[A cura di: avv. Emanuele Bruno – www.studiobruno.info]
La norma spiega che soltanto chi è proprietario dell’ultimo piano può costruire, e che per ultimo piano si intende anche il lastrico solare.
Il diritto può essere escluso o limitato mediante convenzione, quando risulti differentemente dal titolo. Per titolo si deve intendere tanto l’atto di acquisto della proprietà quanto un regolamento contrattuale incorporato nell’atto di compravendita (Cass. n. 15504/2000); in tale ipotesi, la limitazione opera come servitù altius non tollendi, è opponibile anche al terzo acquirente e potrà essere fatta valere tanto dal singolo condomino quanto dall’ente condominio (Cass. 10397/1994).
Il proprietario dell’ultimo piano di un edificio in condominio può elevare nuovi piani o fabbriche solo nel caso in cui sopra il suo appartamento sussistano manufatti di proprietà comune (come il tetto od il sottotetto non praticabile), che possono essere spostati al termine della sopraelevazione. Ma, qualora la soffitta (o il sottotetto) di un edificio in condominio sia di proprietà esclusiva di uno solo dei condòmini, essa dev’essere considerata, ai fini della sopraelevazione, come ultimo piano, onde, ai sensi dell’art. 1127 c.c., il diritto di sopraelevare l’edificio spetta solo al proprietario di essa (Cass. 5608/1978).
Identica limitazione sussiste nel caso in cui il lastrico solare (che svolge funzioni di copertura) risulti essere proprietà privata di un condomino.
La sopraelevazione deve spostare verso l’alto le servitù eventualmente esistenti, quindi, deve garantire il mantenimento delle servitù di scolo delle acque, di copertura-isolamento, sostanzialmente, deve ricostruire in apice la situazione sopra la quale edifica.
La costruzione è esclusa quando comporta rischi per la staticità dell’edificio. L’art. 1127, comma 2, c.c., il quale fa divieto al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale di realizzare sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato e consente agli altri condòmini di agire per la demolizione del manufatto eseguito in violazione di tale limite; impedisce altresì di costruire sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, fondandosi la necessità di adeguamento alla relativa normativa tecnica su una presunzione di pericolosità, senza che abbia rilievo, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione in sanatoria relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell’edificio, giacché tale provvedimento prescinde da un giudizio tecnico di conformità alle regole di costruzione.
In ogni caso va ribadito che è pacifico il principio secondo cui la (eventuale) sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici – amministrativi, penali e/o fiscali – e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati, lasciando impregiudicati i diritti dei privati confinanti derivanti dall’eventuale violazione delle distanze legali o degli altri limiti legali di vicinato previsti dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici dello stesso codice (Cass. 2115/2018).
I condòmini possono opporsi (ciò significa che l’esclusione non opera automaticamente ma necessita di attivazione da parte dell’assemblea) nel caso in cui la sopraelevazione pregiudichi il decoro architettonico dello stabile.
L’aspetto architettonico, cui si riferisce l’art. 1127 c.c., comma 3, quale limite alle sopraelevazioni, sottende una nozione sicuramente diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dall’art. 1120, comma 4, c.c., art. 1122, comma 1, c.c. e art. 1122-bis c.c., dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore (Cass. n. 22156/2018). Né il decoro architettonico va considerato solo con riferimento alla facciata principale del fabbricato, poiché la facciata rappresenta l’immagine stessa dell’edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile. Il pregiudizio all’aspetto architettonico, peraltro, una volta accertato si traduce in una diminuzione del pregio estetico e, quindi, anche economico del fabbricato (Cass. n. 16258/2017).
Nel caso in cui la sopraelevazione rispetti il decoro architettonico e la staticità del fabbricato, i condòmini non possono opporsi avendo unicamente diritto alla liquidazione della indennità. Sotto questo profilo, è importante che il condomino che intende sopraelevare si munisca di documentazione utile a dimostrare la sussistenza dei requisiti statici dell’immobile così da vincere eventuali opposizioni.
Nell’ipotesi in cui sussistano i requisiti prescritti dalla norma, non è necessario un passaggio-autorizzazione assembleare, ben potendo il condomino procedere autonomamente (Cass. 15504/2000). Tuttavia potrebbe accadere che garantire la staticità del fabbricato richieda interventi edilizi al fine di garantire la staticità, in tale ipotesi, occorrerà chiedere autorizzazione all’assemblea che – in linea di massima e di principio – dovrà autorizzare le opere.
La sopraelevazione determina un differente rapporto tra proprietà singola e proprietà comune. Semplificando, se costruisco sul lastrico solare, il nuovo immobile mi vedrà proprietario di una parte più consistente dello stesso fabbricato. Tale variazione implica che gli altri condòmini vedranno diminuita la loro quota di partecipazione rispetto all’intero. In condominio, le tabelle millesimali indicano il rapporto tra la proprietà singola e la proprietà comune. Ciascun condomino detiene la comproprietà delle parti comuni in misura pari ai millesimi a lui attribuiti dalla tabella di proprietà generale. La sopraelevazione implica un incremento di millesimi a favore del condomino dell’ultimo piano e ciò determinerà una riduzione delle quote dei restanti condòmini che, per esempio, vedranno ridotta la quota di comproprietà del suolo sul quale l’immobile è edificato. L’indennità ha la funzione di remunerare tale perdita.