[A cura di: avv. Carlo Besostri Grimaldi – Ape Confedilizia Torino] Una delle varie novità introdotte dalla legge 220/2012 è la possibilità di nomina del revisore condominiale da parte dell’assemblea. È una figura ad oggi poco approfondita dalla dottrina, forse anche a causa delle evidenti lacune della norma che la riguarda. Nella prassi, peraltro, quella della nomina del revisore condominiale è una possibilità che in più occasioni si sta dimostrando efficace, a tutela non solo dei condòmini, ma altresì dello stesso amministratore che, se ha correttamente amministrato, è ben lieto di veder certificato il suo operato.
Pare doveroso, perciò, tracciare i contorni di questa figura professionale, individuandone con precisione i compiti, i poteri e le responsabilità.
L’art. 1130 bis c.c., prevede che: “(….) L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio (…)”.
Nell’esegesi della norma, occorre in primo luogo chiedersi il significato della locazione “in qualsiasi momento”, soprattutto alla luce della congiunzione disgiuntiva “o” che la lega alla locuzione seguente riferita a più annualità specifiche. In senso letterale, potrebbe intendersi che la nomina possa intervenire, non solo all’inizio, ma anche in corso di una annualità di bilancio, oppure, in senso più ampio (e sempre nel tentativo di fornire un’interpretazione conservativa e non tautologica) potrebbe ipotizzarsi un riferimento ad una nomina a tempo indeterminato. In tale secondo caso, occorrerebbe individuare quali norme si applichino per la durata, la cessazione e la revoca.
Pare più agevole constatare che, laddove invece l’articolo in esame si riferisce a “più annualità specificatamente indicate” non dovrebbero esservi problemi a ricomprendere nell’eventuale oggetto della revisione sia le annate future, sia quelle passate.
Quanto ai compiti del revisore, occorre dare un preciso contenuto alla locuzione “verifica della contabilità”, ai fini di individuare quali siano i suoi poteri ed i suoi doveri. Il primo riferimento normativo che l’interprete è tentato di utilizzare è l’art. 2477 c.c., il quale regolamenta l’organo di controllo monocratico o revisore nelle S.r.l..
Orbene, la domanda sorge spontanea: i poteri del revisore di condominio sono analoghi a quelli del sindaco unico? Sono due figure connotate sicuramente da aspetti comuni, ma non possono certo tacersi dubbi sulla possibilità di applicazione analogica della disciplina del secondo al primo.
Invero, in forza del richiamo all’art. 2403 c.c., al secondo spetta altresì il controllo di gestione della società, che gli impone di vigilare “sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”.
Viceversa, al revisore condominiale la norma attribuisce letteralmente la sola funzione di revisione contabile e non anche funzioni di controllo. Viene da chiedersi se detti compiti possano essergli attribuiti dal regolamento e, in tal caso, se quest’ultimo debba essere di natura contrattuale. Vero infatti che l’art. 1130 bis c.c. non è ricompreso nell’elenco di norme inderogabili di cui al quarto comma dell’art. 1138 c.c.; e vero anche che la maggioranza richiesta per la nomina del revisore (ai sensi del richiamato 1130 bis c.c.) è la medesima necessaria per l’approvazione del regolamento di condominio. Sicché potrebbe desumersi che l’assemblea stessa, in sede di nomina, possa derogare la previsione di legge, o, quantomeno, integrarla, attribuendo al revisore compiti e facoltà, anche di controllo, più ampi della pura revisione contabile.
Certo qualche perplessità può insorgere, laddove si osservi che le funzioni di controllo sono deputate dalla norma ad uno specifico organo: il consiglio di condominio (cfr. art. 1130 bis ultimo comma).
Altri dubbi, man mano, si presentano all’interprete della norma che si chiederà se, in caso di nomina del revisore, permangano i poteri del singolo condomino di controllo sull’operato dell’amministratore o se i medesimi debbano ritenersi implicitamente delegati al revisore dall’assemblea. Analogamente ci si chiede se, come previsto dall’art. 2405 c.c. per i sindaci, il revisore abbia il dovere di partecipare all’assemblea di condominio (cosa che, a chi scrive, sembra auspicabile).
Proseguendo nell’analisi, dovrà valutarsi se il DLT 27/01/2010, n. 39 art. 14, laddove regolamenta la relazione di revisione e il giudizio sul bilancio, contenga dei contenuti applicabili al revisore condominiale, ed in particolare se il revisore condominiale debba fornire una relazione scritta da consegnare ai condòmini prima della assemblea e quali debbano esserne i contenuti.
Ulteriori perplessità insorgono nell’individuazione delle eventuali cause d’ineleggibilità e di decadenza, laddove si prospettano possibili l’applicazione analogica dell’art. 2399 c.c., ovvero quella estensiva del regime di cui all’art. 71 bis disp. att. c.c..
Certo è che, stando alla lettera dell’art. 1130 bis c.c., l’assemblea potrebbe nominare qualsiasi soggetto, cosa che sembra poco coerente con la finalità dell’istituto. Analogamente vi è una grave lacuna nel regime delle possibili cause di incompatibilità alla carica di revisore condominiale.
Più agevole sembra il regime delle responsabilità, laddove forse neppure è necessaria l’applicazione analogica dell’art. 2407 c.c., posto che non parrebbe possano sorgere dubbi sui doveri di professionalità, verità e segretezza.
Le perplessità ritornano laddove si esaminino le possibili conseguenze della revisione. Viene da chiedersi: ma se l’assemblea, informata dal revisore di alcune imprecisioni o manchevolezze, approva lo stesso il bilancio, il fatto di aver disatteso le indicazioni del revisore comporta vizio di annullabilità della delibera o la medesima sarà impugnabile solo per vizi propri?
Oppure, in caso di revisione di annualità passate, l’assemblea, informata dal revisore, può revocare le precedenti delibere di approvazione di riparti relativi ad annualità precedenti? È ciò incompatibile con il termine decadenziale di cui all’art. 1137 c.c. o le delibere sono sempre revocabili?
Al termine di questa breve analisi, una sola cosa pare certa: i dubbi e le perplessità non sono pochi ed il lavoro per gli interpreti non mancherà e, forse, qualche indicazione in più da parte del legislatore non avrebbe fatto male.