[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano]
Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, dai fondi disponibili alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione.
L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.
Prima di addentrarci nella copiosa giurisprudenza che riguarda l’articolo in esame è opportuno sottolineare le conseguenze sul piano pratico portate dalla riforma. Infatti, aver dettato minuziosamente il contenuto del rendiconto condominiale, comporta che un rendiconto carente anche di uno solo degli elementi richiesti dalla norma può essere impugnato per annullabilità essendo posto in essere in violazione del dettato normativo.
Vi è di poi la determinazione del lasso di tempo (dieci anni) durante i quali si fa obbligo di tenuta della documentazione, e tale obbligo ha come contraltare la possibilità per i condòmini di chiedere in ogni momento la documentazione sia pure pagando le spese di copia.
E se tutto ciò non bastasse si dà la possibilità al condominio di nominare un revisore perché il controllo non sia solo successivo ma sussista durante tutto il periodo di gestione.
In primo luogo va segnalato il diritto di ciascun comproprietario di richiedere e di ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea) e senza l’onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l’esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all’attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza, e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condòmini richiedenti (Cass. 26-8-98, n. 8460).
Infatti, la mancata disponibilità della documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo da parte dei condòmini comporta la violazione, da parte dell’amministratore, dell’obbligo di rendiconto e la conseguente invalidità della delibera di approvazione, ciò che non si verifica quando la disponibilità della documentazione manchi in sede di approvazione del preventivo dove, normalmente, l’approvazione della previsione di spesa viene fatta sulla base della gestione dell’anno precedente, e dove, soprattutto, la documentazione sulle spese potrà essere conseguita una volta che esse siano state effettuate, e non in via preventiva (conforme, Cass. 8-8-2003, n. 11940).
Lo stesso accade allorchè si verifichi la violazione del diritto di ciascun condomino di esaminare, a sua richiesta e secondo adeguate modalità di tempo e di luogo, la documentazione attinente ad argomenti posti all’ordine del giorno di una successiva assemblea condominiale, il che determina, in quanto incidente sul procedimento di formazione delle maggioranze assembleari, l’annullabilità della delibera di approvazione dei medesimi punti (Cass. 11-9-2003, n. 13350).
Uno degli effetti che l’approvazione del consuntivo comporta è la ratifica dell’operato amministrativo del mandatario, anche per una spesa non presente in preventivo resasi necessaria nel corso dell’anno. Naturalmente, occorre considerare gli estremi dell’eccesso di mandato quando la spesa non preventivata non presentava i requisiti della necessità e dell’urgenza. In questi casi, la discrezionalità dell’assemblea, in sede di ratifica, potrebbe accollare all’amministratore le responsabilità pecuniarie del caso (Trib. Bologna 18 dic. 1997). Lo stesso potere di ratifica vale per le opere di manutenzione straordinaria, in precedenza non deliberate o non validamente deliberate (Cass. civ. II n. 2133/1995).
La corretta esposizione delle anticipazioni effettuate nel rendiconto condominiale e l’indicazione del debito del condominio nei confronti dell’amministratore nello stato patrimoniale permette a questo ultimo il recupero delle somme anticipate nell’interesse del condominio. Tale possibilità si fonda, ex art. 1720 cod. civ., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condòmini: l’amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condòmini (e quindi il condominio) – che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno – devono dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subìta (Cass. 30-3-2006, n. 7498). In tale evenienza, l’amministratore di condominio cessato dall’incarico è attivamente legittimato a proporre l’azione per il recupero delle somme da lui anticipate, non soltanto nei confronti di quest’ultimo, bensì anche nei confronti dei singoli condòmini, per le quote rispettivamente a loro carico (Cass. 12-2-97, n. 1286).
In materia condominiale il rendiconto deve essere privo di vizi intrinseci e deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute. Inoltre, deve essere intellegibile al fine di consentire ai condòmini (i quali generalmente non hanno conoscenze approfondite sul come un bilancio debba essere formato e “letto”) di poter controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite, atteso che tale ultimo requisito (come si desume dagli artt. 263 e 264 c.p.c. che prevedono disposizioni applicabili anche al rendiconto sostanziale), costituisce il presupposto fondamentale perché possano essere contestate, appunto, le singole partite.
Invero il rendiconto che viene portato all’approvazione dell’assemblea non è un mero documento contabile contenente una serie di addendi ma un atto con il quale l’obbligato giustifica le spese addebitate ai suoi mandanti sì che vi sono delle regole minime che debbono essere rispettate.
La contabilità presentata dall’amministratore del condominio non è necessario che sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell’entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione (conforme, Cass. 7-7-2000, n. 9099).
In tema di modalità di redazione del rendiconto da parte dell’amministrazione del condominio, deve escludersi che la mancata, analitica indicazione dei nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e degli importi da ciascuno di essi dovuti incida sulla validità della delibera di approvazione del medesimo, non comportando siffatta omissione neppure una irregolarità formale di detta delibera, sempre che le poste attive e passive risultino correttamente iscritte nel loro importo (Cass. 28-1-2004, n. 1544).
Nella pratica può capitare che un rendiconto non veritiero, contenente delle inesattezze circa l’effettivo ammontare dei debiti del condominio, venga ugualmente approvato. Ciò capita quando l’amministratore gode di notevole fiducia da parte dell’assemblea o è appoggiato da cordate di favore. Per tutti questi casi, la giurisprudenza ha riconosciuto il vizio di eccesso di potere dell’assemblea che approva un rendiconto non veritiero cioè, nel caso di vizi di omissione o di alterazione dei dati da questo contenuti, la relativa delibera sarebbe nulla (e non annullabile).
In altri termini, vi sarebbe nullità assoluta del rendiconto non veritiero, mentre la giurisprudenza si è pronunciata per l’annullabilità (ex art. 1137 – 3° comma – c.c.) per il rendiconto che presenta imprecisioni di forma. Quindi, se sussiste la mancata dimostrazione delle spese con l’indicazione dei documenti attestanti i consumi effettivi, questa è causa di nullità della delibera.
In tal senso si vedano: Cass. civ. II n. 9099/2000 cit.; Cass. civ. II n. 3747/1994: “A seguito di richiesta dell’istante l’amministratore non ha fornito la totalità dei documenti giustificativi delle spese che sono stati consegnati in maniera confusionaria e in minor misura rispetto a quelli necessari come da indicazioni nel bilancio delle spese effettuate. Per cui molte spese mancano del tutto di giustificativi. Tale vizio comporta la nullità assoluta della delibera impugnata. Infatti, il mandatario deve fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico sia stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione”.
Il principio di annualità della gestione discende dai riferimenti dell’articolo1135 c.c. all’annualità tanto del bilancio preventivo quanto del rendiconto consuntivo (con la conseguenza della nullità della deliberazione condominiale che vincoli il patrimonio dei singoli condòmini ad una previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l’obbligo della contribuzione). Con la logica conseguenza che, una qualsiasi deliberazione (anche quella che istituisce un fondo cassa) che vincoli il patrimonio dei condomini ad un vincolo superiore all’anno è da considerarsi completamente nulla (Cass. civ. II, n. 4679/2017).
In materia di condominio, la sostituzione di una delibera condominiale già oggetto di impugnazione con altra successiva, adottata secondo il disposto assembleare secondo le vigenti disposizioni, svuota di significato e consistenza il preesistente contrasto tra le parti, venendo meno la materia del contendere. (Cass. civ. II, n. 25693/2018).
Le censure avverso le delibere dell’assemblea del condominio possono essere proposte e sono esaminabili dal giudice soltanto nel giudizio che segue all’impugnativa della delibera stessa, ai sensi dell’art. 1137 cod. civ., e non anche in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ., in cui il controllo del giudice è limitato, sotto questo profilo, alla sola verifica della perdurante esistenza ed efficacia della relativa delibera (Trib. Roma sez. 5 civ. sent. 21/01/2017).
Un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che l’attualità del debito del singolo condomino per il pagamento dei relativi oneri non è subordinato alla validità della deliberazione di spesa, ma solo alla sua perdurante operatività, in quanto non sospesa nel giudizio riguardante la sua legittimità, con l’effetto che, nell’ipotesi in cui l’amministratore del condominio promuova il procedimento monitorio per la riscossione degli oneri condominiali, l’eventuale opposizione da parte del condomino ingiunto potrà riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione, ovvero il verbale della delibera assembleare, non anche la validità della deliberazione avente ad oggetto l’approvazione delle spese condominiali, che può essere contestata unicamente con l’impugnazione di cui all’art. 1137 del codice civile (Cass. civ. SS.UU. n. 26629/2009; Cass. civ. II, n. 17014/2010; Cass. civ. II, n. 17206/2005).
Attenzione, però: se questo è vero per le delibere meramente annullabili non può valere per quelle meramente nulle. Per cui anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il condominio potrà far valere la nullità della delibera di approvazione del rendiconto quando ad esempio mancano del tutto le cosiddette pezze di appoggio o sussistono altri motivi che rendono la delibera completamente nulla.