontri interlocutori. In materia condominiale, ne gioverebbe l’attività dell’amministratore.