[A cura di: avv. Silvio Rezzonico – presidente Confappi] Fra le tante novità introdotte dalla legge di riforma del condominio 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013, figura il registro di anagrafe condominiale.
L’articolo 1130, n.6, del Codice civile dispone, infatti, che l’amministratore deve «curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio». Su quest’ultimo punto, il decreto Destinazione Italia (23 dicembre 2013, n. 145), convertito in legge il 21 febbraio 2014, ha precisato che i dati sulle condizioni di sicurezza si riferiscono esclusivamente alle parti comuni dell’edificio e non alle singole unità immobiliari, come prevedeva la forma originale dell’articolo riformato.
La norma prevede, inoltre, che «ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni». Spetta sempre al professionista «in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili».
Attraverso il registro di anagrafe condominiale, l’amministratore ha quindi a disposizione una fotografia aggiornata di chi abita l’edificio. Come si evince dalla norma, il condomino non può rifiutare di fornire all’amministratore i dati necessari alla compilazione del registro. Nei casi limite, il professionista può risalire a sue spese alle informazioni utili (rivolgendosi agli uffici competenti, sempre nel rispetto dei dati personali) rivalendosi poi sul condomino inadempiente al fine di ottenere un rimborso.
Da parte sua, l’amministratore di condominio non può esimersi dall’obbligo di tenuta del registro di anagrafe condominiale, in quanto l’esonero rientra fra le gravi irregolari previste dall’articolo 1129, comma 11, n.7, del Codice civile, che possono costargli la revoca del mandato.
Ciò detto, il professionista deve prestare particolare attenzione ai dati da inserire nel registro, limitandosi alle indicazioni fornite dall’articolo 1130. E quindi, nessuna informazione che esuli dalla vita condominiale (religione, orientamento sessuale, politico, ecc) che potrebbe comportare una violazione delle norme sulla privacy. A tal proposito, già nel 2006 il Garante per la protezione dei dati personali aveva osservato come le informazioni relative ai singoli condòmini devono avere a che fare con la gestione del condominio e, in particolar modo, delle parti comuni dello stabile. Negli anni successivi l’Autorità è tornata due volte sull’argomento, prima con un intervento pubblicato sulla newsletter (n. 387 del 23 aprile 2014) quindi con il provvedimento n. 106 del 19 febbraio 2015. Nel primo caso, il Garante ha precisato che “l’amministratore può trattare solo informazioni pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità da perseguire. Può, dunque, acquisire le informazioni che consentono di identificare e contattare i singoli partecipanti al condominio – siano essi proprietari, usufruttuari, conduttori o comodatari – chiedendo le generalità comprensive di codice fiscale, residenza o domicilio. Può chiedere, inoltre, i dati catastali: la sezione urbana, il foglio, la particella, il subalterno e il Comune”. Di contro il professionista non può chiedere, “perché risulterebbe eccedente”, copia della documentazione, fra cui l’atto di compravendita dell’immobile.
Nel successivo provvedimento, riguardante un caso concreto avvenuto in condominio, il Garante ha osservato che “sulla base della documentazione depositata, risulta che la richiesta di informazioni avanzata dall’amministratore di condominio successivamente all’acquisizione della proprietà dell’immobile in capo al ricorrente, anziché limitarsi alla sola comunicazione dei dati da inserire nel registro, era diretta ad ottenere copia dell’atto di compravendita, con ciò esulando dall’ambito di applicazione della norma”. Nel caso in oggetto, l’amministratore “a fronte della mancata trasmissione dell’atto di compravendita, anziché chiedere all’interessato la comunicazione delle proprie generalità, si è autonomamente attivato al fine di reperire talo atto presso i pubblici registri, con ciò ponendo in essere un trattamento eccedente rispetto a quanto previsto dalla citata normativa”.
Nel registro di anagrafe condominiale, come dispone la legge, non vanno inseriti esclusivamente i dati dei condòmini proprietari delle unità immobiliari ma anche le informazioni dei titolari di diritti reali, come gli usufruttuari, e dei diritti personali di godimento, ossia conduttori e comodatari. Ciò significa, ad esempio, che nel registro figureranno i dati dei soggetti che occupano un immobile in forza di regolare contratto di locazione o coloro i quali abitano un appartamento regolato da un contratto di comodato d’uso. In questi casi il reperimento dei dati da parte dell’amministratore può risultare arduo: se per risalire agli usufruttuari è possibile consultare i registri immobiliari, non esistono registri pubblici contenenti informazioni su inquilini e comodatari. All’amministratore non resta quindi che rivolgersi all’Agenzia delle Entrate. Sul punto, l’articolo 18, comma 3, del Dpr. 131/1986, prevede infatti che «su richiesta delle parti contraenti, dei loro aventi causa o di coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, l’ufficio del registro rilascia copia delle scritture private, delle denunce e degli atti formati all’estero dei quali è ancora in possesso nonché delle note e delle richieste di registrazione di qualunque atto pubblico o privato. Il rilascio di copie ad altre persone può avvenire soltanto su autorizzazione del pretore competente».
Ai fini dell’aggiornamento del registro, l’amministratore deve prestare particolare attenzione anche agli eventuali cambi di proprietà. È pur vero che è interesse del condomino che cede l’unità immobiliare comunicare tempestivamente l’avvenuta compravendita, in quanto da quel momento in avanti le spese comuni saranno a carico del nuovo proprietario. L’ultimo comma dell’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile prevede che «chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto». Per il condominio il nuovo condomino acquisisce tale status soltanto quando all’amministratore giunge la comunicazione dell’avvenuta alienazione dell’immobile.
Infine, riguardo alla possibilità per ogni condomino di accedere al registro di anagrafe condominiale, è necessario leggere con attenzione il disposto dell’articolo 1129, comma 2, del Codice civile, secondo cui «contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130 (ossia il registro di anagrafe condominiale e il registro dei verbali delle assemblee ndr), nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata».