Revoca giudiziaria dell’amministratore di condominio, presupposti e conseguenze
[A cura di: avv. Emanuele Bruno – www.studiobruno.info] Il decreto n. 1747/2019 del Tribunale di Taranto, affronta, ancora una volta, la fattispecie della revoca giudiziaria dell’amministratore di condominio. La disciplina, modificata dalla riforma ex. L. 220/2012, ha individuato ipotesi specifiche (c.d. gravi irregolarità) che, accertate, dovrebbero determinare automaticamente la revoca.
La vecchia formulazione dell’art. 1129 c.c. prevedeva che fosse il giudice a valutare se la “grave irregolarità” commessa dall’amministratore fosse tale da legittimare la revoca: in sostanza, il tribunale chiamato a decidere doveva effettuare una valutazione di merito. Il nuovo art. 1129 c.c., lascia al giudice una valutazione di merito solo in ipotesi residuali.
La tipizzazione delle gravi irregolarità, riportata nel comma 12 dell’art. 1129 c.c., escluderebbe la valutazione di merito da parte del giudice che dovrebbe limitarsi ad accertare la sussistenza o meno della grave irregolarità. Si tratta di un irrigidimento normativo ma anche di una importante possibile evoluzione della professione di amministratore condominiale che è sempre meno mandatario di compiti generici e sempre più professionista chiamato all’adempimento di compiti precisi, propri di una attività-professione strutturata. La riforma è opportunità di professionalizzazione ed evoluzione del modo di vivere la professione di amministratore.
Così il tribunale
Di seguito, alcuni passaggi della decisione richiamata, utili a chiarire e consolidare alcuni principi normativi.
- Mancata approvazione del bilancio ed approvazione plurima. L’art. 1130 comma 1, n.1 c.c., individua l’obbligo, posto in capo all’amministratore, di convocare annualmente l’assemblea per la presentazione ai condòmini del conto della gestione, discussione ed eventuale approvazione.
La discussione-approvazione del rendiconto annuale presuppone adeguata informazione che l’amministratore è tenuto a dare in favore dei condòmini affinché essi possano deliberare con cognizione di causa.
È legittima la richiesta dei condòmini di subordinare l’approvazione del bilancio annuale alla consegna, da parte dell’amministratore, di informazioni e documenti utili a comprendere i dati contabili e finanziari.
L’eventuale rinvio dell’assemblea non modifica l’obbligo di provvedere alla rendicontazione-approvazione del bilancio entro centottanta giorni decorrenti dal primo gennaio di ogni anno. Il rendiconto, pertanto, dovrà essere effettivamente approvato nel termine di 180 giorni e l’obbligo dell’amministratore non viene assolto con la mera convocazione assembleare che, per qualsiasi ragione, non delibera o viene rinviata.
Altro principio che si consolida è quello della annualità del rendiconto, che esclude la possibilità di proporre approvazione di più annualità in un’unica assemblea. L’approvazione pluriennale è essa stessa prova di grave irregolarità.
- Omessa informazione in favore dei condòmini. Il tribunale pugliese afferma che la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto annuale, senza la concreta disponibilità della documentazione a sostegno dell’attività svolta, è atto sostanzialmente elusivo dell’obbligo di legge, atteso che, così operando, l’amministratore propone all’assemblea una vera e propria approvazione al buio.
La questione assume rilevanza centrale. Infatti, l’obbligo dell’amministratore di porre a disposizione dei singoli condòmini la documentazione relativa all’amministrazione condominiale si fonda innanzitutto sull’art. 1713 c.c., costitutivo dell’obbligo di rendiconto a carico del mandatario, nel cui ambito può e deve ricondursi la figura dell’amministratore del condominio (…). Ne consegue che la sua trasgressione integra un inadempimento contrattuale dell’amministratore che deve essere adeguatamente allegato nei suoi estremi fattuali e di verificazione.
L’omessa consegna dei documenti è sostanzialmente equiparata alla omessa approvazione del bilancio.
In tema di condominio negli edifici, ciascun condomino ha diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale, e a tale diritto corrisponde l’obbligo dell’amministratore di predisporre un’organizzazione, sia pur minima, che consenta di esercitare lo stesso e di informarne i condòmini, sicché, a fronte della richiesta di un singolo condomino di accedere alla predetta documentazione, grava sull’amministratore, ovvero sul condominio che intenda resistere all’impugnazione della delibera assembleare proposta dal condomino dissenziente, l’onere della prova dell’inesigibilità ed incompatibilità della richiesta con le modalità previamente comunicate (Cass. n. 19799/2014).
- La sostituzione dell’amministratore non fa cessare la materia del contendere. L’amministratore convenuto aveva rilevato che, nelle more, era intervenuta delibera condominiale di nomina nuovo amministratore, quindi, a suo dire, cessava la materia del contendere.
L’art. 1129 comma 13 c.c. dispone: “In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare l’amministratore revocato”. Ne consegue che la revoca giudiziale produce effetti ulteriori e più ampi rispetto ad altre cause di cessazione dell’ufficio di amministratore, quali la revoca approvata dall’assemblea condominiale o le dimissioni volontarie dell’amministratore. Il singolo condomino, istando per la revoca giudiziale, ha diritto così di vedersi riconosciuti tutti gli effetti che la legge vi riconnette. Ne deriva che la sovrapposizione, anche processuale, di altre cause di cessazione dell’ufficio di amministratore condominiale non estingue l’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c. (“per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”) che regge la domanda di revoca giudiziale proposta e, pertanto, non è completamente satisfattiva del diritto e delle ragioni con essa azionate dal condominio istante (Tribunale di Taranto, ord. 1747/2019 – conforme a decreto n. 3283/2016).
- Interdizione perpetua dell’amministratore revocato. Il comma 13 dell’art. 1129 c.c. statuisce che “In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato”.
Il singolo condomino ha un vero e proprio diritto soggettivo alla rimozione perpetua dall’ufficio dell’amministratore resosi colpevole di gravi irregolarità, effetto non conseguibile mediante revoca assembleare. L’interpretazione, spiega il tribunale, è coerente con la direttrice evolutiva dell’intero sistema normativo improntata alla tutela del diritto individuale del singolo condomino, al quale la legge attribuisce una particolare forza di resistenza che lo rende insensibile a possibili accordi tra maggioranze compiacenti con l’amministratore autore della c.d. mala gestio.
La rimozione perpetua dell’ufficio, essendo configurata come mero effetto legale del decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria, non richiede apposita domanda da parte del ricorrente, onde infondata si appalesa l’argomentazione appositamente formulata dal convenuto che ha pure eccepito l’assenza di una apposita ed espressa richiesta in tal senso da parte dei ricorrenti.
In definitiva, il Tribunale di Taranto con ord. 1747/2019, ha chiarito che la rimozione perpetua è effetto automatico del provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria.