[A cura di: prof. avv. Rodolfo Cusano] In materia condominiale il ricorso ai procedimenti di volontaria giurisdizione è espressamente previsto:
Le disposizioni regolatrici di questi procedimenti in camera di consiglio sono indicate nel capo IV del titolo II del Libro IV intitolato ai procedimenti speciali del nostro codice di procedura civile (1). Esse prevedono che la forma introduttiva sia il ricorso (art. 737) e ne regolano la procedura: “Il presidente nomina tra i componenti del collegio il relatore, che riferisce in camera di consiglio”; nonché l’impugnativa che va fatta con ricorso-reclamo (art. 739) “Contro i decreti pronunciati dal Tribunale in Camera di Consiglio si può proporre reclamo con ricorso alla Corte di appello che pronuncia anch’essa in camera di consiglio”.
Dalle norme sopra indicate si evince che nei primi tre casi l’intervento dell’autorità giudiziaria è previsto in funzione integratrice a quella dell’assemblea ovvero nei casi di sua inerzia; solo nell’ultimo caso l’inerzia, stavolta, è dell’amministratore (si pensi alla mancata presentazione del rendiconto); inerzia però che deve essere pur sempre suscettibile di arrecare pregiudizio agli interessi collettivi dei condòmini.
Mentre nei procedimenti in sede contenziosa i giudici emettono un provvedimento che è in grado di regolare con stabilità il rapporto controverso, nei procedimenti di volontaria giurisdizione ciò non accade, tanto che i provvedimenti (decreto motivato), che possono essere considerati essenzialmente di natura amministrativa, possono essere modificati o revocati in ogni tempo.
La stessa istruttoria è retta da principi improntati alla massima informalità. Tanto che il giudice ha il potere di ordinare l’acquisizione delle prove, sentire informatori o addirittura disporre una consulenza tecnica, anche se questa mal si concilia con il carattere di speditezza del procedimento.
In primo luogo occorre ricordare che la revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio ed anche prima dello scadere del mandato senza che l’assemblea sia obbligata ad indicarne le ragioni che, pertanto, possono prescindere dalla sussistenza della giusta causa (2). In tale ultima evenienza i condòmini dovranno corrispondere all’amministratore quanto pattuito fino al termine di scadenza del mandato.
Vediamo adesso i casi di revoca affidati all’autorità giudiziaria.
Prima della riforma di cui alla legge n. 220/2012, la revoca poteva essere disposta dal Tribunale competente per territorio, su ricorso anche di un solo condomino, nelle seguenti ipotesi:
Il nuovo testo dell’articolo 1129 c.c. risulta, ora, molto più preciso rispetto alla precedente formulazione nel definire le ipotesi di revoca per colpa dell’amministratore. In primo luogo, continuano, inoltre, ad essere operative le già previste ipotesi di revoca:
Di poi, sono state introdotti due casi in cui occorre obbligatoriamente chiedere la revoca dell’amministratore prima all’assemblea e solo dopo, a pena di improcedibilità, può essere presentato ricorso all’autorità giudiziaria (articolo 1129, undicesimo comma, c.c.), si tratta dei casi di:
Infine, il legislatore oltre ha voluto indicare, a titolo meramente esemplificativo, (nel senso che non possono essere intesi come numerus clausus) un elenco di irregolarità che, in via di principio, sono da ritenersi tanto gravi da giustificare la revoca dell’amministratore:
Possiamo, ritenere che, ferme le cause già precedentemente previste e che riguardano i casi in cui l’amministratore non comunica all’assemblea citazioni o provvedimenti dell’autorità, non rende il conto della gestione e le gravi irregolarità quale forma residuale generalmente intesa di tutti i possibili casi pratici che possono capitare, a tali fattispecie se ne sono aggiunte altre che, da sole, costituiscono gravi irregolarità, avendo il legislatore determinato a livello normativo la loro assoluta contrarietà agli interessi della collettività.
Per completezza di disamina vi è da ricordare che la riforma ha poi previsto che in caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato, riempiendo così un vuoto normativo che in passato aveva creato non pochi problemi.
In tutti questi casi il tribunale provvede in camera di consiglio con decreto motivato sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente. In questo caso legittimato a contraddire è il solo amministratore. Per cui solo a questi deve essere notificato il ricorso e solo a lui debbono fare carico le spese processuali (3).
Occorre rilevare che La legge n. 220 del 2012 ha apportato due modifiche degne di attenzione in quanto esse attribuiscono caratteristiche particolari allo stesso procedimento di revoca:
Tali modifiche inducono a ritenere che se la riforma per una parte ha fatto opera di chiarimento delle molte ipotesi in cui sussistono le gravi irregolarità indicandole espressamente, per altra parte ha voluto rendere il procedimento di revoca dell’amministratore più vicino a quello contenzioso mutuando da questo ultimo la necessità di decidere solo in base a prove certe e non più in base anche a semplici sospetti nonché indirizzare lo stesso verso la corretta instaurazione del contraddittorio permettendo all’amministratore convenuto di prendere precise posizioni sui fatti contenuti nell’atto introduttivo. Assicurando così il corretto esercizio del diritto alla difesa anche in questo procedimento di volontaria giurisdizione.
Tali principi si pongono come assolutamente necessari solo se si pensi che, anche quando ricorre una delle ipotesi astrattamente considerate dall’art. 1129 c.c. quali gravi irregolarità, l’autorità giudiziaria, può disporre la revoca dell’amministratore unicamente qualora sussistano le prove di un comportamento in concreto contrario ai doveri imposti per legge, con esclusione pertanto di ogni automatismo (4).
Ed è proprio l’espressa previsione di un procedimento reso in contraddittorio con l’amministratore a far sì che, nell’ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione, solo quello per la revoca dell’amministratore, venga invece assimilato ad un vero e proprio procedimento contenzioso (5).
Tale indirizzo giustifica anche la condanna alle spese. Infatti, l’art. 91 c.p.c. – in tema di condanna del soccombente al pagamento delle spese di lite – si riferisce a ogni processo, senza distinzione di natura e di rito e il termine sentenza è usato in tale norma nell’accezione di provvedimento che, nel risolvere contrapposte posizioni, chiude il procedimento innanzi al giudice che lo emette e dunque si applica anche quando tale provvedimento sia emesso nella forma dell’ordinanza o del decreto (6).
Infine per completezza di disamina si ricorda che lo stesso art. 64 delle disp. att. c.c. prevede che avverso il provvedimento reso in camera di consiglio dal tribunale, possa proporsi reclamo (con ricorso) alla corte di appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione (7). Al riguardo vi è da dire che, trattandosi di provvedimenti non suscettibili del passaggio in giudicato, il rigetto della domanda non preclude la riproposizione della stessa. Ciò non significa però che possano riproporsi le medesime doglianze, (una volta che non si è proposto reclamo al primo provvedimento dimostrando così di avervi fatto acquiescenza). Infatti, il nuovo ricorso dovrà necessariamente allegare mutamenti o circostanze del tutto nuove non poste in luce nel ricorso rigettato (8).
Costituisce grave irregolarità, tale da determinare la revoca dell’incarico, il comportamento dell’amministratore di condominio che, richiestone da uno dei condomini, ometta per un lungo tempo e comunque al di là di un termine ragionevole di consegnare o di offrire in visione i documenti o di comunicare dati relativi alla gestione condominiale.
Il mancato tempestivo deposito nel termine fissato dalla legge (art. 1129 commi 11 e 12 e 1130 comma 1 n. 10 c.c.) del rendiconto annuale per l’approvazione dell’assemblea costituisce grave irregolarità dell’amministratore condominiale, comportante la sua automatica revoca.
La sussistenza di condanne definitive per violazione dell’art. 2, commi 1 e 1 bis, l. n. 638 del 1983 (omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali), reati costituenti un’ipotesi speciale di appropriazione indebita, rappresenta – alla luce della novella introdotta dalla l. n. 220 del 2012, introduttiva dell’art. 71 bis disp. att. c.c. – una causa ostativa allo svolgimento dell’incarico di amministratore condominiale”.
La mancata installazione della targhetta identificativa dei dati dell’amministratore di condominio non costituisce grave irregolarità, suscettibile di giustificarne la revoca giudiziale.
In assenza delle irregolarità previste dall’art. 1129 c.c. e dell’eventuale delibera di revoca, la nomina dell’amministratore in carica da un anno è prorogabile tacitamente per un altro anno.