[A cura di: Studio legale MaBe & Partners]
Di recente, la Suprema Corte si è pronunciata asserendo che il rispetto della distanza prevista dall’art. 890 c.c., nell’ambito del quale rientrano i forni e i barbecue, è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità, e che tale presunzione prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima. In assenza di tale disposizione regolamentare, si ha sempre una presunzione di pericolosità, sia pure relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del forno/barbecue dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo o al danno del fondo vicino.
Nel caso di specie, era stato realizzato un barbecue il cui comignolo si trovava a una distanza minima da meno di un metro a due metri da alcune finestre del soprastante appartamento dell’attore. I giudici del merito (Tribunale di Como, sent. n. 1035/12) hanno accolto la domanda diretta alla sua rimozione sulla scorta di una consulenza tecnica che aveva accertato che il manufatto avrebbe dovuto essere collocato a non meno di 5-6 metri dalla proprietà dell’attore. Successivamente, in applicazione del principio che precede, la Suprema Corte ha confermato tale pronunzia evidenziando che era irrilevante l’accertamento svolto con il forno in attività, essendo sufficiente la potenzialità dell’esalazione nociva o molesta.
Il ricorrente, proprietario dell’appartamento al pian terreno e del barbecue, sosteneva che il fatto accertato sulla base degli elementi istruttori acquisiti in primo grado (ossia la consulenza tecnica d’ufficio, la documentazione fotografica circa lo stato dei luoghi, …) non sarebbe stato idoneo a provare l’esistenza di abbondanti immissioni di fumi. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso.
La Suprema Corte ha posto a fondamento della sua decisione le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, secondo le quali il barbecue in questione avrebbe dovuto essere collocato a non meno di 5-6 metri dalla proprietà del resistente, mentre il predetto manufatto invece era stato posto molto vicino alle finestre dell’abitazione privata del proprietario dell’appartamento al primo piano.
Si consideri che ai sensi dell’art. 890 c.c., chi presso il confine vuole fabbricare forni o camini, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza.
Infatti, il rispetto della distanza prevista dall’art. 890 c.c., nell’ambito del quale rientrano anche i forni e i barbecue, è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima. Tuttavia, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha pur sempre una presunzione di pericolosità, seppure relativa, che può essere superata solo ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo o al danno del fondo del vicino (Cass. 22/10/2009 n. 22389; Cass. 6/3/2002 n. 3199).
Occorre precisare che la presunzione che deve essere superata non è una presunzione di danno, ma una presunzione di pericolo che si produca effettivamente il danno, e prescinde dall’accertamento in concreto del danno stesso, dovendo invece essere valutata in concreto la pericolosità del forno anche se non ancora in attività.
Si tenga conto che la Corte d’Appello di Milano già da tempo ha rilevato che per il comune buon senso è ormai pacifico che il carbone di legna sia nocivo. Infatti, rientra nella comune esperienza che dalla bruciatura del carbone di legna si sviluppa una sostanza cancerogena e che già nel 2010 l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito il fumo di legna tra i possibili agenti cancerogeni (Sent. 4451/2013). Ciò detto, ne discende l’irrilevanza di un accertamento svolto con il forno in funzione essendo invece sufficiente la potenzialità dell’esalazione nociva o molesta, che nel caso di specie era stato accertato dal CTU.
In conclusione, il forno/barbecue posto ad una distanza non rispettosa delle norme regolamentari o di legge dall’abitazione del vicino è suscettibile di rimozione sussistendo una presunzione di pericolo di danno anche in assenza di un accertamento in concreto del danno stesso.