L’edificio presenta difetti di costruzione. L’amministratore di condominio è legittimato a promuovere l’azione di cui all’art. 1669 cod. civ., a tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivino da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condòmini. È quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 8512 del 27 aprile 2015, di cui si riporta un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 27.4.2015, n. 8512
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RITENUTO IN FATTO
1. È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Trento, depositata il 25 maggio 2009 e notificata il 17 luglio 2009, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Trento, di condanna di E. s.n.c. a corrispondere al Condominio O. di via …, in …, ed ai condòmini M.Z. e A.C. gli importi, rispettivamente, di euro 77.340 e di euro 21.662, a titolo di risarcimento danni.
1.1. Il Condominio O. ed i sigg. Z. e C. avevano agito nei confronti della società E., che aveva costruito e venduto gli immobili, per ottenere il risarcimento dei danni causati dall’umidità e dalle infiltrazioni.
La società convenuta aveva dedotto di aver commissionato la costruzione dell’immobile ad altri soggetti, e comunque aveva eccepito la decadenza e prescrizione dell’azione.
1.2. Il Tribunale aveva accolto la domanda.
2. La Corte d’appello confermava la decisione, osservando, in particolare:
a) che trovava applicazione l’art. 1669 cod. civ. in quanto E. era venditore-costruttore, sia pure indiretto, dell’edificio;
b) che la CTU aveva individuato nel difetto di impermeabilizzazione e di pendenza la causa delle infiltrazioni attraverso le solette dei balconi, e, sia pure in modo dubitativo, delle infiltrazioni al piano interrato;
c) che non era stata superata la presunzione di responsabilità, ex art. 2.669 cod. civ., in ordine alla causa delle infiltrazioni nel piano interrato;
d) che il condominio era legittimato ad agire per i danni verificatisi nella parte frontale ed inferiore dei balconi, poiché tali parti costituivano bene condominiale in ragione della funzione estetica, e le infiltrazioni avevano danneggiato, in definitiva, soprattutto l’euritmia dalla facciata.
3. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso E. s.n.c., sulla base di un motivo.
Resistono con controricorso il Condominio O., M.Z. e A.C..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Con l’unico motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1130, n. 4, e 1117 cod. civ..
Si contesta la decisione della Corte d’appello sulla legittimazione attiva del condominio a chiedere il ristoro dei danni inerenti i poggioli dell’edificio, senza distinguere tra le parti ritenute “comuni” in ragione dalla funzione estetica – e cioè i frontalini e la faccia inferiore della soletta – e le parti di proprietà esclusiva, in quanto prolungamento dell’unità immobiliare, quali la pavimentazione dei poggioli o facciata superiore della soletta.
In ossequio al disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, è formulato il seguente quesito di diritto: “se, anche in relazione a tali parti di proprietà esclusiva dei singoli condòmini (pavimentazione o faccia superiore delle solette), oltre che con riguardo a quelle comuni (frontalini e faccia inferiore dalle solette), sussista o meno la legittimazione ad agire ex art. 1669 cod. civ. dell’amministrazione del condominio ai sensi dell’art. 1130, n. 4, cod. civ”.
2. La doglianza è infondata.
2.1. La distinzione, prospettata dalla società ricorrente, non rileva, nel caso di specie, ai fini della legittimazione dell’amministratore del condominio ad agire per la tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà.
La Corte d’appello ha precisato che le infiltrazioni riguardavano le parti dei balconi da considerare bene condominiale, in quanto funzionali all’estetica dell’edificio, ed erano causate dalla inadeguata impermeabilizzazione delle solette di cemento dai balconi e dal difetto di pendenza degli stessi, in tal modo evidenziando che, ai fini della eliminazione dei gravi difetti concernenti le parti comuni dell’edificio, si rendeva necessario intervenire anche sulle parti di proprietà esclusiva.
2.2. Si osserva, inoltre, che la giurisprudenza di questa Corte ha progressivamente ampliato l’interpretazione dell’art. 1130, n. 4, cod. civ. – che prevede il potere-dovere dell’amministratore di compiere atti conservativi a tutela delle parti comuni dell’edificio -, fino ad affermare la legittimazione dell’amministratore del condominio a promuovere l’azione di cui all’art. 1669 cod. civ., a tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivino da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condòmini (ex plurimis, Cass., sez. 2°, sentenza n. 22656 del 2010).
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 3.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.