[A cura di: avv. Paolo Ribero] Anche in materia di violazione del regolamento di condominio è intervenuta la legge 11/11/2012 n. 220 (cd. Legge di riforma del condominio) modificando l’art. 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile rendendo effettive le sanzioni già previste dal legislatore codicistico (€ 0,05) che – non essendo stato adeguato l’importo alla svalutazione – erano divenute prive di una concreta forza deterrente.
Il testo aggiornato prevede che “per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad € 200,00 e, in caso di recidiva, fino ad € 800,00. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie”. Tale norma è stata successivamente integrata dall’art. art. 1 comma 9 lett e) del decreto legge 23/12/2013 n. 145 (convertito in legge del 21/2/14 n. 9) introducendo il seguente capoverso: “L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’art.1136 del Codice”.
Con questo secondo intervento il legislatore ha precisato che l’amministratore potrà intervenire ed irrogare la sanzione solo a seguito di delibera assembleare approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
È importante precisare che la sanzione discende dalla violazione del regolamento di condominio e che pertanto l’assemblea non potrà deliberare l’applicazione di una sanzione nel caso di un comportamento che non si possa inquadrare in una fattispecie non contemplata dal regolamento. Ovviamente, la sanzione potrà essere irrogata solo successivamente alla delibera e non per comportamenti – pur in contrasto con il regolamento – ma precedenti.
La norma non chiarisce se la recidiva da cui può discendere l’ingente aggravamento della sanzione riguardi la stessa violazione o altra disposizione del regolamento. In applicazione del principio “in dubio pro reo” opterei per l’interpretazione più favorevole al sanzionato e quindi a ravvisare la maggiorazione nella sola ipotesi di reiterazione della medesima violazione.
Poiché la norma di cui all’art. 70 disp. Att. C.c. prevede una “sanzione privata” ossia una sanzione che riguarda i soli partecipanti alla comunione condominiale, solo ad essi potrà essere irrogata (es. se il regolamento vieta il parcheggio di autovetture nel cortile, l’assemblea potrà prevedere – con le maggioranze richieste dal legislatore – una sanzione per il condomino che viola tale norma; ma se – nell’ipotesi in cui il cortile sia aperto – vi posteggiasse arbitrariamente un terzo, a quest’ultimo, estraneo alla comunità condominiale, non si potrà applicare la sanzione deliberata in assemblea). Potrà invece essere destinatario della sanzione il condomino-locatore nel caso di violazione del regolamento da parte del proprio conduttore.
Giurisprudenza e dottrina sono pacifiche nel riconoscere tale responsabilità. Già nel 1997 con sentenza del 29 agosto 1997 n. 8239, la Corte di Cassazione affermava che “il condomino, siccome principale destinatario delle norme regolamentari, si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua, ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo bene”. Si ravvisa in questa fattispecie una sorta di culpa in eligendo o in vigilando in quanto il proprietario-condomino deve garantire alla collettività condominiale che il soggetto da lui autorizzato ad utilizzare gli spazi e servizi comuni sia rispettoso delle regole che i condomini si sono posti.
Tale principio è stato ancora ribadito con sentenza della Cassazione n. 4920/2006 ove viene chiaramente affermato che “il condomino, siccome principale destinatario delle norme regolamentari, […] è tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, ma altresì a prevenire le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto”.
L’unica difesa che potrà invocare il locatore sarà quella di essersi attivato (dandone prova) per impedire la realizzazione della violazione ma per un maggiore esonero da responsabilità dovrà altresì dimostrare di aver richiesto anche la risoluzione del rapporto.
È opportuno precisare che l’assemblea potrà deliberare l’applicazione di sanzioni solo nei limiti stabiliti dall’art. 70 disp. att. C.c., pertanto sarebbero da considerarsi nulle, in quanto assunte contra legem, non solo le delibere che prevedano una sanzione di importo superiore a quella indicata dal legislatore ma anche quelle che prevedano sanzioni diverse da quelle pecuniarie: questo perché nel nostro ordinamento non è consentito al privato il diritto di autotutela se non in casi tassativi, eccezionali e stabiliti dal legislatore.
Sul punto è interessante ricordare il principio enunciato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 820 del 16 gennaio 2014. In tale pronuncia la Cassazione ha dovuto valutare la legittimità di una delibera assembleare in cui si stabiliva la rimozione coatta della vettura di un condomino, con spese a suo carico, per inosservanza delle regole di uso dei parcheggi comuni. La Corte ha chiarito che così come la sanzione pecuniaria non possa essere superiore a quanto stabilito eccezionalmente dal legislatore nell’art. 70 disp. Att. C.C., “a maggior ragione non si può ritenere che sia consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie, ovvero diversamente “afflittive”, ciò che sarebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento che non consentono al privato, se non eccezionalmente, il diritto di autotutela”.