La quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. È il principio di diritto richiamato dalla Cassazione nel pronunciarsi su una diatriba tra un condominio e un Comune.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V-T civ., sent. 28.9.2016,
n.19109
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FATTO
Con l’impugnata sentenza n. 4/01/09 depositata il 13 gennaio 2009 la Commissione Tributaria Regionale del Friuli-Venezia Giulia confermava la decisione n. 108/01/04 della Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone che aveva accolto il ricorso promosso dal Condominio … contro la cartella n. … con la quale veniva chiesto il pagamento delle somme dovute al Comune di Pordenone «per il servizio di fognatura e depurazione relativo all’anno 2000».
Per quanto rimasto di interesse la CTR riteneva non dovuto il canone in parola in ragione della sentenza di Corte cost. n. 335 del 2008 che aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 14, comma 1, l. 5 gennaio 1994 n. 36 «nella parte in cui prevedeva che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione era dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura fosse stata sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi fossero stati temporaneamente inattivi».
Contro la sentenza della CTR, il Comune proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il contribuente non si costituiva.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso rubricato «Violazione e falsa applicazione degli articoli 16 e 17, l. n. 319 del 1976», il Comune deduceva che la norma applicabile ratione temporís non fosse l’art. 14, comma 1, l. n. 36 cit. ma l’art. 17, comma 3, l. 10 maggio 1976 n. 319 secondo cui «La parte relativa al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti del servizio di fognatura quando nel comune sia in funzione l’impianto di depurazione centralizzato anche se lo stesso non provveda alla depurazione di tutte le acque provenienti da insediamenti civili», che pertanto il canone chiesto con l’impugnata cartella doveva essere pagato anche in mancanza di allacciamento, un allacciamento nel caso di specie peraltro di facile accesso atteso che la rete fognaria era in pratica prospiciente il condominio. Il quesito sottoposto era il seguente:
«Il canone di fognatura e di depurazione delle acque previsto è disciplinato dalla legge n. 319 del 1976, articoli 16 e seguenti – applicabili nella fattispecie – richiede, ai fini del sorgere dell’obbligo del suo pagamento che il Comune abbia istituito e predisposto gli impianti necessari per il relativo servizio e che, per ciò, esso sia concretamente fruibile dall’utente, a prescindere dalla sua utilizzazione o meno per fatto del destinatario medesimo»,
Il motivo è fondato.
In effetti questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che fino all’ottobre 2000 il canone da pagarsi per il servizio di fognatura e depurazione delle acque reflue era disciplinato tra l’altro dall’art. 17, comma 3, l. n. 319 cit. (Cass. sez. trib. n. 26688 del 2009; Cass. sez. trib. 4 gennaio 2005 n. 96). Disposizione quest’ultima che peraltro presenta un contenuto pressoché identico a quello ex art. 14, comma 1, prima parte, l. n. 36 cit, applicabile ratione temporis per cui «La quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi», norma sì dichiarata illegittima da Corte cost. n. 335 cit. ma nella sola parte in cui obbligava al pagamento del servizio anche in mancanza di sua istituzione. Ed invero, come questa Corte ha anche espressamente affermato, il canone non può essere preteso soltanto se il Comune non ha istituito il servizio, non invece quando il contribuente rifiuti di utilizzarlo e questo perché il Comune ha l’obbligo di istituire il servizio in parola in via generale e quindi tutti i contribuenti sono obbligati all’imposta indipendentemente dalla concreta utilizzazione e bastando invece che la utilizzazione sia possibile (Cass. sez. III n. 14042 del 2013; Cass. sez. III n. 8318 del 2011).
2. Assorbiti gli altri motivi.
3. Alla cassazione della sentenza deve seguire il giudizio di rinvio per l’accertamento degli ulteriori fatti ed in particolare l’esistenza del servizio offerto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza, rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Friuli-Venezia Giulia che in altra composizione dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi e regolando altresì le spese di ogni fase e grado.