[A cura di: Arianna Cornelli, centro studi CONFAPPI-FNA] Deve essere dichiarata nulla la delibera con cui l’assemblea supercondominiale approvi il proprio rendiconto di gestione comprendendovi le spese dei palazzi costituenti il supercondominio e, in particolare, le spese di pulizia e progettazione dei lavori per la prevenzione incendi.
Sussiste eccesso di potere dell’assemblea supercondominiale che deliberi sulle spese di pulizia dei singoli palazzi, posto che solo le assemblee di questi ultimi sono legittimate a decidere in materia.
La domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, morali ed esistenziali, conseguente alla violazione degli obblighi della corretta distribuzione delle spese tra condominio e supercondominio deve essere rigettata – a parte il rispetto degli oneri probatori – essendo impossibile attribuire l’illecito aquiliano indistintamente al supercondominio o alla assemblea, fermo restando che una delibera viziata non comporta automaticamente un illecito extracontrattuale. Questo in sintesi il contenuto della pronuncia del Tribunale di Milano 18 maggio 2018.
Con atto di citazione ritualmente notificato, un condomino proprietario di una unità immobiliare in un condominio facente parte di un supercondominio, ha impugnato per nullità le delibere assunte dall’assemblea supercondominiale con cui erano stati approvati il rendiconto della gestione annuale e il preventivo di quella successiva, comprendente le spese di ciascun condominio, eccependo vizi inerenti errori di riparto delle singole voci di spesa. L’attore eccepiva l’eccesso di potere dell’assemblea supercondominiale per avere deliberato su spese non inerenti le parti comuni del supercondominio o comunque non dovute. Si costituiva il supercondominio in persona del suo amministratore, chiedendo il rigetto di tutte le domande.
Previa assegnazione della causa in decisione, il Giudice di primo grado decideva nei sensi di cui alla massima soprariportata, dando atto che nella stessa vicenda, la Corte d’Appello di Milano e successivamente la stessa Suprema Corte di Cassazione avevano già ritenuto l’esistenza di diversi monocondomini nell’ambito di un supercondominio.
Per il Tribunale di Milano, la Suprema Corte, rigettando il ricorso avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Milano del 24/06/2015, aveva affermato che al pari del condominio degli edifici regolato dall’art. 1117 e segg. c.c., anche il supercondominio deve ritenersi costituito ipso iure e facto, se il titolo non disponga altrimenti, senza necessità di apposite manifestazioni di volontà e tanto meno di approvazioni assembleari, sufficiente essendo che i singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati – attraverso la relazione da accessorio a principale – agli edifici medesimi e perciò appartenenti pro quota ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati (si veda la pronuncia della Cassazione 15/11/2017, n. 27094).
Il Tribunale accoglieva la domanda dell’attore non solo con riguardo alle spese delle singole gestioni condominiali, ma anche all’appalto delle spese di progettazione per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi di ciascun condominio – inserito nel rendiconto consuntivo e preventivo super condominiali – posto che tale domanda risultava coperta dal giudicato formatosi sulla sentenza della Corte d’Appello di Milano 2719/2015. Alla stregua di tali motivazioni, il Tribunale respingeva però la domanda di risarcimento danni nei confronti del supercondominio.
La questione affrontata dal Tribunale di Milano coinvolge alcune tematiche di interesse, quali la definizione normativa e le competenze gestorie del supercondominio dopo la legge n. 220/2012; i rapporti tra singolo condominio e supercondominio; il riparto delle spese condominiali e supercondominiali e, infine, il diritto del condomino, danneggiato da una delibera illegittima, a conseguire il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali.
Quanto alla definizione normativa del supercondominio e dei complessi residenziali atipici, non può prescindersi dall’art. 1117-bis c.c., che ha istituzionalizzato l’istituto del supercondominio e del cosiddetto condominio orizzontale: le disposizioni sul condominio si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c.
La nuova disposizione ha inteso applicare la normativa condominiale anche al supercondominio, sulla scorta della dottrina e della giurisprudenza del passato per le quali, ai fini della configurazione di un condominio, deve sussistere un rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio, condominiali e supercondominiali, alle proprietà singole delle quali le prime rendono possibile l’esistenza e l’uso. In particolare, nella legge di riforma, la nozione di supercondominio è stata configurata non solo nella ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale, ma anche in senso orizzontale, quando siano dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali di cui all’art. 1117 c.c.
La disciplina dettata dall’art. 1117-bis c.c., è applicabile se e in quanto compatibile con la regolamentazione pattizia del complesso. In questo senso, l’inciso “in quanto compatibile”, sta a significare che la compatibilità deve essere accertata con riferimento alle regolamentazioni pattizie e alle tipologie edilizie previste dall’art. 1117-bis, e cioè «in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici, abbiano parti comuni». In tale ultimo ambito possono rientrare non solo i complessi di villette a schiera, ma anche le proprietà inserite negli edifici delle cosiddette corti comuni, oltre che in altre tipologie edilizie.
Ai fini della sussistenza del rapporto di accessorietà tra parti comuni e proprietà esclusive, occorre distinguere tra parti comuni suscettibili di godimento autonomo e parti comuni strumentalmente necessarie al godimento delle proprietà individuali. Solo rispetto alle seconde può sussistere un vero e proprio rapporto di condominialità, mentre rispetto alle parti comuni in godimento autonomo deve applicarsi la normativa sulla comunione ordinaria.
Anche quando manchi un così stretto nesso di accessorietà, materiale e funzionale, tra parti comuni e proprietà individuali non può peraltro escludersi la condominialità relativamente a un insieme di edifici indipendenti giacché, alla stregua degli artt. 61 e 62 disp. Att. c.c. – che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi e la costituzione di condomini separati – deve ritenersi consentita la costituzione di un condominio tra fabbricati a sé stanti, aventi in comune solo alcuni elementi o locali o servizi o impianti condominiali. Ed infatti, per i complessi immobiliari che comprendano più edifici autonomi, è rimessa alle parti la scelta se dare luogo alla formazione di un unico condominio, ovvero di distinti condomini per ogni fabbricato, accorpati in un supercondominio, al quale sono applicabili le norme di cui all’art. 1117 c.c.: si pensi alle portinerie, alle reti viarie interne, agli impianti dei servizi idraulici o energetici dei complessi. Restano invece soggette alla disciplina della comunione ordinaria le altre eventuali strutture dotate di una propria autonomia ma svincolate da un rapporto di accessorietà con le parti comuni quali, ad esempio, le attrezzature sportive, gli spazi d’intrattenimento, i locali di centri commerciali inclusi nel comprensorio comune.
In ogni caso, la giurisprudenza ha escluso l’applicabilità delle norme sul condominio, in un caso in cui tra i vari condomini sussisteva solo una comunione ordinaria di natura convenzionale per la gestione delle parti comuni relative ad un complesso residenziale, formato da un insieme di edifici distinti in vari blocchi, ciascuno dei quali era a sua volta formato da vari fabbricati costituiti in condominio. Con la conseguenza che, solo in presenza di una comunione di beni caratterizzata da strumentalità e accessorietà tra parti comuni e proprietà esclusive, si può parlare di supercondominio, posto che tale accessorietà ha ad oggetto le parti necessarie per l’esistenza o l’uso delle unità abitative, così come previsto dall’art. 1117, n. 1, c.c..
Per il Tribunale di Milano, il riparto delle spese, in un supercondominio che accorpi edifici monocondominiali, deve avvenire alla stregua di due tabelle millesimali distinte: la prima riguardante i millesimi supercondominiali, che stabilisca la ripartizione delle spese tra i singoli condomini per la conservazione e il godimento delle parti comuni a tutti gli edifici; la seconda riguardante la gestione interna del solo edificio mono condominiale.
Anche alla materia del supercondominio è applicabile l’art. 1129 c.c. Si veda la giurisprudenza secondo cui “applicabile al supercondominio, quale norma compatibile è, senz’altro, l’art. 1129 del codice civile: nel caso in cui facenti parte del supercondominio siano oltre 8 partecipanti, occorrerà la nomina dell’amministratore con tutte le implicazioni conseguenti” (Cass. 12/06/2018, n. 15272). Fermo restando che non è possibile escludere, dall’ambito di applicazione della disciplina supercondominiale, l’eventualità che l’amministratore sia identico sia per il supercondominio che per i singoli condomini. Ciò non toglie che i due condomini abbiano una piena autonomia gestionale, di registri e conti correnti, e compiti di riparto delle spese, nonostante l’amministratore sia uguale.
In particolare, quando sia unico, l’amministratore è legittimato attivo e passivo, nella qualità di amministratore del supercondominio o del singolo condominio, a seconda che l’atto di amministrazione riguardi il condominio singolo o il supercondominio.
Quanto alla risarcibilità del danno, per il Tribunale di Milano vale osservare che la illegittimità di una delibera condominiale non comporta di per sé l’obbligo del risarcimento danni, non fosse altro per la considerazione che, nei singoli condomini e nel supercondominio, alla illegittimità di una delibera assembleare soccorre l’impugnativa di cui all’art. 1137 c.c., mentre all’azione di risarcimento conseguente alla illegittimità, può ricorrere solo il condomino, astenuto o dissenziente, che abbia riportato un danno immediato e diretto ai suoi diritti individuali (art. 1227 c.c.) e non anche quando il danno da illegittimità costituisca solo un danno collettivo per tutti i condòmini.