[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano] Occorre allertare al più presto tutti gli amministratori di condominio nonché tutti gli altri operatori del condominio su un recente “revirement” della Suprema Corte in materia di nullità ed annullabilità delle delibere inerenti il riparto delle spese in condominio.
Ma andiamo con ordine. La Corte di Cassazione con ben due recentissime ordinanze – la prima del 20 dicembre 2018 sezz. VI/II, n. 33039 e la seconda Cass. sez. II, n. 470 del 10 gennaio 2019 – ha statuito, riaffermando così la sua funzione di nomofilachia, la nullità delle delibere condominiali che approvano in concreto il riparto di una spesa in deroga ai principi normativamente previsti. E lo ha fatto attraendole nel vizio di nullità per impossibilità dell’oggetto. Superando, così, i precedenti orientamenti che invece operavano una distinzione tra:
Con i provvedimenti in esame, superando il precedente orientamento (Cass. n. 16793/06 e Cass. n. 7708/07) la Corte di Cassazione ha stabilito che: “Sono da considerare nulle per impossibilità dell’oggetto, e non meramente annullabili, tutte le delibere dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condòmini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tale fine un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale”.
Ricordiamo che, mentre l’art. 1137 c.c. individua i vizi di annullabilità riconducendoli a quelli che violano le norma di legge o del regolamento, per le declaratorie di nullità il codice civile nulla prevedeva e si faceva riferimento, per individuarle, ai principi generali dell’ordinamento. La giurisprudenza ha individuato le seguenti fattispecie: delibere aventi oggetto illecito o impossibile, prive di elementi essenziali, quelle prese non in assemblea o che incidono sulla proprietà esclusiva o comunque quelle riguardanti un oggetto che esorbiti dalle attribuzioni dell’assemblea. Ed è proprio in quest’ultima categoria che la Suprema Corte ha fatto rientrare le delibere che approvano riparti delle spese in violazione di principi normativi. In pratica, ha ritenuto che l’assemblea (secondo il principio di approvazione maggioritario su cui si fondano le delibere) non avrebbe il potere di decisione. Solo un contratto tra tutti i condòmini potrebbe farlo, e quindi una delibera assunta all’unanimità.
Se da un punto di vista del diritto tale nuova impostazione si potrebbe anche condividere, occorre anche considerare che il riparto delle spese è una di quelle materie che si presta ad innumerevoli casi pratici e di difficile interpretazione. Per tale motivo, le decisioni in esame finiscono per creare in concreto notevoli difficoltà che si scontrano con i principi di certezza del diritto e di buona fede nella circolazione dei beni. Infatti, trattandosi di nullità anche a distanza di anni ed anche in sede di opposizione a D.I. i condòmini potrebbero rimettere in discussione una delibera che ha deciso in concreto il riparto delle spese. Con conseguenze facili da immaginare ad esempio in tema di aumento del contenzioso.