[A cura di: Dr. Ettore Di Folca – funzionario presso la Procura della Repubblica di Napoli ed esperto condominialista]
Nell’esperienza contemporanea, e non solo nelle moderne città metropolitane, la realtà costruttiva presenta spesso edifici contigui, autonomi, aventi una serie di servizi in comune (riscaldamento centralizzato, parco giochi ecc.) ovvero aventi diversi beni in comune (viali di accesso, cortili ecc.). Lo scopo di questi complessi edilizi è, ovviamente, lo sfruttamento più razionale possibile delle costruzioni.
Vi è subito da dire che l’articolo 1117 bis c.c., introdotto ex novo dalla legge di riforma (L. 220/2012), nel definire l’ambito di applicabilità delle disposizioni sul condominio ha chiarito che detta normativa si applica in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117 c.c., e quindi anche al supercondominio.
Fino alla riforma, l’inquadramento della figura tipica del supercondominio era un problema che si tendeva solitamente a risolvere in un’alternativa tra un’estensione della normativa sul condominio negli edifici ed un’applicazione diretta della normativa generale sulla comunione. La Cassazione, però, in tempi recenti aveva già affermato l’applicabilità al supercondominio delle norme sul condominio negli edifici, e non già di quelle sulla comunione in generale, con la conseguente applicabilità della presunzione legale di condominialità anche ove non si tratti di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, purché si tratti di beni stabilmente ed oggettivamente destinati all’uso o al godimento di tutti gli edifici .
Va quindi ritenuto che per supercondominio si intende la fattispecie legale che si riferisce ad una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomìni, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, eccetera) in rapporto di accessorietà con i fabbricati.
Ai fini della costituzione di un supercondominio non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente, come si è detto, che i singoli edifici abbiano materialmente in comune alcuni impianti o servizi ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 cod. civ. Pertanto, al supercondominio si applicano, in toto, le norme sul condominio, anziché quella sulla comunione. In particolare, al supercondominio si applicano le disposizioni dettate dall’art. 1136 c.c. in tema di convocazione, costituzione e formazione dell’assemblea e calcolo delle maggioranze (cfr. Cass. n. 4439/1982).
Le delibere dell’assemblea generale del supercondominio hanno efficacia diretta ed immediata nei confronti dei singoli condomini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità di passare attraverso le delibere di ciascuna assemblea condominiale (cfr. Cass. n. 11276/1995). In particolare, laddove esiste un supercondominio, devono esistere due tabelle millesimali: la prima riguarda i millesimi supercondominiali, e stabilisce la spartizione della spesa non tra i singoli condomini, ma tra gli edifici che costituiscono il complesso; la seconda tabella è quella normale ed interna ad ogni edificio.
Le norme codicistiche dirette ex se a disciplinare l’istituto del condominio trovavano automatica applicazione anche nel caso del supercondominio. Infatti, si ritenevano applicabili ai beni o servizi del supercondominio le norme sul condominio degli edifici e, segnatamente, la presunzione di comunione dettata dall’articolo 1117 c.c. nonché le disposizioni dettate dall’articolo 1136 c.c. in tema di convocazione, costituzione e formazione dell’assemblea, nonché di calcolo delle maggioranze da determinare avendo riguardo agli elementi reali e personali del supercondominio configurati, rispettivamente, da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i loro proprietari.
Invece, l’articolo 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, nella nuova versione introdotta dalla legge di riforma (L. 220/2012), ha dettato delle disposizioni in materia di assemblea che sono parzialmente diverse rispetto alla normativa precedente e che occorre sicuramente tener presente nella gestione di un supercondominio.
A norma del terzo comma dell’articolo 67 disp. att. c.c., nei casi di cui all’articolo 1117 bis c.c. (e quindi anche del supercondominio), quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, c.c., il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condomini e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio.
Qualora alcuni dei condomini interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condòmini.
La norma in esame continua sancendo che ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio l’ordine del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condomini. All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.
Dalla lettura della norma si evince che uno degli obiettivi perseguiti dalla riforma sia stato quello di fare in modo che i supercondomini funzionassero effettivamente, anche se è stata introdotta la nuova figura del rappresentante. Tali disposizioni, inoltre, rendono più funzionali le assemblee e, in particolare, facilitano la scelta dell’amministratore ed ogni altra decisione che riguardi i beni comuni a tutti i fabbricati.
Per fare un esempio pratico: nel caso di un complesso residenziale costituito da tre distinti fabbricati, ciascuno degli edifici integra un condominio distinto. Ad esso appartengono i soli proprietari delle unità abitative ivi ubicate e la relativa assemblea è competente a deliberare in merito alla gestione ed amministrazione dei beni di quel solo stabile che sono destinatI all’uso ed al godimento comune. Invece, per quel che concerne i beni ed i servizi comuni a tutti e tre i fabbricati, costituenti il complesso residenziale, sussiste un ulteriore (super) condominio deputato a provvedere alla loro gestione attraverso un’assemblea alla quale hanno titolo per partecipare i proprietari delle unità ubicate in tutti e tre gli edifici.
Di conseguenza, qualora la delibera di approvazione avesse riguardo ad un unico bilancio e fosse presa con il voto di tutti i partecipanti al complesso immobiliare, essa è da ritenersi completamente nulla. Infatti, occorre approntare distinti documenti contabili, il primo: riflettente le poste attive e passive della gestione dei beni comuni all’intero complesso; altri tre separati bilanci quelle inerenti alla gestione dei singoli corpi di fabbrica, ognuno dei quali da sottoporre al vaglio ed all’approvazione separata di ciascuna assemblea condominiale. Per cui, ove invece l’approvazione si avesse in una unica assemblea bisogna ritenere che la stessa abbia oltrepassato i propri poteri che trovano un limite nella gestione dei soli beni comuni all’intero complesso edilizio.
Infatti qualora fossimo in presenza di un “parco” composto da più fabbricati, ciascuno dei corpi di fabbrica costituirà un separato condominio dotato dei propri organi di gestione competenti a deliberare in merito alla conservazione, all’utilizzo ed alle spese da sostenere per l’amministrazione delle parti comuni dello stabile (assemblea ed amministrazione) e, accanto a tali condomini, ne sussisterà un altro deputato alla gestione dei beni e dei servizi destinati in modo permanente all’uso ed al godimento di tutti gli edifici dotato di analoghe competenze.
Affinché l’intero complesso edilizio possa essere considerato alla stregua di un intero edificio, e costituire un solo condominio dotato di competenza generale, occorrerebbe, infatti, necessariamente poter individuare un titolo convenzionale costitutivo di una comunione tra tutti gli abitanti del complesso sulle parti strutturali di tutti gli edifici; in mancanza di tale titolo, bisogna considerare l’esistenza di quattro separati condomini (uno per ciascun corpo di fabbrica più quello relativo ai beni ai medesimi comuni). Ciò in virtù di quanto previsto dai principi generali in difetto di un titolo contrario. Tra l’altro, un’eventuale delibera a maggioranza assunta dall’assemblea di un supercondominio per istituire un unico condominio tra i vari edifici sarebbe nulla, violando il diritto di ciascun condomino di far parte del condominio costituito dal solo edificio in cui è proprietario di unità immobiliari.
Resta eventualmente de verificare, sempre nel caso di complesso residenziale formato da più fabbricati, l’esistenza di un regolamento condominiale che stabilisca un’unità di gestione statuendo che le delibere inerenti all’amministrazione dei singoli fabbricati vengano comunque assunte in seno all’assemblea generale con le maggioranze ed il quorum costitutivo per la medesima previsto. In tale evenienza, il predetto regolamento dovrebbe essere considerato nullo; infatti, tanto i regolamenti formati a maggioranza dall’assemblea quanto quelli aventi natura contrattuali perché formati dall’originario proprietario dell’edificio e richiamati negli atti d’acquisto delle singole unità abitative che lo compongono, non possono derogare alle disposizione codicistiche richiamate dall’art. 1138 u.c. c.c. e, segnatamente, all’art. 1136 c.c. che individua i soggetti legittimati a partecipare all’assemblea e le maggioranze necessarie per la rituale costituzione e per l’approvazione delle delibere.
Ne consegue che la previsione regolamentare relativa all’adozione delle delibere dei singoli condomini in seno all’assemblea generale con le maggioranze per la medesima previste, sarebbe evidentemente nulla legittimando la partecipazione al voto di soggetti che non hanno veste di condòmini e fissando maggioranze evidentemente superiori a quelle legali. Tale ragionamento è stato recentemente confermato dalla S.C. che, con sentenza n. 23688 del 06.11.2014, ha ritenuto nulla la delibera assembleare del supercondominio che aveva approvato il rifacimento delle facciate dei tre diversi fabbricati che lo compongono.