[A cura di: Maurizio Zichella – vice pres. naz. Arco] Le soluzioni abitative offerte dal mondo edilizio odierno sono numerose: dalle case monofamiliari o plurifamiliari agli appartamenti veri e propri o alle ville a schiera o semplici. Un tipo di abitazione molto in voga attualmente è proprio quello della casa a schiera: un’abitazione che prevede più unità abitative, solitamente di natura monofamiliare, che sono poste una a fianco all’altra. La casa a schiera è spesso provvista di un piccolo giardino o di un orticello e al suo interno può avere una scala che conduce ai diversi piani della stessa.
Il termine di queste tipologie di abitazioni deriva proprio dal modo in cui vengono costruiti gli alloggi, ovvero “a schiera”. Ogni singola abitazione delle case a schiera viene separata dall’altra mediante muri ciechi comuni collocati sull’allineamento di confine delle singole unità abitative.
Capita spesso di leggere nei vari forum la domanda di alcuni lettori riguardante la possibilità di considerare queste tipologie di unità abitative come dei condomini parziali oppure no, ovvero se si applicano le norme sul condominio.
La prima cosa da ribadire è che nel 2005 la stessa Corte di Cassazione(sent. n. 8066 18 aprile 2005) affermò che la figura del condominio ricorre anche nell’ipotesi di compendi composti da più edifici autonomi, caratterizzati da un rapporto di accessorietà necessaria, ossia “che lega le parti comuni alle singole proprietà individuali, delle quali rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, come per esempio le reti fognarie, gli impianti dei servizi idraulici o energetici, per cui in questi casi si configura l’ipotesi di cui agli art. 1117 c.c. e 62 disp.att.c.c.“.
La villetta a schiera è l’esempio classico di quanto evidenziato sopra, proprio per la sua conformazione dove è possibile trovare in comune più di un elemento che ci consente di parlare di condominio parziale.
La sentenza che si vuole portare all’attenzione è del Tribunale di Modena n.280/2018 dove parte attrice richiedeva l’esecuzione della delibera condominiale totalitaria per partecipanti e millesimi dove venivano approvati alcuni lavori di manutenzione tra i quali il “Ripristino della parete esterna riportandola al suo colore originale…”. Da qui la domanda se possono essere considerati come parti comuni i muri esterni ossia i muri perimetrali della prima e dell’ultima villetta a schiera che compongono il complesso edilizio.
La risposta non è unica per tutte le situazioni, ma dipende dalla tipologia strutturale del complesso edilizio. Nel caso di specie, il Tribunale di Modena evidenziava come le villette erano collegate tra loro da un muro di confine che le rendeva adiacenti.
Dallo stato dei luoghi emergeva che vi era uno sviluppo orizzontale con unitarietà tra i vari scomparti sia in altezza che nella copertura del tetto priva di soluzione di continuità e le aree cortilive pertinenziali e la cancellata esterna non presentavano soluzione di continuità.
Dalla descrizione appena evidenziata il Tribunale di Modena concludeva che il complesso edilizio in questione non poteva essere considerato come composto da tante villette autonome e separate connesse eventualmente solo dai muri perimetrali di confine tra due unità adiacenti, ma siamo in presenza di un condominio orizzontale che non coinvolge solo i muri di confine, ma, più nel suo complesso, le caratteristiche fondanti della globalità dell’edificio nel suo complesso, inteso, per molteplici fini, nella sua unicità. Ciò, in particolare, si riscontra per quanto concerne il decoro architettonico, che, a mente degli art. 1102 e 1120 c.c., attiene indiscutibilmente alle competenze assembleari.
Altro elemento che dovrebbe essere preso in considerazione è quello relativo allo scavo dove poggiano le fondazioni ovvero se il blocco edilizio è frutto di un unico scavo con fondazioni uniche, elemento che avvalora ancora di più la tesi di valutare come comuni a tutti i muri esterni.