Erio Iurdana (Confappi)
Negli ultimi anni, con la diffusione dei siti di e-commerce, il numero di pacchi recapitati è cresciuto in modo esponenziale. La pandemia da Covid-19, con le restrizioni imposte dal governo a molte attività commerciali al fine di limitare il numero di contagi, non ha fatto altro che rafforzare una tendenza oramai consolidata: l’acquisto via internet di qualsiasi tipo di prodotto. In un contesto simile, esiste una professione che soltanto qualche anno fa sembrava sul viale del tramonto e che invece adesso vive una nuova primavera: il portiere di condominio.
Per istituire il servizio di portierato è necessaria una delibera votata dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i 2/3 del valore dell’edificio. Il contratto, riconosciuto dalle associazioni di categoria, viene firmato dal lavoratore e dall’amministratore, con il condominio che in quel momento diviene a tutti gli effetti un datore di lavoro. Di conseguenza, deve rispettare le regole contenute nel Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Sul punto, l’articolo 2087 del Codice civile dispone che «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».
Nel contratto collettivo nazionale, fra le altre cose, vanno specificate data di assunzione, durata del periodo di prova, qualifica del lavoratore, mansioni affidate, retribuzione, orario di lavoro e di apertura e chiusura del portone, reperibilità e l’eventuale presenza di un alloggio di servizio.
Di norma, il periodo di prova (retribuito) ha una durata pari a due mesi durante i quali entrambe le parti possono risolvere il contratto, avendo cura di avvisare con un preavviso di almeno dieci giorni. Nel corso degli anni si è molto discusso su cosa può o non può fare il portiere con la corrispondenza. Il contratto prevede che il lavoratore può ritirare la posta ordinaria e i pacchi, mentre per le raccomandate sarebbe necessaria una delega firmata dal destinatario. La ricezione della posta “straordinaria”, non rientrando negli accordi contrattuali, può prevedere un’indennità a favore del portiere. Per quanto concerne invece gli atti giudiziari, l’articolo 139 del Codice di procedura civile dispone che se il destinatario è assente «il portiere o il vicino deve sottoscrivere l’originale, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata».
Il contratto di portierato può anche prevedere la concessione gratuita al lavoratore e al suo nucleo familiare di un alloggio condominiale, solitamente ubicato al piano terra o al piano rialzato dell’edificio, da riconsegnare al condominio una volta concluso il rapporto di lavoro. Non tutti gli alloggi, però, sono abitabili, ma soltanto quelli che rispettano determinati requisiti. Ad esempio, l’immobile deve essere costituito da almeno due ambienti, di cui uno adibito a cucina, oppure tre ambienti se la famiglia conta complessivamente almeno quattro persone. Qualora, al contrario, il contratto non preveda l’alloggio di servizio, il condominio deve comunque mettere a disposizione del portiere una guardiola fornita di servizio igienico.
Il ruolo del portiere non si limita alla ricezione della corrispondenza. Rientra fra i suoi compiti, infatti, vigilare sull’edificio, sostituire le lampadine, eseguire piccole riparazioni ordinarie; ecc. Può anche occuparsi della gestione dell’impianto di riscaldamento e dell’impianto di distribuzione dell’acqua calda, mentre solo in casi di urgenza può intervenire sull’impianto ascensore, ad esempio per sbloccare la cabina. Per quanto riguarda la pulizia dello stabile, il portiere può occuparsene (con i prodotti utilizzati che sono a carico del condominio), anche se oggi molti stabili preferiscono rivolgersi a ditte specializzate.
La presenza o meno dell’alloggio incide sugli orari di lavoro. Il portiere che ha un immobile condominiale a sua disposizione, lavora di norma nei giorni festivi, dalle 7 alle 20, ma non è escluso che la fascia possa essere differente, ad esempio compresa tra le 6 e le 21. In ogni caso, il monte ore settimanale è di 48 ore, nella maggior parte dei casi distribuite su sei giornate.
È previsto, inoltre, che il portiere usufruisca di un riposo giornaliero di almeno 11 ore continuative, mentre nel caso in cui il condominio chieda al lavoratore di prestare servizio la domenica o un altro giorno festivo, l’orario di apertura non potrà mai protrarsi oltre le ore 14. Ovviamente il lavoro domenicale e festivo è retribuito con la normale paga oraria maggiorata del 40%, mentre il lavoro notturno (compreso fra le 22 e le 6) è retribuito con la normale paga oraria maggiorata del 30%.
Diversi gli orari del portiere sprovvisto di alloggio in condominio. In questo caso, il monte orario settimanale è pari a 45 ore distribuite su sei giornate, mentre l’orario giornaliero è continuativo, con un intervallo che di norma è di un’ora tra le 7 e le 20. Il lavoro straordinario diurno è retribuito con la normale paga oraria maggiorata del 15%, fino alla nona ora giornaliera, e del 20% dalla decima ora giornaliera straordinaria compresa in avanti. Lavorare di domenica e nei giorni festivi comporta anche in questo caso una retribuzione con la normale paga oraria maggiorata del 40%, mentre per il lavoro notturno è prevista la normale paga oraria maggiorata del 30%, se ordinario, o del 40%, se straordinario.
Se è vero che negli ultimi tempi il ruolo del portiere è tornato in auge, sono ancora molti i condomini che per risparmiare sui costi di gestione dello stabile decidono di eliminare il servizio. Per la soppressione è necessaria una delibera assembleare, ma prima bisogna verificare se il servizio è contemplato o meno dal regolamento di condominio assembleare. Se così fosse, occorre modificare il regolamento con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Eliminato il servizio, si procede al licenziamento del portiere “per giustificato motivo oggettivo”, con la decisione che anche in questo caso deve essere approvata dall’assemblea, che in prima convocazione necessita di un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. In seconda convocazione, è sufficiente il voto favorevole degli intervenuti che rappresenti almeno 1/3 del valore complessivo dell’edificio.
Cosa succede, però, se il servizio di portierato è previsto da un regolamento condominiale di natura contrattuale? Solitamente per modificare questo tipo di regolamento è necessario il voto unanime dei condòmini proprietari. In realtà, bisogna distinguere tra clausole di natura contrattuale e clausole di natura regolamentare. Con la sentenza 943/1999 la Corte di Cassazione ha spiegato che «(…) il regolamento predisposto dall’originario, unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni pure se immobili. Conseguentemente, mentre è necessaria l’unanimità dei consensi dei condomini per modificare il regolamento convenzionale (…) avendo questo la medesima efficacia vincolante del contratto, è, invece, sufficiente una deliberazione maggioritaria dell’assemblea dei partecipanti alla comunione per apportare variazioni al regolamento che non abbia tale natura». E quindi, nel caso del portierato, il testo del regolamento contrattuale può essere modificato con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.