[A cura di: avv. Emanuele Bruno – www.studiobruno.info] Il pianerottolo (o ballatoio o ripiano) è individuabile nella parte di piano (orizzontale) che interseca una scala (verticale), si interpone tra le rampe di scalini, in corrispondenza dei diversi piani dell’edificio, ospitando accessi a vari ambienti: abitazioni, locali, ascensori e, più in generale, spazi comuni e/o privati.
Il pianerottolo è elemento di congiunzione, elemento di collegamento, tra la proprietà comune e la proprietà privata.
Il ballatoio è, salvo che dal titolo non risulti diversamente, parte comune.
Le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualità di parti comuni, così come indicato nell’art. 1117 cod. civ., anche relativamente ai condòmini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condòmini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello che aveva ritenuto nullo l’accordo avente ad oggetto la cessione del diritto reale d’uso del pianerottolo del quarto piano di un edificio e della sovrastante scala a chiocciola, in quanto privo del necessario consenso di tutti i condòmini ed in particolare di quello dei proprietari dei negozi siti al piano terreno e con accesso alla strada). (Rigetta, App. Napoli, 23 Gennaio 2004) – Cass. Civ. n. 15444/2007.
Le scale e gli annessi pianerottoli condominiali costituiscono, ex art. 1117, n. 1, c.c., beni presuntivamente di esclusiva proprietà condominiale, pur nell’ipotesi in cui alcune rampe di scale siano in concreto poste a servizio di singole proprietà, tale che la prova della esclusiva proprietà del condomino il quale sui beni medesimi rivendica ogni diritto, necessita della esistenza di un titolo contrario alla presunzione predetta, contenuto non già nella compravendita delle singole unità immobiliari, bensì nell’atto costitutivo del condominio. Al fine di provare la esclusiva proprietà del pianerottolo antistante l’unità immobiliare collocata all’ultimo piano dell’edificio condominiale, non assume alcun rilievo né la esistenza o meno di una botola di accesso al tetto del fabbricato, quale indice presuntivo della proprietà condominiale del bene sul quale tutti i condòmini dovrebbero legittimamente potere transitare al fine di accedere alla botola predetta, né la collocazione all’ultimo piano del fabbricato e la destinazione a servizio di un unico appartamento, qualora non emerga, né da titolo di provenienza, né dal regolamento condominiale o dalle tabelle millesimali, una disposizione contraria alla presunzione codicistica di condominialità del pianerottolo, che, dunque, non potrà intendersi quale pertinenza dell’appartamento all’ultimo piano – Tribunale di Potenza, 04.09.2012.
Il percorso giurisprudenziale ha più volte sottolineato la natura funzionale e strutturale del pianerottolo rispetto alla struttura immobiliare ed al suo utilizzo. Acclarata la natura comune del ballatoio, la disciplina circa utilizzo-disponibilità deve essere individuata di conseguenza.
L’utilizzo potenziale di uno spazio comune deve essere individuato analizzando la fattispecie concreta, ad esempio, un pianerottolo che serve soltanto alcune unità immobiliari ha utilità differente da quello che si struttura in verticale.
In tema di condominio, qualora un’area sia oggetto di uso esclusivo da parte di alcuni comproprietari e tuttavia, pur non rientrando fra le parti elencate dall’art.1117 cod. civ., sia altresì idonea – per le sue caratteristiche strutturali e funzionali – a soddisfare interessi comuni, questi ultimi prevalgono, dovendo il bene ritenersi di proprietà comune in virtù della presunzione – Cass. Civ. n. 3159/2006.
Il pianerottolo deve essere utilizzato (art. 1102 comma 2 c.c.) in modo che il condomino estenda il suo diritto senza danneggiare gli altri partecipanti. Com’è tipico in condominio, l’estensione del diritto può essere più o meno ampia purché non si sottragga lo spazio all’uso degli altri condòmini.
In tema di condominio, l’art. 1102 cod. civ. consente al condomino l’utilizzazione più intensa della cosa comune al servizio della sua proprietà esclusiva, purché ne sia consentito il pari uso agli altri partecipi e non ne sia alterata la destinazione, sicché entro tali limiti è legittima anche l’imposizione di un vero e proprio peso sui beni condominiali a vantaggio del singolo appartamento o piano. (Sulla base di tali principi la S.C. ha, peraltro, cassato per insufficienza di motivazione la sentenza che, nel ritenere legittima la chiusura da parte di alcuni condòmini, mediante una porta ancorché non chiusa, del pianerottolo in corrispondenza degli appartamenti di loro proprietà esclusiva, si era limitata a definire di scarsa rilevanza la menomazione al godimento della cosa comune, senza specificare – in relazione all’ubicazione, alle dimensioni e alla struttura del manufatto – la natura e l’entità della concreta diminuzione delle facoltà spettanti agli altri condomini secondo la destinazione naturale del bene comune, avuto riguardo anche al decoro dell’edificio) – Cass. Civ. n. 15379/2005.
La pronuncia è significativa, anche nella parte in cui spiega che per valutare la sottrazione definitiva all’uso comune, occorre valutare caso per caso.
Ai sensi dell’art. 1102 c.c. ciascun condomino può far uso della cosa comune purché:
a) non ne alteri la destinazione;
b) non impedisca agli altri di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
In tali limiti, la norma richiamata legittima anche l’imposizione di un vero e proprio peso sui beni condominiali a vantaggio del singolo appartamento o piano sempre che, come si deduce anche dall’art. 1120, comma 2, c.c., le eventuali modifiche apportate alle parti comuni dal singolo condomino non pregiudichino la stabilità o la sicurezza dell’edificio condominiale e non ne alterino il decoro architettonico – Tribunale di Torino, 23.03.2010.
Resta inteso che il regolamento condominiale potrebbe intervenire regolamentando l’occupazione degli spazi mediante fioriere, contenitori per immondizia, suppellettili personali etc.
Il condomino che deduce di aver usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione. (Nel caso di specie, pur essendosi verificata la c.d. interversione dell’atto, intesa quale instaurazione sulla porzione del bene comune di un possesso in via esclusiva con esclusione del compossesso altrui – installazione di un cancello su porzione di ballatoio condominiale – il giudice non ha comunque ritenuto che tale possesso si fosse poi protratto per il tempo necessario ai fini del compimento dell’usucapione) – C.A. Napoli, 28.11.2003.
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